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Intervista a Luigi De Magistris

Luigi De Magistris
Luigi De Magistris

La redazione del Radar è riuscita a intervistare Luigi De Magistris, ex magistrato, ex sindaco di Napoli e noto giurista. Di seguito condividiamo con i lettori le dichiarazioni che ha rilasciato al direttore del radar.

Lei ha intrapreso la carriera di magistrato essendo figlio d’arte, perché anche i suoi avi, fino alla quarta generazione, hanno lavorato in magistratura. Vorrei chiederle se questo l’ha investita di una responsabilità che lei ha sentito come peso o come motivazione?

Direi entrambe le cose. Appartenere a una famiglia nella quale il bisnonno. il nonno e il padre hanno svolto le funzioni di magistrato – mio padre all’epoca era in vita, quando ho fatto la scelta di prepararmi per il concorso in magistratura – è stato per me motivo di grande orgoglio e motivazione. Sono stati 3 magistrati importanti, prima nella monarchia e poi nella repubblica. È stato, per me, anche sicuramente un peso del quale ho sentito la responsabilità nonostante mio padre non mi abbia mai influenzato con le sue parole nello scegliere questa strada. Semmai mi ha influenzato con i suoi comportamenti essendo un grandissimo riferimento morale, prima ancora che professionale, una figura di magistrato che oggi è sempre più rara.

Quando appresi dell’esistenza dell’immunità parlamentare nel 1992, era il periodo di Tangentopoli. Mi chiedevo quale fosse la ragione d’esistere dell’articolo 68 e come faccia, tale articolo, a coesistere con la frase “La legge è uguale per tutti”. Le riforma del 1993 in un certo senso ha un po’ migliorato le cose, ma da giurista vuole dirmi se ritiene che questa norma possa essere migliorata o se, ci sia modo di garantire autonomia e libertà d’opinione del Parlamento, senza includere una immunità penale quasi totale?

Quando fu concepita dai costituenti l’immunità parlamentare aveva una sua forte ragione di esistere, per garantire le voci dell’opposizione. Uscivamo da una stagione nella quale Giacomo Matteotti fu brutalmente assassinato dallo squadrismo fascista ed era necessaria per preservare i dissenzienti. Anche la magistratura che non era così autonoma e indipendente come quella che poi abbiamo visto nascere con gli anni. Purtroppo, come spesso accade nel nostro paese, si è abusato del diritto e l’immunità è diventata un privilegio di una casta, quella politica, come è accaduto nel periodo di Tangentopoli durante il quale ci si nascondeva dietro all’immunità per non farsi indagare per gravi reati da quelli contro la pubblica amministrazione finanche a quelli di mafia. Penso si debba raggiungere quel giusto equilibrio, l’immunità per le opinioni è indispensabile perché deve tutelare chi fa politica evitando la censura. Al tempo stesso ci vuole equilibrio nel senso che si può indagare, anche nei confronti dei politici, poi bisogna chiedere l’autorizzazione per determinati atti, particolarmente invasivi. Anche in questo caso se ne è un po’ abusato. Dalla cronaca recente si è visto come la politica si sia chiusa a riccio nei confronti di anche noti personaggi politici per evitare che si potessero acquisire notizie all’interno di conversazioni telefonica, oppure corrispondenze. Penso si sia tornati, ancora, in qualche modo, a interpretarne l’articolo 68 come privilegio nei confronti di una categoria di persone particolarmente protette cioè i politici.

Lei è diventato molto popolare in Italia in seguito all’inchiesta “Why Not” quando lavorava presso la Procura di Catanzaro. Posso chiederle se come cittadino, all’epoca, si sentiva tutelato dal diritto pur dovendo indagare su persone che godevano delle garanzie dell’articolo 68 della Costituzione?

Il diritto non mi ha mai impedito di fare il mio lavoro. Sono stati coloro che dovevano essere “custodi del diritto” che hanno, non di rado, ostacolato la mia persona, ma io non ho mai avuto particolari problemi nel quadro normativo, men che mai, in quello costituzionale che, anzi, mi ha salvaguardato fin quando poi il lavoro non è cresciuto a tal punto che è stata calpestata anche la Costituzione. Pur di fermare il mio lavoro mi hanno distrutto sul piano professionale. Coloro che hanno frapposto ostacoli e hanno tradito norme e costituzione, sono stati apparati dello Stato, pezzi di stato, ovviamente non lo Stato in quanto tale nel suo insieme, ma pezzi di esso. Politici, magistrati, uomini di apparati dello Stato. È una vicenda terribile perché è stata calpestata la costituzione e si è abusato, fortemente, del diritto pur di fermare persone che invece, in maniera onesta, stavano provando ad applicare proprio la Costituzione, in particolare quella norma fondamentale, l’articolo 3 che sancisce l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Con il suo riferimento allo Stato mi ha fatto venire in mente il film di Tornatore del 1986 nel quale il camorrista dice al commissario “verrà lo Stato” ma il commissario risponde “chiunque verrà non è lo Stato”, ecco, lei ha marcato bene questa distinzione. Perché?

