Cristina Longhini segretario nazionale del Movimento Italiano Farmacisti Collaboratori descrive disagi e richieste della categoria nella nostra intervista
Innanzitutto vorrei chiederti quali e quanti tipi di farmacie esistono e come percepiscono introiti?
Le farmacie sono presenti in Italia attraverso una distribuzione capillare. Alcune sono private, altre appartenenti a società o comunali. Le farmacie private sono quelle che hanno un vero e proprio titolare. Quando non ci sono bandi comunali o grandi società presenti sul territorio, in modo più o meno similmente diffuso esistono farmacie private. Il titolare della farmacia è un imprenditore che ha dei guadagni in base alla redditività della farmacia, quindi possiamo dire che ogni farmacia sia una vera e propria azienda. Ovviamente, come per tutte le aziende i guadagni variano in base a una molteplicità di fattori ma grossomodo possiamo dire che i fatturati variano da mezzo a sei milioni di euro.
Che tipo di contratto hanno i lavoratori delle farmacie?
Il contratto del farmacista è un contratto collettivo nazionale stipulato tra le maggiori sigle sindacali e Federfarma. Il nostro contratto ad oggi è scaduto ed è in revisione. Ma il problema che abbiamo come farmacisti è proprio il fatto che l’interesse del titolare supera l’interesse collettivo. La farmacia è un presidio del Servizio Sanitario Nazionale perché fornisce un’assistenza territoriale capillare. Fornisce vaccini, si effettuano visite dermatologiche, elettrocardiogrammi, holter pressori e così via. Molti di questi servizi sono convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale ma l’erogazione materiale del servizio è completamente delegata al “sistema farmacia”. Il problema è che la farmacia non viene vista come presidio sanitario nazionale.
A questo proposito la farmacia viene vista come una delle due componenti della medicina sul territorio. Come fa quindi a entrare nella logica dell’appartenenza al territorio e come il farmacista risente di questo impegno?
I farmacisti hanno un contratto di 40 ore settimanali, ma si tratta di una cifra irrisoria soprattutto perché moltissime farmacie hanno ampliato l’orario di lavoro. La maggior parte di esse sono aperte 12 ore al giorno ma non è raro trovarne diverse h24. Un farmacista percepisce 1400 euro netti al mese mentre un direttore circa 1660. Si tratta di un ruolo che prevede anche responsabilità penali nonostante la retribuzione sia simile a quella di un commesso di un supermercato che non ha tali oneri.
Ma non è solo un fatto meramente economico?
Assolutamente no. A livello nazionale siamo inquadrati, dalla legge, in maniera diversa dagli operatori sanitari. Come segretario del Movimento Nazionale Farmacisti e Collaboratori sto tentando di ottenere un rinnovo del contratto portando la questione sul piano politico. Dal punto di vista economico poi chiediamo l’integrazione di secondo livello oltre alla necessità di essere visti come operatori sanitari. Abbiamo discusso di questo anche con il ministro. Il fatto è che i farmacisti non hanno più dei compiti da banco ma sono figure alle quali viene chiesto di essere sempre pronte e formate. Spesso si cerca di rimediare ai deficit del sistema sanitario nazionale delegando vari compiti ai farmacisti ad esempio delegando l’esecuzione di tamponi Covid e influenzali, vaccini, prenotazioni per snellire le code ai Cup degli ospedali, visite ambulatoriali e telemedicina. In molti di questi casi, dopo aver eseguito la prestazione dobbiamo noi inviare i risultati degli esami agli specialisti che refertano in poco tempo. Tutto questo ha provocato l’allontanamento di alcuni dalla nostra professione.
In che senso?
Negli ultimi anni si è verificato un altro problema: molti farmacisti si stanno dedicando all’insegnamento oppure si licenziano dalla farmacia per la quale lavorano per esercitare la libera professione guadagnando fino a 3 volte tanto. Si tratta di farmacisti che conoscendo la carenza di organico lavorano per periodi e con contratti di diversa durata per consentire la continuità di lavoro nelle farmacie. I titolari poi, in questo caso, sono disposti a pagare di più per sostenere l’ampliamento dell’orario oppure per sostituire dipendenti che sono impossibilitati al momento a coprire tutti i turni.
La Costituzione ha conferito alle regioni la responsabilità di gestire la sanità, ma la recente e funesta esperienza del Covid ci ha mostrato le numerosissime lacune di questo sistema. Cosa si dovrebbe fare a livello normativo per migliorarlo? È solo un fatto di retribuzione o c’è di più?
