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Intervista al PG di Napoli Aldo Policastro: alcuni interventi non aiutano. I giornalisti? Raccontino sempre la verità

Il Procuratore Generale di Napoli Aldo Policastro
Il Procuratore Generale di Napoli Aldo Policastro

Abbiamo intervistato il nuovo Procuratore Generale di Napoli Aldo Policastro parlando di territorio, criminalità giovanile, attività della magistratura e altri temi.

Dopo la bella esperienza di Benevento, qual è il progetto che spera di avviare qui a Napoli e quali sono i primi ostacoli da rimuovere per consentire a tale progetto di partire nel miglior modo possibile?

Il mio proposito qui a Napoli è di permettere a tutti i Procuratori della Repubblica di essere operativi rendendo trasparente la nostra attività. Collaborando, per quanto è competenza della Corte d’Appello, per realizzare un progetto di una giustizia che sia equa, giusta, efficace e tempestiva. Siamo di fronte a situazioni difficili con pendenze molto alte ma in questi ultimi mesi stanno, man mano, diminuendo. Il progetto è questo: una giustizia rapida, efficiente e trasparente.

Dopo l’omicidio di Emanuele Tufano e di altri episodi di cronaca nera con protagonisti minori cosa può fare la magistratura e secondo lei? Non sarebbe opportuno abbassare la soglia di punibilità dato che dal punto di vista sociale, questi minori, non sono gli stessi minori di mezzo secolo fa quando il Legislatore ha pensato a questa soglia?

Il problema dei minori è il problema degli adulti. I minori sono nostri figli e quindi siamo noi che abbiamo prodotto, e stiamo producendo, una società che in realtà li spinge e li condiziona nel bene o nel male. È indispensabile che gli adulti capiscano quali messaggi vogliono dare ai propri figli, quanto impegno vogliono dedicare alla loro educazione e a mostrare loro dei modelli di riferimento. Non penso che la strada giusta sia quella della punibilità o dell’imputabilità, ritengo che siano già sufficienti quelle ci sono perché le Procure, dei minori e quelle ordinarie, riescono sempre a essere incisive e a perseguire i responsabili. Gli episodi ai quali lei fa riferimento hanno matrici diverse seppur accomunati dall’avere come protagonisti dei minori. Dobbiamo affrontare, da un lato, una diffusione massiccia di stupefacenti, dall’altro una violenza cosiddetta metropolitana, con piccole gang che si scontrano perché hanno il mito della violenza. A Napoli abbiamo vissuto periodi, e temo che questo sia uno di quelli, nei quali ci sono delle piccole paranze, le paranze e le paranzelle. Gruppi organizzati e legati al mondo adulto che svolgono attività criminose. Dobbiamo quindi agire, sì con un controllo del territorio, ma anche dal punto di vista educativo. L’intervento educativo è insufficiente. Lei faceva riferimento all’omicidio di Emanuele Tufano che proveniva dal quartiere Sanità. Pensi che in quel quartiere c’è un’unica scuola superiore che prima era molto frequentata e poi è stata quasi chiusa. Occorre investire di più a monte, con l’educazione, motivando gli insegnanti, gli psicologi e gli assistenti sociali che devono agire in modo capillare sul territorio. Infine dobbiamo fare il possibile per ridurre la povertà, non possiamo eliminarla ma ridurla al minimo sì. Il problema della punibilità è a valle ma l’educazione può risolvere il problema a monte.

Una persona di nostra conoscenza che ha avuto l’esperienza di insegnare tra Afragola e Caivano ha riferito che si è soliti costituire classi “non miste” nel senso che si cerca di mandare a scuola “i figli di” con persone della stessa provenienza sociale. Fermo restando che si tratta probabilmente di una prassi legata al territorio e ai dirigenti protempore, a suo parere sarebbe opportuno avere classi socialmente miste o meglio questa sorta di “ghettizzazione”?

Io sono contrario a qualsiasi ghettizzazione perché separare è sempre un segnale negativo. Lei ha citato esempi quali Parco Verde e Salicelle ma ce ne sono anche altri ad esempio la Taverna del Ferro. Dobbiamo chiederci se siamo in grado di attuare una rigenerazione urbana ed educativa effettiva. I dirigenti provinciali, il dirigente scolastico provinciale ha il polso della situazione? È in grado di dirci quali sono le sofferenze? Noi siamo in grado di investire in queste realtà in sofferenza? È chiaro che andare a insegnare in questi luoghi è difficile non è qualcosa di semplice perché ti scontri con una mentalità camorristica. Anche se non incontri davvero i camorristi, ti scontri con la mentalità che è quella della sopraffazione. Se questa è la mentalità del territorio, è anche la mentalità di una buona parte dei ragazzi e non possiamo chiedere agli insegnanti di fare gli eroi. Piuttosto dobbiamo chiedere agli insegnanti di fare il loro lavoro su un terreno bonificato e il terreno lo si bonifica con una presenza forte delle istituzioni all’interno di questo territorio. È chiaro che tutto non si modifica all’improvviso, né si modifica con operazioni eccezionali, ma con una continuità nella quotidianità. In questo modo intercettiamo questa richiesta di tante persone che manifestano disagio e che vogliono essere salvate.

