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Religione e Storia del Venerdì Santo, momento di Passione e Morte di Gesù

Il Venerdì Santo, tra religione, filosofia e storia
Il Venerdì Santo, tra religione, filosofia e storia

La passione e morte di Gesù Cristo rappresentano eventi fondamentali sia per la fede cristiana che per gli studi storici sul cristianesimo delle origini. Questi avvenimenti possono essere analizzati da due prospettive complementari: quella religiosa, basata sui racconti evangelici e sulla tradizione cristiana, e quella storica, che esamina criticamente le fonti disponibili nel contesto storico-culturale dell’epoca. Particolare attenzione sarà dedicata alla figura di Giuseppe d’Arimatea, al suo ruolo nella sepoltura di Gesù, e all’episodio della Lancia di Longino, elementi che hanno profondamente influenzato sia la narrazione religiosa che l’indagine storica di questi eventi.

Venerdì Santo: La Prospettiva Religiosa della Passione e Morte di Gesù

La narrazione religiosa della passione e morte di Gesù trova la sua principale fonte nei quattro Vangeli canonici – Matteo, Marco, Luca e Giovanni – che, pur con alcune differenze, presentano una sequenza di eventi che culmina con la crocifissione e sepoltura di Cristo. Questo racconto ha plasmato per secoli la comprensione teologica e spirituale della redenzione cristiana. La passione di Gesù inizia con l’Ultima Cena, durante la quale istituisce l’Eucaristia condividendo pane e vino con i suoi discepoli, annunciando il tradimento di uno di loro, Giuda Iscariota. Dopo la cena, Gesù si ritira nell’orto del Getsemani per pregare, vivendo un momento di intensa angoscia spirituale mentre accetta la volontà del Padre. È qui che viene arrestato, dopo essere stato tradito da Giuda con un bacio. Dopo l’arresto, Gesù affronta due processi: prima davanti al Sinedrio, il supremo consiglio ebraico, dove viene accusato di blasfemia per essersi dichiarato Figlio di Dio, e successivamente davanti al governatore romano Ponzio Pilato. Pur non trovando in lui colpe sufficienti per una condanna, Pilato cede alle pressioni della folla e lo condanna alla crocifissione dopo averlo fatto flagellare.

La Via Crucis e la Crocifissione

Gesù, costretto a portare la propria croce lungo la via che conduce al Golgota (il “luogo del cranio”), cade più volte sotto il peso del patibolo. Durante questo doloroso percorso, incontra diverse persone, tra cui sua madre Maria e Simone di Cirene, che lo aiuta a portare la croce. Sul Golgota, viene crocifisso tra due ladroni e rimane sulla croce per diverse ore, pronunciando sette parole o frasi che la tradizione cristiana ha preservato con particolare venerazione. Un episodio particolarmente significativo nella narrazione evangelica è quello del soldato romano che trafigge il costato di Gesù con una lancia per verificarne la morte. Sebbene il Vangelo di Giovanni, l’unico a riportare questo dettaglio, non nomini il soldato, la tradizione cristiana lo ha identificato come il centurione Longino. Il testo evangelico afferma che dal costato di Gesù uscirono “sangue e acqua”, un dettaglio a cui la teologia cristiana ha attribuito profondo significato simbolico, associandolo ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. La tradizione ha arricchito ulteriormente questo episodio, raccontando che Longino, testimone dei segni prodigiosi che accompagnarono la morte di Gesù (l’oscuramento del cielo, il terremoto, lo squarciarsi del velo del Tempio), si convertì esclamando: “Davvero costui era il Figlio di Dio”. La lancia stessa divenne nei secoli una preziosa reliquia venerata dalla cristianità.

La Sepoltura e Giuseppe d’Arimatea

Tutti e quattro i Vangeli canonici attestano il ruolo cruciale di Giuseppe d’Arimatea nella sepoltura di Gesù. Secondo questi racconti, Giuseppe era un membro rispettato del Sinedrio che non aveva condiviso la decisione di condannare Gesù. Nel Vangelo secondo Marco, Giuseppe è descritto come un uomo che “aspettava anch’egli il Regno di Dio” e che, giunta la sera, “si fece coraggio” e chiese a Pilato il corpo di Gesù. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione, Giuseppe comprò un lenzuolo e vi avvolse il corpo di Cristo dopo averlo deposto dalla croce.
Il Vangelo secondo Matteo aggiunge che Giuseppe era “un uomo ricco di Arimatea, che era diventato discepolo di Gesù” e che depose il corpo “nella propria tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia”. Luca lo definisce “una persona buona e giusta” che non aveva approvato la decisione degli altri membri del Sinedrio. Giovanni, invece, precisa che Giuseppe era discepolo di Gesù, ma “in segreto, per timore dei Giudei”, e che fu accompagnato da Nicodemo, il quale portò “una mistura di mirra e aloe di circa cento libbre” per la preparazione del corpo.