Non c’è dubbio. Non mi appartiene, essendo uomo delle istituzioni, dire che lo Stato in quanto tale sia corrotto e marcio. Nello Stato ci sono esseri umani e ci sono persone per bene e persone per male. Purtroppo devo constatare sulla mia pelle che nello Stato non ci sono più solo “mele marce”, come si diceva una volta, ma ci sono dei frutteti contaminati che hanno realizzato un vero e proprio sistema all’interno dello Stato, quella che io chiamo criminalità istituzionale che colpisce, non con il tritolo, ma con i proiettili istituzionali.

All’epoca dei fatti vi fu uno scontro istituzionale tra le procure di Salerno e Catanzaro, scontro nel quale intervenne via Arenula e vari parlamentari. Le posso chiedere come mai nessuno pensò di adire la Corte Costituzionale?

In realtà non penso che ci fossero gli estremi per un intervento della Corte Costituzionale. L’atto fu talmente violento, la cosiddetta “guerra tra procure”, che poi, guerra tra procure non era perché c’era una procura, quella di Salerno, che stava legittimamente svolgendo il suo operato e fu ostacolata. Le indagini furono proseguite non più dai pubblici ministeri titolari, che nel giro di poche settimane furono trasferiti e rasi al suolo dal punto di vista professionale. Quelle vicende che mi riguardavano sia direttamente sia indirettamente, e per indirettamente mi riferisco alle autorità giudiziarie di Salerno, sono state caratterizzate, ormai senza più ombra di dubbio, da una serie di attività interne allo Stato volte a ostacolare servitori della repubblica che, in piena attuazione della Costituzione, nel rispetto di autonomia e Indipendenza della magistratura, obbligatorietà dell’azione penale e uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, cercavano, in condizioni difficili, di fare il proprio lavoro. Chi doveva tutelare i magistrati, proprio per evitare che fossero fermati, sono state parti in causa nel fermare il nostro. Mi riferisco al ruolo determinante del Consiglio Superiore della Magistratura che doveva essere, dovrebbe essere ed è, secondo la Costituzione, l’organo di autogoverno della magistratura. In quel caso è stato un organo determinante per porre fine a un doveroso lavoro che si stava compiendo in terre molto difficili, attraversate da un sistema criminale particolarmente pericoloso e agguerrito. Quel lavoro fu fermato non solo dalla politica, perché se fosse stata solo la politica ci avrebbe tutelato la Costituzione, ma da pezzi della magistratura. Palamara che era presidente dell’associazione nazionale magistrati, disse “il sistema ha dimostrato di avere gli anticorpi”. Il sistema quindi ha fermato quelli che secondo il sistema erano, evidentemente, dei virus che potevano metterne in pericolo l’esistenza.

Lei ha vinto, le prime elezioni a Napoli partendo da una posizione di svantaggio ma ottenendo il plauso anche della stampa internazionale. In un suo libro del 1993 Robert Putnam sostiene che le popolazioni del mezzogiorno manchino di senso civico. Pensa che Napoli sia una città difficile da amministrare e pensa che le difficoltà derivino più dalla mancanza di senso civico o dalla mancata leale collaborazione tra le istituzioni?

Mi sono trovato ad amministrare Napoli in uno dei momenti più difficili della sua storia. Divenne Sindaco quando Napoli era sommersa dai rifiuti, non c’era traccia di un risveglio culturale, il turismo era in crisi e i cittadini erano rassegnati. Indubbiamente il senso civico non era particolarmente coltivato e c’era una mala politica diffusa e tantissimi scandali. In quel quadro, le responsabilità erano davvero tante, però non metterei tra le principali responsabilità quella del popolo che, anzi era vittima. Nella mia esperienza di dieci anni di sindaco posso dire che di gran lunga, le difficoltà più grandi che abbiamo avuto sono stata provocate da altre istituzioni e non dal popolo che anzi, nella gran parte, è stato assolutamente protagonista e determinante nel risveglio e nel riscatto della città di Napoli. Tutto a dimostrazione che, quando funziona il connubio tra popolo, democrazia partecipativa e governanti che non tradiscono, ma che fanno il loro dovere con coraggio e onestà. poi i risultati arrivano. Ho constatato, purtroppo, che siccome noi eravamo totalmente, anche qui, estranei al sistema abbiamo avuto ostacoli da altre istituzioni che avrebbero dovuto, invece, collaborare lealmente con la città adottando una serie di atti volti a sostenere Napoli e il suo popolo e non a danneggiarli.

Gli interventi delle sue giunte su Napoli sono stati molteplici. Bike sharing, aumento della percentuale di raccolta differenziata, riassetto urbanistico, unioni civili, riqualificazione di aree in degrado. Il tutto in periodi difficili caratterizzati da crisi economiche, emergenza rifiuti e covid. Vorrei sapere come e in che modo ha organizzato la sua attività e se con il senno di poi avrebbe voluto avere più tempo per altri progetti.