In merito a una sua recente affermazione “abbiamo la necessità di riscoprire il valore dell’onestà e dell’etica non solo nell’economia ma anche nelle attività professionali.” Come crede sia possibile garantire una giusta informazione che al contempo permetta di riscoprire tali valori?

Io non sono un giornalista quindi non sono in grado di dare insegnamenti ai giornalisti, ma penso che la stampa abbia un grande potere tanto da poter essere il quarto potere. Le parole che dice, o scrive, il giornalista sono importanti perché i messaggi che arrivano attraverso i giornalisti, anche tramite i social, sono messaggi influenti. Che tipo di attività giornalistica si fa? Ci si accontenta di essere veline del potere o si va a verificare effettivamente cos’è accaduto? Personalmente ho apprezzato l’intervento su Caivano perché conferma l’attenzione delle istituzioni a quella realtà urbana, una realtà urbana dimenticata, negletta. Le istituzioni non si possono permettere di dimenticare. Una maggiore punibilità produce soltanto carceri minorili super affollate che non producono adulti o minori rieducati. In una situazione così difficile, di sovraffollamento è chiaro che il lavoro degli operatori non può essere adeguato. In conclusione penso che i giornalisti non debbano allontanarsi dalla verità che è sempre una cosa che fa bene a tutti.

La criminalità organizzata ha connivenze con la politica e con l’economia. Lei stesso recentemente ha dichiarato che serve un salto di qualità negli strumenti di indagine. Posso chiederle se ritiene che la riforma della giustizia in tal senso possa penalizzare questi strumenti? La Costituzione sancisce che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere e che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Vorrei chiederle se oggi queste due importanti disposizioni, indispensabili alla democrazia sono di fatto messe in qualche modo in pericolo da altri poteri dello Stato?

Parto dall’ultima. Non so se altri poteri dello Stato possano incidere o pensino di farlo. Guardo i dati oggettivi e il dato oggettivo, al momento, è questo: non posso che registrare interventi legislativi che non aiutano l’attività investigativa e le indagini. Certamente non aiutano a fare chiarezza e ad accertare le responsabilità penali. Alcune riforme sono già adottate e altre sono in via di approvazione. I magistrati non possono che rappresentare le difficoltà che incontrano quotidianamente con le riforme già approvate e con alcune di quelle che si pensa di approvare. Gli strumenti investigativi che avevamo erano all’avanguardia e potevano essere rafforzati, in particolare sotto l’aspetto della dell’Innovazione tecnologica. Le attività investigative si nutrono, oggi, di ascolti, di intercettazioni e decriptazione di piattaforme. Senza questi strumenti l’attività investigativa diventa un’attività vecchio stampo e non ce lo possiamo permettere in un periodo in cui abbiamo un’economia e una criminalità che corrono dal punto di vista dell’evoluzione tecnologica. Se cosi fosse ci troveremmo ad avere un’attività di accertamento che invece rallenta. Le conclusioni le tragga lei e pensi a cosa può accadere in futuro.

Infine volevo chiedere se, anche alla luce di quanto stabilisce l’articolo 313 del codice penale, l’articolo 68 della Costituzione possa in qualche modo arrecare ostacolo all’attività di persecuzione dei rapporti tra politica e criminalità organizzata.

Penso che la Costituzione sia il nostro faro e ci indica sempre la strada migliore. L’assetto che avevamo tenuto, e che si era raggiunto negli ultimi anni, era un assetto che consentiva, effettivamente, di indagare anche il potere, il che è assolutamente indispensabile perché la Costituzione stabilisce che la legge è uguale per tutti. Possiamo e dobbiamo operare un controllo a 360 gradi, con o senza potere la legge deve essere uguale per tutti. I magistrati rispondono solo alla legge e rispondendo solo alla legge non possono obbedire ad altri poteri, ad altri input o altre prospettive. Tuttavia per noi la legge è il punto di riferimento il che vuol dire che, se il legislatore adotta delle norme, che pure noi non condividiamo, le applicheremo ma segnalando quelle che sono le criticità.

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