Il mondo dello sport e dello sci sono scossi dalla prematura scomparsa della giovanissima promessa dello sci azzurro Matilde Lorenzi che ha perso la vita in allenamento a causa di un impatto con la pista ad altissima velocità. Tutti gli sport di velocità sono pericolosi e hanno una pericolosità intrinseca che, per loro stessa natura, non può essere esclusa, in altre parole il rischio fa parte del divertimento, della passione, dell’amore che chi pratica questi sport mette in quello che fa.
L’incidente di Ratzenberger a Imola
Se su un motore di ricerca si prova a scrivere una data, 30 aprile 1994, il sistema restituisce, in cima alla pagina, la foto e il nome di Roland Ratzenberger il pilota austriaco morto in pista a Imola quel giorno durante le qualifiche del GP di San Marino. Ratzenberger perse la vita praticamente sul colpo, l’ultima velocità rilevata era di 314 Km/h. Secondo una ricostruzione il pilota avrebbe toccato male un cordolo facendo saltare via alcuni pezzi di un flap che poi, avrebbe compromesso, a causa dell’altissima velocità, la resistenza dell’alettone anteriore che staccandosi impediva alla vettura di sterzare. La decelerazione fu talmente brutale che Roland Ratzenberger perse conoscenza immediatamente, ma secondo l’inchiesta successiva, sarebbe addirittura morto sul colpo, al momento dell’impatto sul muro della curva dedicata a Gilles Villeneuve. I medici intervennero sul posto e lo fecero immediatamente ma la frattura della base cranica conseguente al violentissimo impatto non lasciò scampo al pilota che, nonostante i soccorsi immediati e il rapidissimo trasporto in elicottero all’ospedale Maggiore di Bologna, fu dichiarato morto 7 minuti dopo l’arrivo al pronto soccorso.
La morte di Ayrton Senna
Il giorno successivo con il circus della Formula Uno ancora sotto shock, ma tutto sommato abituato a una lunga scia di incidenti mortali, si corse il Gran Premio di San Marino. Era il primo maggio 1994 quando dal camera car di un giovane ed emergente Michel Schumacher si vede la Williams FW16 della leggenda vivente della Formula Uno Ayrton Senna, andare dritta alla curva del Tamburello. Il pilota brasiliano impattò a una velocità di poco superiore ai 200 Km/h immediatamente dopo una decelerazione di 4g. Secondo le perizie successive lui stesso aveva chiesto di modificare il piantone dello sterzo per avere una migliore posizione per guardare la strumentazione. Tale modifica e la conseguente saldatura non ressero alle sollecitazioni della gara. Senna aveva con sé la bandiera austriaca che avrebbe sventolato, a fine gare in caso di vittoria, come omaggio al pilota deceduto il giorno precedente. Purtroppo un pezzo della sospensione penetrò nel casco provocando danni all’arteria temporale. Senna fu prima operato sul posto e poi trasferito con l’elisoccorso all’ospedale di Bologna dove morì nel tardo pomeriggio.
Il giro di vite: la Formula Uno diventò sicura
Entrambi i piloti avevano 34 anni e le loro morti, tanto ravvicinate, destarono una profonda commozione non solo nello sport ma anche nella politica e nell’opinione pubblica. Si decise quindi un giro di vite significativo. Il sindacato piloti, presieduto all’epoca proprio da Schumacher, chiese e ottenne che la curva Tamburello fosse sostituita da una variante. Già durante le prove del venerdì Rubens Barrichello aveva avuto un incidente analogo a quello di Senna ma privo di conseguenze. Furono riviste numerose disposizioni circa la sicurezza in pista, l’uso degli pneumatici, la posizione dei serbatoi, il modo di studiare le strategie di gara. I piloti avrebbero dovuto avere il piano gara con le soste già prima della partenza. I produttori di pneumatici hanno avuto la possibilità di costruire gomme performanti ma anche con una tenuta di strada migliore. Le vetture sono state testate dalla Federazione per consentire che in caso di ribaltamento il pilota non fosse schiacciato. I risultati si sono visti negli anni successivi: nonostante un costante amento del numero di Gran Premi per stagione, per oltre 20 anni non ci sono stati incidenti mortali in Formula Uno. Il successivo incidente mortale è avvenuto il 5 ottobre 2014 in Giappone quando il pilota francese Jules Bianchi urtò contro un bulldozer fermo per la rimozione di altre vetture. In definitiva non potrebbe nemmeno essere classificato come incidente di gara data l’incuria di lasciare il mezzo in pista. Fatto sta che questo ulteriore incidente, conclusosi con la morte di Binchi a luglio del 2015, ha provocato un ulteriore giro di vite con l’introduzione della barra halu che protegge anche la testa del pilota.
