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Matilde Lorenzi muore sciando, dobbiamo rivedere la sicurezza in pista?

Matilde Lorenzi
Matilde Lorenzi

Matilde Lorenzi è caduta ieri 28 ottobre sulla pista rossa Grawand ed è morta all’ospedale di Bolzano per le ferite riportate. Secondo la ricostruzione, la sciatrice del Gruppo Sportivo dell’Esercito italiano, stava scendendo dalla pista senza pali né porte. Gli sci si sono improvvisamente divaricati e dopo averne perso uno, è caduta battendo la faccia contro la superficie della pista oltre la zona battuta.

Matilde Lorenzi, l’amore per la montagna e per la velocità sugli sci

Matilde era specialista delle discipline veloci: discesa libera e soprattutto supergigante, disciplina nella quale nel 2023/2024 in Val Sarentino aveva vinto il titolo italiano assoluto. Avrebbe compiuto 20 anni il prossimo 20 novembre. Matilde riferendosi alla montagna diceva :”E’ un posto dove sentirsi liberi e lasciarsi andare, mi piace anche senza neve per correre e andare in bici. Quando si vede una pista tanto ripida si pensa ‘mamma mia la devo proprio fare?’, poi invece si rivela una cosa divertente, perché sciare è sempre divertente. Si avvicina al dipingere, si lascia sempre una traccia”. È stata esclusa ogni responsabilità da parte dei gestori dell’impianto, i quali hanno rispettato i parametri di sicurezza, ponendo in modo corretto anche le protezioni lungo la pista.

E se fossero i sistemi di sicurezza degli sciatori a dover essere revisionati?


Nonostante le protezioni che gli sciatori indossano, i caschi protettivi non garantiscono una protezione integrale. Questi infatti non sono sufficienti a tutelare gli atleti che corrono a velocità elevatissime. Ricordiamo infatti che in una gara di Coppa del Mondo i migliori discesisti superano i 130 km/h; sulla Streif di Kitzbühel (Austria), ritenuta da molti la discesa più prestigiosa del mondo, sono stati superati addirittura i 150 km/h. Non sarebbe il caso di cambiare le regole o addirittura cambiare materiali e norme di sicurezza? Bruno Andrea Pesucci, primario al San Camillo di Roma di chirurgia maxillo facciale e professore alla Sapienza e all’università Unicamillus, spiega che “il casco evidentemente non ha dato protezione sufficiente. E purtroppo non esistono negli sport di velocità dispositivi efficaci, che non siano i caschi integrali da moto”. Continua dicendo “per i traumi non ci sono modi per mettersi al sicuro. Impossibile dire a uno sciatore professionista di andare piano o a un giocatore di rugby di evitare la mischia. Si devono cambiare le regole. In futuro si potranno introdurre sistemi migliorativi: “A volte la tecnologia ci stupisce. Penso alla halo-cage della Formula 1, apparentemente fastidiosa ma in realtà comodissima”. Sulla neve, mentre si scia, il casco è uno strumento indispensabile di cui non si deve fare a meno e dovrebbe essere usato non solo dagli under 14, ma anche dagli adulti e dagli istruttori di sci e snowboard.

Rischi e traumi


Secondo le statistiche, solo negli Stati Uniti sono più di 600 mila gli infortuni fra sciatori e amanti della tavola. Fino al 20 per cento di questi eventi riguarda la testa, ma il dato più preoccupante è che ben il 22 per cento dei traumi cranici è talmente grave da comportare dalla perdita di coscienza momentanea fino al coma. Il professor Maurizio Fornari, responsabile di neurochirurgia di Humanitas afferma : “Il casco è fondamentale perché non solo protegge dalle cadute che possono portare a traumi cranici (in modo diretto) che, anche se non molto frequenti, risultano gravi (come dice anche la ricerca americana di cui stiamo parlando), ma anche perché si possono avere traumi da contraccolpo (in modo indiretto).Lo sci, infatti, è una delle poche condizioni in cui si raggiungono velocità elevate (come la bicicletta o la moto), fino a 50 km/h anche se si è dilettanti (e 100-150 Km/h i professionisti). L’accelerazione e la brusca decelerazione causano un contraccolpo che provoca un trauma cranico. Ma non è finita qui. Il rischio che altre persone ti investano “armate” di oggetti contundenti che possono colpire la testa (racchette, punte degli sci, lamine…) è piuttosto frequente. Il cervello è protetto dal liquor, ma fino a certi livelli. Sopra una certa velocità, il “cuscino d’acqua” non è sufficiente e il rischio è notevole”.

L’importanza di un casco adeguato e gli obblighi normativi

Il casco nello sci è paragonato alla cintura di sicurezza nelle auto e si dovrebbe pensare a una campagna che lo renda obbligatorio per tutti o, quantomeno, sensibilizzi al suo utilizzo anche in assenza di normativa. Secondo il Dott. Fornari: “Negli under 14 i traumi cranici sono di modesta entità, negli adulti hanno conseguenza relativa, ma sopra i 50 anni possono causare microtraumatismi cronici che portano a ematomi che, ricadendo un’ulteriore volta, esplodono con esito fatale. Proprio con questa triste modalità è deceduto uno dei più grandi sciatori italiani, Leonardo David, che ha avuto un trauma lieve dopo una prima caduta, continui mal di testa non approfonditi e, poi, una successiva caduta che ha portato a un ematoma che è esploso. Quindi caschi obbligatori per tutti, anche per chi va con lo snowboard, più a rischio per i movimenti esasperati in flessione di corpo e testa. Il casco, però, non protegge dai traumi cervicali, frequenti e elevati sulla tavola”. 

Oggi esistono sul mercato caschi che presentano molti vantaggi. Il Prof. Fornari afferma che “i caschi più moderni sono studiatissimi perché la visibilità risulti perfetta. Inoltre, proteggono dal freddo molto bene, ma, allo stesso tempo, sono ben areati e traspiranti e, per i “dipendenti” dal telefonino, dotati di bluetooth. Non solo non ci sono scuse per non indossarli, ma ci sono evidenti vantaggi tali da non volervi più rinunciare”.

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