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Addio a Totò Schillaci, il fabbricante di emozioni di Italia ’90

Salvatore, Totò Schillaci
Salvatore, Totò Schillaci

Totò Schillaci è morto nella notte a Palermo, già dalla tarda serata dio ieri si erano diffuse le notizie circa il suo peggioramento. La patologia non gli ha lasciato scampo dopo che per ben 2 volte era stato operato mostrando, negli anni scorsi, anche i segni di una ripresa.

Per tutta la generazione anagrafica, calcistica e storica, Schillaci resterà impresso nella memoria come l’uomo che ha regalato le emozioni delle notti magiche di Italia ’90 agli italiani. Il 9 giugno 1990, 56 milioni di persone attendevano 7una partita, quella d’esordio della nazionale di calcio al mondiale casalingo, il primo dopo quello vinto in casa nel 1934, il mondiale del riscatto dopo la prematura eliminazione del 1986 in Messico e il secondo dopo la gloriosa vittoria del 1982 in Spagna. L’Italia 3 volte campione come il Brasile non può permettersi brutte figure davanti al proprio pubblico.

Come abbiamo iniziato a conoscere Totò Schillaci nella partita contro l’Austria a Italia ’90

La sera del 9 giugno all’Olimpico la folla è in tripudio, una nazione intera impazzisce all’idea di ospitare e vincere i mondiali. È un sabato, in molti comuni italiani c’è il mercato rionale, io stesso ricordo di essere andato, a quasi 7 anni, con mia mamma al mercato del paese per comprare quella che poi sarebbe stata la “mia” coppa del mondo. Una mini riproduzione in plastica del trofeo più ambito nel mondo del calcio. Tornando a casa, alla presenza di 3 persone che ora non ci sono più pranzavo guardando la coppa e aspettando la sera. Proprio in quel finale di primavera calda ma non bollente del 9 giugno io, come altri 56 milioni di persone, aspettavamo di vedere la più importante partita di calcio dell’anno. Al momento degli inni nazionali il silenzio era solenne. Si tratta di un’epoca nella quale non c’era l’infomation overload, non esisteva ancora il Web e solo la Rai poteva trasmettere partite e notiziari.

da sconosciuto a eroe nazionale

Dopo il calcio d’inizio la partita vide una trazione italiana, contro l’aquila d’Austria menzionata persino nella quarta strofa dell’Inno di Mameli. Si gioca, si attacca ma la sfortuna negò il goal in ben 2 occasioni alla squadra azzurra. A un certo punto quando si stavano perdendo le speranze, e io da bambino iniziavo a preoccuparmi che non avrei visto un goal in quella serata mondiale, il commissario tecnico Azeglio Vicini ordinò a uno dei suoi attaccanti di prepararsi per entrare in campo. Era un calciatore della Juventus, lo conoscevo perché ne avevo sentito parlare durante la stagione calcistica, si chiamava Salvatore Schillaci ma i giornalisti lo chiamavano Totò. A Napoli Totò sta spesso per Antonio ma in Sicilia è un po’ diverso.

Totò Schillaci il fabbricante di emozioni

La mia mamma, che come Totò Schillaci non c’è più, attraverso la televisione lo vide a bordo campo e gli chiese di segnare. Neanche l’avesse sentita, dopo pochissimi minuti Schillaci segnò l’unico goal di quella partita dimostrando che quella squadra era la nazionale da battere. Un’esplosione di gioia collettiva, indimenticabile attraversò tutto lo stivale, da Bolzano a Portopalo di capo Passero e fino a Lampedusa l’Italia ancora pervasa dal problema della Questione Meridionale e dagli squilibri economici del dopo muro di Berlino, si sentì una cosa sola, unita dall’amore per il calcio. Quella ritrovata unione, quel giorno, aveva un nome e un cognome: Totò Schillaci. Lo stesso che poi sarebbe diventato capocannoniere, miglior giocatore e simbolo del torneo. Questo è l’uomo che oggi ci ha lasciato, non un calciatore ma un fabbricante di emozioni. Ci dispiace fortemente di questa sua prematura dipartita, dispiace a tutto il popolo italiano, a quanti sentono ancora oggi il ricordo di quelle emozione collettiva, forse tecnica di manipolazione di massa, ma emozione, sentimento necessario che entra nell’identità di un Popolo. Lo stesso Popolo che oggi si sente un po’ più solo senza qual campione diventato pezzo di storia di quel mondiale, lo stesso popolo che non può dimenticarlo. Ovviamente per la sua famiglia è il tempo del dolore, è un sentimento naturale, personale, privato, ma questo non elimina il fatto che Totò Schillaci sopravviverà al tempo e alla sua morte fisica nel ricordo di una intera generazione e nella storia del calcio.

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