Trent’anni fa moriva il leader di uno dei gruppi rock più amati al mondo, i Nirvana. Kurt Cobain, all’età di soli 27 anni, scelse di togliersi la vita. Nella lettera rinvenuta accanto al suo corpo, c’era scritto: “È meglio bruciare che spegnersi lentamente”. La notizia della sua morte ha suscitato tantissimi dubbi e molte persone vicine a lui, così come molti suoi fan, non accettavano l’idea che potesse trattarsi di un suicidio. Chi lo conosceva bene, infatti, sosteneva che Kurt Cobain non avrebbe mai potuto scegliere di togliersi la vita e che forse qualcuno che voleva vederlo morto, lo avrebbe istigato a farlo o addirittura c’è chi sostiene che forse potrebbe essere stato ucciso. L’angelo maledetto morì il 5 aprile del 1994 a Seattle.
Kurt Cobain, le possibili cause del suicidio
Una delle cause che avrebbe potuto spingere il noto cantante a suicidarsi potrebbe essere la separazione dei suoi genitori. Nel 1975, Donald Cobain e Wendy Elizabeth Fradenburg decisero di separarsi; da quel momento, Kurt Cobain divenne triste e malinconico e, nel 1993, durante un’intervista, disse: “Mi vergognavo dei miei genitori. Non riuscivo a guardare negli occhi alcuni miei compagni di classe perché volevo avere una famiglia normale come loro. Per molti anni, ho desiderato una sicurezza da parte loro che non sono mai riusciti a darmi”.
I dubbi sul caso Cobain
Per molti anni, si è cercato di far luce sul caso Cobain. Secondo i rapporti della polizia, il leader dei Nirvana si era sparato in bocca con un fucile Remington calibro 20, dopo aver ingerito Valium in dosi maggiori alla normalità e si era iniettato eroina sufficiente per una tripla overdose. Il caso fu così archiviato. Tuttavia, i dubbi non mancavano: il fucile ritrovato vicino al braccio sinistro era il primo punto interrogativo. Sul fucile non furono trovate le impronte e la posizione del fucile era allineata al corpo; come era possibile? Inoltre, la lettera trovata era divisa in due parti: nella prima parte, Cobain si rivolgeva a un amico immaginario, Boddah, confidandogli la sua crisi di artista rock a causa del troppo successo, ma affermando di non voler rinunciare a vivere. Nella seconda metà della lettera, in modo nevrotico, si rivolgeva a sua moglie Courtney Love, chiedendole di prendersi cura della loro figlia Frances Bean.
Le indagini di Tom Grant
Per chiarire la vicenda, Courtney Love assoldò un detective privato, Tom Grant. L’investigatore scoprì notizie rilevanti che lasciavano supporre che la Love potesse essere coinvolta nella morte del marito. Una delle prove era che Cobain aveva escluso la moglie dal testamento e che intendeva divorziare da lei. Inoltre, Grant scoprì strane somiglianze tra la calligrafia della donna e quella delle frasi finali della lettera d’addio. Cosa ancora più strana, nel 1998, Eldon Hoke dei Mentors, durante le riprese di un documentario, riferì di aver ricevuto la somma di 50.000 dollari per uccidere Cobain, senza specificare chi fosse il mandante. Hoke morì pochi giorni dopo sotto un treno e non fece in tempo a pronunciare quel nome.
La vita di Cobain e il club dei 27
La vita di Cobain è stata ricca di sofferenze, ansia e depressione, alternata da momenti di astinenza a momenti in cui si drogava a tal punto da andare in overdose. La sua morte è stata paragonata alle “morti strane”, infatti, nello stesso modo, i suoi colleghi Jim Morrison, Janis Joplin e Jimi Hendrix sono tutti musicisti morti a 27 anni nell’arco di tempo tra il 1969 e il 1971. Il troppo successo e la troppa certezza di riuscire a gestirlo, fa diventare deboli e vulnerabili al punto di cadere nelle tentazioni più estreme, come in questo caso la droga.
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