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Il 25 aprile deve essere festa di liberazione per tutti e non divisiva

Festa della Liberazione 25 aprile
Festa della Liberazione 25 aprile

Il 25 aprile si festeggia la liberazione delle grandi città, in particolare quelle del triangolo industriale, dal nazifascismo. Questa ricorrenza è generalizzata a tutta la penisola dato che, il Mezzogiorno era sotto il controllo degli Alleati già dal 1943 e Roma dal 1944. Il 25 aprile è convenzionalmente conosciuto come la Festa della Liberazione. Ogni anno si organizzano eventi in prossimità e in concomitanza di questa ricorrenza per tenere sempre vivo il ricordo del prezzo pagato dal popolo italiano e dagli Alleati per poter liberare definitivamente l’intera penisola dalle truppe tedesche di occupazione e dall’oppressione nazifascista.

il 25 aprile e la Costituzione

Si trattava di un periodo complesso, sul termine della più grande tragedia bellica mai vissuta dall’umanità, la seconda guerra mondiale. Esattamente 3 giorni dopo, il 28 aprile 1945, Benito Mussolini e Claretta Petacci furono uccisi e i loro corpi furono oggetto di accanimento della folla a Milano. Il 30 aprile fu la volta del dittatore nazista Hitler. Di lì a poco la giovane democrazia italiana sarebbe diventata una Repubblica. Già nell’estate di quel 1945, precisamente il 31 luglio, un decreto luogotenenziale, il 435 sancì l’istituzione del Ministero per la Costituente. Ancora prima di scegliere tra Repubblica e Monarchia ci si era resi conto che era necessaria una Costituzione e ci si preparava, mediante lo strumento del diritto e non della dittatura, a creare tutte le condizioni necessarie affinché questa fosse il risultato di un dibattito il più ampio possibile.

gli scontri politici sulla Liberazione

Ma le buone intenzioni a volte non bastano a garantire un prodotto che nel tempo sia inossidabile. Certo la Costituzione, rigida per sua intrinseca natura, protetta da interventi e manipolazioni di parte, ha la sua flessibilità nella lungimiranza dei padri costituenti che, in qualche modo, avevano previsto possibili emendamenti. A essere ossidata infatti non è la Carta, né i principi che sui quali si fonda, piuttosto la volontà del popolo di giungere a conclusioni sempre condivise. Sono diversi anni che la festa del 25 aprile più che riunire tutto il popolo nella celebrazione di una ricorrenza che dovrebbe essere sentita da chiunque si voglia dire italiano, fa esattamente il gioco contrario producendo giorni, se non settimane, di dibattiti che vedono contrapposti gli antifascisti a coloro che invece non si dicono prettamente antifascisti. Ma è davvero un problema? Nel 2024 si dovrebbe essere ormai distanti, diversi secoli, dal dualismo dantesco Guelfo vs Ghibellino, eppure la dicotomia, secoli dopo si ripropone.

L’Italia a destra

Certo vi sono moltissimi nostalgici del Duce. Molti inneggiano a Mussolini. I più non sono fascisti e nemmeno neofascisti, sono piuttosto i soliti noti che, talvolta senza avere cognizione storica si lasciano andare a battute estremiste, probabilmente, anche consapevolmente con il solo scopo di attirare l’attenzione. Non si può negare che una parte del popolo guardi a Mussolini con nostalgia. Allo stesso modo non si può negare che il 25 settembre 2022 l’Italia abbia messo la freccia a destra, con la maggioranza degli elettori che ha consentito questa svolta. Il governo attualmente in carica è quello più a destra nella storia repubblica e quello più a destra possibile.

È vietata la riorganizzazione del partito fascista

Si, questa definizione si addice esattamente alla composizione dell’attuale maggioranza, compagine di destra certamente, ma che proprio per volere della Costituzione, non potrebbe essere fascista. La XII disposizione transitoria e finale infatti recita:

È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.

Quindi, qualsiasi sia la natura politica dei partiti di governo non potrebbe essere una natura fascista, così prescrive il dettato.

lo scontro ideologico è sterile e distrattivo

Da diverse settimane, persone che si autodefiniscono “intellettuali” stanno a discutere sul dichiararsi o meno fascista o antifascista. Numerosi talk show stanno dedicando ore alla vicenda di una censura, o presunta tale, di uno scrittore Antonio Scurati, al quale sarebbe stato impedito di leggere un monologo, sulle reti Rai, a proposito del centenario dell’omicidio Matteotti. La polemica ha visto, e tuttora vede, la partecipazione della classe dirigente, scrittori, politici e giornalisti. Probabilmente però, questa potrebbe essere l’ennesima arma di distrazione di massa per spostare l’attenzione del popolo su temi meno importanti, che tutto sommato, lasciano il tempo che trovano. Il 25 aprile è spesso giorno di scontri, contestazioni e manifestazioni ad alta tensione. Dovrebbe essere la Festa in occasione della quale l’intero popolo si riunisce a riflettere e ricordare, probabilmente anche a confrontarsi ma senza litigi e ricordando che quella libertà tanto difficilmente conquistata e garantita proprio dalla Costituzione, attribuisce a ognuno, e non solo a chi la pensa come noi, di esprimere il proprio parere. Grazie a quella battaglia di libertà commemorata dal 25 aprile possiamo dire che la pensiamo diversamente e possiamo ascoltare qualcuno che la pensa altrettanto diversamente.

Identità di nazione e festa non divisiva

Fatta l’Italia andrebbero fatti gli italiani. Occorre una maggiore identità da parte del popolo ma una identità non si crea da un anno all’altro, piuttosto è frutto di un processo di sedimentazione culturale e sociale lungo decenni. Probabilmente il dibattito è ancora acceso perché non c’è ancora la volontà di sentirsi del tutto italiani e di trovare una comune identità. La stessa disposizione transitoria della Costituzione sanciva che i membri del partito fascista erano esclusi dall’elettorato attivo e passivo per 5 anni. Il problema del dualismo è però legato alle ferite non ancora rimarginate causate dalle divisioni della Seconda Guerra Mondiale. Divisioni superate nel tempo ma non nella memoria. Proprio nel ricordo di quelle divisioni occorrerebbe però non interpretare la festa della liberazione come divisiva in quanto questa deve essere ricordo e memoria per chi è sopravvissuto a quegli anni, guida e sostegno per le nuove generazioni.

Leggi anche Intervista a Flavio Parenti

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