Bisognerebbe regolamentare tutto in modo generale. Con l’autonomia regionale ogni regione potrebbe gestirsi in modo diverso e questo creerà un po’ di caos. Per i farmacisti esiste “l’indennità camice” che è una sorta di riconoscimento attribuito solo in alcune regioni e una sola volta l’anno. In Lombardia è di 413 euro lordi, in Piemonte di 150, in Emilia Romagna 300, in Toscana 350. Noi cerchiamo di promuovere la risoluzione di questi gap promuovendo l’integrazione di secondo livello. Speriamo di raggiungere questo obiettivo almeno in Lombardia con l’auspicio che possa fare da apripista anche per le altre regioni. ci sono anche dettagli che ci penalizzano: come farmacista posso fare un elettrocardiogramma in farmacia, ma se volessi farlo a domicilio dovrei assumente un infermiere.
Spesso però percepiamo la lontananza della politica con rimpalli di competenza tra il livello locale e centrale.
Una cosa molto bella è che un tempo il farmacista era visto come una delle colonne portanti del territorio: il medico, il parroco, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri e il farmacista erano simboli dell’identità territoriale dei piccoli centri rurali. Cosa ne pensi?
Questo è verissimo. Avevo un nonno farmacista in un paesino di campagna in provincia di Bergamo. Lui apriva la farmacia la domenica dopo la messe per permettere alle sue pazienti anziane di avere i farmaci dei quali avevano bisogno. Apriva dopo il suono della campana. Credo molto nella farmacia territoriale e personalizzata. Attualmente a causa della presenza di molte lobby e di molte catene si tende a spersonalizzare tutto con personale che giocoforza è costretto a ruotare perché sottopagato o per sostenere turni estenuanti. Una volta il farmacista era sempre lo stesso, era una figura di riferimento, una persona nella quale riporre fiducia.
Un rapporto umano oltre che professionale?
Come direttore della farmacia per la quale lavoro posso dire che la cosa più bella sono i miei pazienti che mi chiedono consigli, mi portano pasticcini, mi vengono a trovare e che mi fanno sentire che i farmacisti sono una grossa risorsa per le persone.
Come categoria avete mai pensato a un momento di agitazione sindacale?
I farmacisti sono sempre disponibili per tutti ma non sono molto coraggiosi da questo punto di vista.
Sei bergamasca di origine quindi hai sentito molto la tragedia del Covid che ha colpito la tua provincia. Come farmacista come hai vissuto quei mesi?
Io vivo e lavoro a Milano dal 2008 ma la mia mamma aveva una farmacia in centro a Bergamo. Proprio a causa del suo lavoro, nel primo periodo, quando era difficile trovare i dispositivi di protezione individuale, mia mamma aveva preso il covid e lo aveva trasmetto al mio papà a casa. Purtroppo l’incertezza e l’impreparazione di quel periodo ha fatto sì che mio padre potesse essere visitato soltanto quando la saturazione era bassissima appena a 60. Dopo una settimana mi arrivò una telefonata nella quale un medico mi chiedeva di aiutarlo a trovare un posto in terapia intensiva per mio padre altrimenti sarebbe morto. In quei giorni lavoravo t giorni su 7 ma ricordo di aver fatto il possibile. Purtroppo proprio il 19 marzo, giorno della festa del papà, mi hanno detto che mio padre sarebbe morto entro pochissimo tempo. Non c’erano nemmeno i carri funebri. È stato il dramma più grande della mia vita ma nella fatica e nella disperazione ho trovato la gioia di fare il mio lavoro.
Prima hai accennato alla possibilità di preparare specialità medicinali, se serve, nei laboratori galenici. Ogni tanto ci si deve confrontare con la carenza di qualche farmaco per una qualche ragione. Come si risolvono queste situazioni? Che cosa auspichi per il futuro sia personalmente sia come rappresentante di categoria?
È importante capire il motivo della carenza, tuttavia quando ci sono le carenze dei farmaci, talvolta è possibile allestire le cosiddette preparazioni galeniche in un laboratorio se si riescono a reperire i principi attivi.
Per il resto auspico che la figura del farmacista possa essere rivalutata e che si torni a fare i farmacisti ovvero che anche le nuove generazioni trovino interessante questo lavoro con la consapevolezza che si tratta di un lavoro faticoso, ma meraviglioso e che al contempo possa conferire il prestigio sociale che i farmacisti meritano ma anche soddisfazione economica e politica con la giusta importanza.
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