L’acquisto del lenzuolo da parte di Giuseppe è un dettaglio riportato esplicitamente nel Vangelo di Marco, dove si dice che “comprò un lenzuolo, depose Gesù dalla croce, lo avvolse nel lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia”. Matteo parla di “un lenzuolo pulito”. Questo telo, nel quale fu avvolto il corpo di Gesù, ha assunto nella tradizione cristiana un’importanza particolare, venendo associato nei secoli alla reliquia nota come la Sindone.

Venerdì Santo: La Prospettiva Storica della Passione e Morte di Gesù

Dal punto di vista storico, la Palestina del I secolo d.C. era una provincia romana caratterizzata da forti tensioni politiche e religiose. La Giudea era governata da un prefetto romano, Ponzio Pilato (in carica dal 26 al 36 d.C.), noto per la sua fermezza e talvolta crudeltà nel mantenere l’ordine pubblico4. La popolazione ebraica viveva sotto un sistema di governance complesso: godeva di una certa autonomia religiosa sotto la guida del Sinedrio e del Sommo Sacerdote, ma l’autorità politica e militare ultima risiedeva nei rappresentanti di Roma.

Gesù come Figura Storica

Gli storici contemporanei considerano Gesù di Nazareth una figura storica realmente esistita, un predicatore itinerante ebreo che raccolse attorno a sé un gruppo di seguaci e che, per ragioni diverse, entrò in conflitto con le autorità del suo tempo. Il suo movimento si inseriva in un contesto di forte messianismo e di attesa di liberazione dal dominio romano, elementi che potrebbero aver contribuito a renderlo sospetto agli occhi sia delle autorità ebraiche che di quelle romane.

L’Arresto e i Processi

L’arresto di Gesù avvenne probabilmente per iniziativa delle autorità del Tempio, preoccupate per il suo insegnamento e per il seguito popolare che stava ottenendo. Il suo interrogatorio davanti al Sinedrio, se avvenne come descritto nei Vangeli, presenta alcune anomalie procedurali rispetto alla legge ebraica dell’epoca, suggerendo che potrebbe essersi trattato più di un interrogatorio preliminare che di un processo formale. Il processo davanti a Pilato appare più plausibile dal punto di vista storico. Come governatore romano, Pilato aveva l’autorità esclusiva di emettere condanne capitali. È probabile che Gesù gli sia stato presentato come un potenziale sovversivo politico, qualcuno che si proclamava “re dei Giudei”, un titolo con evidenti implicazioni politiche contro l’autorità romana.

La Crocifissione e il Centurione

La crocifissione era un metodo di esecuzione tipicamente romano, riservato ai non cittadini romani e utilizzato soprattutto per schiavi, ribelli e criminali comuni. Era una forma di esecuzione pubblica, concepita non solo per uccidere, ma anche per umiliare il condannato e servire da deterrente. Dal punto di vista storico, è altamente probabile che Gesù sia stato effettivamente crocifisso per ordine di Pilato, come attestato non solo dai Vangeli ma anche da fonti non cristiane come lo storico romano Tacito. L’episodio del centurione che trafigge il costato di Gesù, riportato solo nel Vangelo di Giovanni, ha una certa plausibilità storica. I soldati romani erano infatti incaricati di verificare la morte dei crocifissi, poiché questi ultimi potevano rimanere in vita sulla croce anche per giorni. La perforazione del costato con una lancia sarebbe stato un metodo efficace per assicurarsi che il condannato fosse effettivamente morto. Non ci sono però conferme storiche indipendenti dell’identità di questo soldato o della sua conversione, elementi che sembrano appartenere più alla tradizione cristiana successiva.

La Sepoltura

La questione della sepoltura di Gesù è oggetto di dibattito tra gli studiosi. Secondo le consuetudini romane, i corpi dei giustiziati per crocifissione erano generalmente lasciati sulle croci fino alla decomposizione e poi gettati in fosse comuni, come ulteriore deterrente. Non esistono prove documentali di eccezioni a questa pratica da parte di governatori romani, e tantomeno da parte di Ponzio Pilato, noto per la sua fermezza e crudeltà.

La prassi romana prevedeva che il cadavere potesse essere richiesto solo da un familiare con una certa influenza presso i Romani, e anche in questo caso si trattava di situazioni eccezionali. Lo storico John Dominic Crossan cita l’esempio di Flavio Giuseppe, che ottenne il permesso di seppellire tre suoi parenti crocifissi solo grazie alla sua considerevole influenza presso i Romani (era al servizio dell’imperatore Vespasiano e aveva frequentato anche l’imperatore Tito). Crossan conclude che “se uno era influente, non veniva crocifisso, e se veniva crocifisso, non aveva influenza sufficiente per ottenere la sepoltura”.

