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Silvio Berlusconi, un anno senza il cavaliere

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi

Un anno fa moriva Silvio Berlusconi, probabilmente la figura più discussa della storia repubblicana d’Italia. Di come l’ex cavaliere avesse creato la sua fortuna si è parlato a lungo, lui stesso, del resto, aveva contribuito ad alimentare la leggenda metropolitana della sua ascesa. Sostenitori e detrattori concordavano però sulle innate e ben utilizzate qualità del Silvio nazionale.

l’uomo più ricco d’Italia

Berlusconi ha alimentato la leggenda, “l’uomo che si è fatto da solo”. Quante volte questa frase è stata usata da lui stesso e poi ripresa da chi voleva raccontare una barzelletta su di lui. Qualsiasi cosa si possa dire o pensare in proposito non si può negare che, nel bene o nel male, Berlusconi ce l’ha messa proprio tutta. Imprenditore edile, editore, magnate del calcio e politico. La sua parabola inizia negli anni Sessanta quando inizia a tessere le prime trame della tela che lo porterà a diventare l’uomo più ricco d’Italia e il ventisettesimo in classifica mondiale. In alcune occasioni aveva superato persino la famiglia Agnelli.

Berlusconi costruttore, editore, presidente del Milan

Intrecci con la politica, processi, avversari da battere e numerosi scandali. Questo è stato Silvio Berlusconi. Prima il miracolo, anche grazie alla fitta rete di amicizie nell’impresa e nella politica, di Milano 2, poi, successivamente la tv privata e il calcio. Il Milan di Berlusconi allenato da Arrigo Sacchi ha fatto paura a tutti i suoi avversari arrivando a ridimensionare al ruolo di perdente persino il Real Madrid regina della Champions League. Una squadra imbattibile, più del Real, più del Barcellona, capace, nel campionato italiano, di dare filo da torcere al Napoli di Maradona. Scudetto, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale. La presidenza Berlusconi ha portato il Milan, per numero di coppe vinte, a sfiorare il primato del Real Madrid e a essere, in quel periodo, il club più titolato al mondo. Le sue televisioni hanno rotto il monopolio della Rai arrivando in diverse occasioni a battere la tv di stato sul piano degli ascolti e dello share.

non si sentiva migliore dei più poveri

Tanta gloria costa e Berlusconi, consapevole della potenzialità mediatica del calcio, non si faceva problemi a investire centinaia di miliardi lire nel campionato più bello del mondo. Ma il calcio non era che la punta dell’iceberg della gloria berlusconiana. Era uomo in grado di condizionare la politica ancora prima della sua “discesa in campo”, capace, come solo i grandi condottieri sanno fare, di dare sicurezza alla propria squadra, non solo quella calcistica. Un uomo che con le buone o le cattive ha realizzato un sogno. Si è inventato l’idea di chiamare i suoi dipendenti collaboratori, cercando di non far sentire inferiore nessuno, incoraggiando più volte i giovani a intraprendere il proprio cammino costruendosi un futuro da sé.

il miracolo economico e la P2

L’espressione, la manifestazione più nitida del miracolo economico e di come esso possa sfociare nel capitalismo, ben oltre la fine del trentennio glorioso, è proprio l’ascesa economica di Berlusconi. Uomo intelligente, astuto, in grado di captare i bisogni del cittadino, editore di giornali e televisioni. I suoi detrattori potranno dire che si, c’era la tessera 1816. Non entriamo nel merito, rimandiamo a una intervista di Montanelli con Alain Elkan.

L’Italia è il paese che amo

L’Italia è il paese che amo. Con questa frase annunciò, il 26 gennaio del 1994 la sua discesa in campo. Prima di allora doveva vedersela solo con qualche altro imprenditore e con qualche politico. Da quel momento fu scontro aperto, uno scontro che portò il cavaliere a essere il cittadino che nella storia repubblicana è stato per più tempo a Palazzo Chigi. Autore di una destra moderata e, forse, eccessivamente garantista, Berlusconi ha cambiato l’Italia, ha creato bisogni e aspettative negli italiani, commettendo anche diversi errori. La satira andava a nozze con tutto quello che faceva e qualche volta lo scontro è diventato eccessivamente dolente. Fatto sta che dopo il giorno della sua “decadenza”, il primo agosto 2013, il settore ha vissuto un periodo di crisi perché non c’erano altri personaggi capaci di fornire tale ispirazione.

Berlusconi nella cultura di massa

Tutto questo “movimento”, questo suo modo di lavorare senza mai fermarsi, di scontrarsi con i politici, con i giudici e con chi si poneva tra lui e i suoi obiettivi aveva incarnato, in chi lo osservava, l’illusione dell’immortalità. Quando una persona era ricca di usava dire “non sei mica Berlusconi”. Come ebbe a scrivere in un editoriale, in occasione della sua morte, la direttrice di ildigitale.it, “Santo non era” ma era “Silvio Berlusconi, il cavaliere gentile”.

Sembrava quasi immortale, ma immortale non era eppure ha continuato a far parlare di sé anche dopo la sua morte. C’era chi lo attaccava, chi lo buttava giù e lui rispondeva sempre tornando sulla scena più forte di prima. Anche quando aveva dovuto restare di lato, di lato alla sua erede politica, Giorgia Meloni, aveva trovato il modo di tornare sulla scena, al centro. Aveva la consapevolezza che non era il denaro a dare dignità alla persona e che non si poteva stratificare il mondo, senza sentirsi migliore dei suoi dipendenti. Consapevole e capace di essere “uno di noi”, non sopra gli altri.

tante le cose che non condividiamo ma nessun giudizio umano

Il giudizio sulla sua politica e sugli sbagli che ha commesso in vita, non compete a questa sede. Lo giudicherà la storia. Certo è che un anno dopo la sua morte continua a far parlare di sé, essendo inclusivo o divisivo, questo non ha importanza. Occorre considerare che la morte di Berlusconi è la morte di un uomo. La morte rende gli esseri umani tutti uguali, ricchi e poveri. La morte offre uno spunto per riflettere e per trovare un momento nel quale si pensa a quella che è stata la vita di un uomo al di là dei giudizi personali ma riflettendo, piuttosto, su quanto noi stessi possiamo migliorarci. Il cavaliere è stato anche questo, quel cavaliere gentile del quale si parlava sul digitale, capace di commuovere, anche molti dei suoi avversari politici, nonostante tutti i suoi limiti e i suoi errori.

Oggi si potrebbe dire che la riforma della giustizia, per come è formulata non ci piace e che siamo contrari all’impunità della politica. Certo che siamo contrari, l’articolo 68 della Costituzione troppo spesso viene utilizzato per garantire alla politica di essere al di sopra della legge. Questo non ci piaceva e non ci piace, come non dovrebbe piacere a nessuno dei cittadini italiani. Ma oggi, come un anno fa, è solo il momento del ricordo e della riflessione.

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