Dopo la morte di Matilde Lorenzi perché non intervenire per rendere sicuro lo sci e gli altri sport da neve?
Quello che è accaduto nello sci è conseguenza della pericolosità intrinseca della velocità. Certamente non si può chiedere a un pilota di formula Uno o a un atleta di rallentare. Lo scopo è proprio quello di andare a limite. Certo uno potrebbe chiedersi perché farlo se è pericoloso? Ma gli sport, oltre a generare un indotto di diversi punti percentuale dei paesi sviluppati, sono anche amati, come passione, da professionisti, praticanti amatoriali e pubblico. È divertente per chi corre e per chi osserva, è qualcosa che fa parte della natura umana e non la si può criticare seppur non la si condivide. Per quale motivo dunque, dopo il giro di vite che ha reso praticamente sicura la Formula Uno, non si applicano gli stessi principi anche allo sci e agli altri sport pericolosi a causa della velocità? L’avvocato Francesco Persio esperto giuridico del ministero dello sport e relatore presso la camera dei deputati per interventi normativi che dovevano rendere più sicuro lo sci ha dichiarato
Non conosco direttamente la dinamica dell’incidente se non per averla appresa dai mass media; il Presidente della Federazione Italiana Sci, Flavio Roda, insieme agli altri vertici si sono prontamente recati in Val Senales per seguire direttamente ed in prima persona i terribili momenti successivi all’incidente e stare vicini alla famiglia. Una cosa è certa: la drammatica notizia ripropone ancora una volta il delicato tema della sicurezza sulle piste da sci.
Ma cosa distingue una pista a norma da una non a norma? In questo caso l’avvocato Persio spiega:
In tema di sicurezza molto è stato fatto ma altrettanto è necessario fare per la sicurezza in pista degli sciatori e per gli atleti durante gli allenamenti ed in gara. Le misure di prevenzione riguardano in primis lo sciatore il quale dovrà sicuramente rendersi responsabile attraverso la cura della propria attrezzatura, della preparazione fisica ed atletica, nonché della conoscenza delle piste e dei percorsi da intraprendere che dovranno essere rapportati alle proprie capacità tecniche e fisiche. Al contempo lo sciatore dovrà essere posto in condizione di poter fare affidamento su piste munite di tutte le prescrizioni sulla sicurezza, tra cui la regolare battitura, l’apposizione di idonea segnaletica, l’installazione di adeguate reti protettive e di contenimento.
In merito all’uso del casco e all’obbligo, purtroppo ad oggi solo per i minori di 18 anni aggiunge
La disposizione normativa, così come formulata, costituisce un compromesso tra i fautori dell’obbligo generalizzato del casco e coloro che invece rimettono l’utilizzo del casco alla scelta del singolo sciatore. Nella prassi quasi tutti gli sciatori indossano normalmente il casco, decidendo quindi spontaneamente di adottare questa particolare forma di cautela ritenuta ormai indispensabile dagli sciatori.
Certamente sarebbe utile a livello normativo ma anche semplicemente di buon senso, se tutti lo indossassero per la propria sicurezza. Persio infatti, riferendosi forse al più famoso degli ex piloti di formula uno, noto al pubblico italiano, Michael Schumacher che ha avuto un incidente su una pista da sci il 29 dicembre 2013 aggiunge:
Si pensi ad esempio all’incidente occorso a Michael Schumacher: l’utilizzo del casco ha salvato la vita al pilota tedesco; tutti i medici hanno concordemente affermato che senza il casco il pilota sarebbe morto. Pertanto sarebbe certamente opportuno estendere l’obbligo del casco a tutti gli sciatori senza distinzione di età e ciò analogamente a quanto avviene nella circolazione stradale per le moto; infatti sia lo sci che la moto hanno in comune l’aspetto relativo alla velocità e da questa similitudine dovrebbe scaturire come conseguenza l’obbligo del casco per entrambi, senza limiti di età.
Non ci resta quindi che attendere che Parlamento e Federazione, mossi magari dalla commozione di questi incidenti, ma pur sempre con la dovuta razionalità, intervengano per scongiurare altre tragedie simili sia nello sci amatoriale che in quello agonistico.
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