D’altra parte, le norme religiose ebraiche prevedevano che i condannati a morte, per motivi di purità rituale, venissero sepolti nel giorno stesso dell’esecuzione. Questa necessità religiosa, particolarmente stringente alla vigilia della Pasqua ebraica, potrebbe spiegare un’eventuale eccezione alla prassi romana.

Giuseppe d’Arimatea come Figura Storica

Per quanto riguarda Giuseppe d’Arimatea come figura storica, non abbiamo fonti che lo menzionino al di fuori dei Vangeli e della letteratura cristiana successiva. La sua descrizione come “membro del Consiglio” (il Sinedrio) che non aveva condiviso la decisione di condannare Gesù potrebbe riflettere una realtà storica, ma potrebbe anche essere stata elaborata dalla tradizione cristiana per evidenziare che non tutti i leader ebrei erano ostili a Gesù. Un elemento interessante è che Giuseppe compare in tutti e quattro i Vangeli canonici, cosa piuttosto infrequente nel Nuovo Testamento4. Questo potrebbe suggerire che il suo ruolo nella sepoltura di Gesù fosse solidamente radicato nella tradizione cristiana primitiva.

Il Lenzuolo

L’acquisto di un lenzuolo di lino per avvolgere il corpo di Gesù, menzionato nei Vangeli, è coerente con le pratiche funebri ebraiche dell’epoca. Gli ebrei del I secolo seppellivano i loro morti avvolgendoli in teli di lino, talvolta con l’aggiunta di aromi e profumi, come la mirra e l’aloe menzionate nel Vangelo di Giovanni. Dal punto di vista archeologico, tombe scavate nella roccia come quella descritta nei Vangeli erano comuni nella Giudea del I secolo, specialmente per famiglie benestanti. Il Vangelo di Giovanni specifica che Gesù fu avvolto “in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei”. Questo dettaglio è significativo perché suggerisce che, nonostante l’urgenza dettata dall’imminente inizio del sabato, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo tentarono di garantire a Gesù una sepoltura dignitosa secondo i costumi ebraici.

Confronto tra le Due Prospettive

Le prospettive religiosa e storica sulla passione e morte di Gesù presentano sia punti di contatto che significative divergenze. Entrambe riconoscono l’esistenza storica di Gesù e la sua morte per crocifissione sotto Ponzio Pilato. Concordano sul contesto storico-politico della Palestina sotto occupazione romana e sulle tensioni religiose del periodo. Le differenze emergono principalmente nell’interpretazione degli eventi e nella valutazione dell’attendibilità di alcuni dettagli. La prospettiva religiosa accetta i racconti evangelici come testimonianze fedeli, compresi elementi come i miracoli, le profezie e la risurrezione. La prospettiva storica, invece, applica metodi critici alle fonti, cercando di distinguere il nucleo storico dalle elaborazioni teologiche successive. Un punto di divergenza significativo riguarda proprio la sepoltura di Gesù. Mentre la tradizione religiosa accetta il racconto di Giuseppe d’Arimatea che ottiene il corpo di Gesù e lo seppellisce in una tomba dignitosa, l’analisi storica solleva dubbi sulla plausibilità di questa eccezione alle consuetudini romane riguardanti i giustiziati.

La passione e morte di Gesù rappresentano eventi di straordinaria importanza sia per la fede cristiana che per la comprensione storica delle origini del cristianesimo. La prospettiva religiosa vede in questi eventi il compimento del piano divino di salvezza, mentre la prospettiva storica li colloca nel contesto delle complesse dinamiche politiche e religiose della Palestina del I secolo. La figura di Giuseppe d’Arimatea emerge in entrambe le prospettive come un personaggio chiave nella narrazione della sepoltura di Gesù. Il suo gesto coraggioso di richiedere il corpo a Pilato e di provvedere a una sepoltura dignitosa, insieme all’acquisto del lenzuolo per avvolgere il corpo, rappresenta un atto di profondo rispetto che ha lasciato un’impronta duratura nella tradizione cristiana. Allo stesso modo, l’episodio del centurione romano che trafigge il costato di Gesù, divenuto nella tradizione la “Lancia di Longino”, unisce elementi storicamente plausibili con significati teologici profondi che hanno alimentato per secoli la devozione cristiana. Queste diverse prospettive non sono necessariamente in contraddizione: piuttosto, offrono modi complementari di comprendere eventi che hanno avuto un impatto straordinario sulla storia dell’umanità. La fede cerca il significato spirituale degli eventi, mentre la storia cerca di ricostruire ciò che è accaduto, nella consapevolezza che le fonti a nostra disposizione sono sempre mediate da interpretazioni e finalità specifiche.

Leggi anche La Domenica delle Palme: Storia, Liturgia e Significato nella Tradizione Cristiana

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