L’elenco delle cose che abbiamo fatto senza soldi e in un momento di austerità e difficoltà è talmente lungo che, a distanza di anni, mi sento di dire che abbiamo realizzato una sorta di “miracolo laico”. Senza soldi, in un momento di austerità, trasformare Napoli e farla percepire al mondo non come la città dei rifiuti o di Gomorra ma come città della cultura e del turismo, del riscatto, questa è stata una rivoluzione. Siamo stati danneggiati, non solo dagli ostacoli istituzionali, dai poteri forti, dalla mancanza di denaro ma anche dal Covid. Gli ultimi due anni, nei quali avremmo potuto raccogliere molto del seminato, purtroppo si è fermato tutto. Fortunatamente era talmente buono il nostro lavoro, che nel momento in cui è finita la pandemia ha ripreso a girare tutto ciò che avevamo seminato. Tant’è vero che anche la nuova amministrazione, della quale ho una valutazione, finora, assolutamente negativa, ha campato esclusivamente di rendita nonostante abbia potuto godere non di un periodo di austerità ma di prodigalità. Per fare un paragone, a me fu consegnata una 126 che doveva andare dal carrozziere e probabilmente doveva essere rottamata, io l’ho riparata e messa su strada bene. Loro hanno avuto una Ferrari con il pieno di benzina e non riescono nemmeno a guidarla con il pilota automatico. Questo vuol dire che una città come Napoli, è stata amministrata anche con il cuore, con la competenza, con la passione, con il sentimento, con la connessione con il popolo e con coraggio, avendo presente la Costituzione nonostante tutti gli ostacoli, proprio perché eravamo autonomi da un sistema che ha fatto di tutto per metterci in difficoltà.

Cosa ci aspettiamo da riforma della giustizia, autonomia differenziata e dalle prossime elezioni europee? Pensa che il vento di destra si abbasserà?

L’autonomia differenziata, che credo approveranno, sarà un colpo molto duro per il Mezzogiorno d’Italia perché acuirà, ancora di più, le differenze e colpirà chi è maggiormente in difficoltà dividendo l’Italia e creando anche disuguaglianze inaccettabili sulla sanità, sull’istruzione e su altri campi con la logica che chi è più ricco diventi ancor più ricco e chi è in difficoltà rimanga ancora di più in difficoltà.
Dalla riforma della giustizia – che mi ricorda i tempi di Berlusconi, ma ancora con più determinazione e con una maggiore forza parlamentare – mi aspetto cose molto negative. La riforma ha l’obiettivo di mettere in difficoltà proprio l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, la possibilità di mantenere un contrappeso forte agli altri poteri dello stato. Si vuole colpire direttamente la libertà di stampa. Questo non c’entra con la riforma della giustizia, ma proprio la magistratura, quella più attenta, più scrupolosa che ha sempre presente la Costituzione. Sembra che andiamo verso un paese in linea con gli obiettivi, già delineati alla fine degli anni Settanta, con il piano di rinascita democratica di Licio Gelli. Dalle europee non mi aspetto grossi contraccolpi in Italia. Non ci saranno grosse oscillazioni, forse qualche equilibrio all’interno degli schieramenti, ma in Europa è possibile che ci sia, complessivamente, un vento di destra che sembra spirare in molte parti del mondo. Questa non è una buona notizia, ma anche se dovesse rimanere una forza di centro in Europa, abbiamo visto che se il centro, se le forze cosiddette progressiste, i socialisti governano insieme nell’Europa che finora abbiamo conosciuto non è che mi piaccia, almeno per quanto mi riguarda. Vorrei un’Europa attenta ai diritti e dei popoli, alla giustizia sociale, economica e ambientale e anche al tema della pace che è il tema che maggiormente mi sta a cuore in questa campagna elettorale per le europee.

Lei ha recentemente rifiutato la candidatura offertale da Michele Santoro per queste elezioni europee. Vorrei che ci dicesse quali sono i suoi progetti politici per il futuro?

Ho deciso, per ragioni politiche e professionali, di non candidarmi alle europee e di non fare nemmeno campagne elettorali. Andrò a votare, ho già deciso per chi, ma non ho accettato le proposte che erano state fatte. Continuo a fare politica e la faccio attivamente sia sulle questioni che mi stanno più a cuore, penso all’attuazione della Costituzione, la pace, la questione palestinese, la giustizia ambientale la lotta alle mafie. Se pensiamo alla politica come candidatura, non candidandomi alle europee devo ragionare sui prossimi tempi, ma si fa molto concreta l’ipotesi che io mi impegni, in prima linea, al sud in particolare sul nostro territorio, in Campania e nella città di Napoli dove ci saranno le prossime due competizioni elettorali, regione Campania e comune di Napoli. Ritengo sempre più concreta l’idea che insieme ad altri ci rimetteremo in cammino per la guida della nostra città.

Ringraziamo Luigi De Magistris, persona socievole, disposto a venirci incontro per risolvere piccoli problemi tecnici sorti prima dell’intervista, attento e rispettoso dei rapporti umani e disponibile a rispondere alle nostre domande e concederci tutto il tempo necessario alla realizzazione di questa lunga intervista.

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