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Festa della donna, non solo cifre ma gesti concreti

Festa della Donna
Festa della Donna

L’8 marzo si celebra la giornata internazionale della donna che, nel linguaggio e nella cultura popolare è noto come Festa della Donna. Proprio l’associare la parola festa talvolta ha portato a considerare l’8 marzo più in funzione del consumismo che dell’attenzione ai temi sociali, scopo per il quale la giornata è stata istituita.

Festa della donna, origine e bufale storiche

Dal punto di vista storico, si tratta di una giornata celebrata negli Stati Uniti dal 1909 e in Italia dal 1922. Ma dobbiamo prestare attenzione alle bufale di origine storica ben più vecchie del web. Quando frequentavo la scuola elementare, all’inizio degli anni Novanta, la mia maestra di storia e geografia ci spiegò che la festa della donna si celebrava l’8 marzo perché a inizio del secolo erano morte un centinaio di donne nell’incendio di una fabbrica negli Stati Uniti. Si sarebbe trattato di donne sfruttate da industriali senza scrupoli che erano morte sul lavoro. In realtà questo evento, si è rivelato essere una bufala, probabilmente ispirata da un altro incidente ma che è avvenuto 3 anni dopo e con modalità diverse da quelle narrate. In Italia, dal 1945 si celebra la Giornata Internazionale della donna associandola alle mimose. Il fiore fu scelto perché era facilmente reperibile e spontaneo anche nel Mezzogiorno.

Festa della donna, i numeri ma non solo

Come ogni anno si potrebbero snocciolare dati, sequenza di numeri che fanno capire che la donna non ha raggiunto ancora la parità. Quest’anno ci piace però mettere in evidenza i progressi enormi che sono stati fatti. Probabilmente fermarsi ancora una volta a dire che ci sono disparità tra gli stipendi sarebbe, in minima parte veritiero, ma oscurerebbe i passi avanti sia nelle conquiste lavorative, sia sociali, sia economiche. Un po’ meno in quelle familiari. Possiamo comunque affermare che a dicembre 2023 il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 62%, cifra record se confrontata con le serie storiche dell’Istat degli ultimi 20 anni. In termini di retribuzione ci sono progressi e comunque non bisogna prendere i dati in forma generalizzata. La retribuzione media delle donne risulta più bassa perché in alcune aree del territorio nazionale, specie nel Mezzogiorno, è ancora oggi significativamente più bassa di quella degli uomini. Si tratta di un problema di arretratezza culturale ed economica che andrebbe inquadrato nell’ambito della nuova questione meridionale piuttosto che nella volontà assoluta di sottopagare le donne.

i modelli sociali e l’uguaglianza lavorativa

Dal punto di vista legislativo tanti progressi sono stati fatti. Manovre a supporto dell’imprenditoria femminile, della maternità, della sicurezza sul lavoro e del potenziamento degli ammortizzatori sociali. Numerose donne beneficiavano anche del reddito di cittadinanza prima che, quasi volontariamente, e probabilmente per mera scelta ideologica, ignorandone la funzione, il governo decidesse di toglierlo agli occupabili. In ogni caso, il primo governo della storia d’Italia guidato da una donna non ha lasciato sole le donne intervenendo a loro supporto in altri aspetti della vita sociale e lavorativa. Si tratta tuttavia di un problema di matrice culturale figlio, in qualche modo, della civiltà industriale e del modello male breadwinner, modello di organizzazione sociale e familiare superato rapidamente dal capitalismo neoliberista, ma un’erbaccia che fatica ad appassire nella cultura e nell’immaginario collettivo di intere aree dell’Europa e dell’Italia.

diritti e uguaglianza delle donne, attenti al politicamente corretto

Restano aperti numerosi problemi di carattere sociale e di genere che riguardano, probabilmente, ma non solo, il rapporto donna-uomo. Nell’ultimo anno i media hanno deciso di dare maggiore rilevanza al tema dei femminicidi. In realtà si tratta di un problema atavico, ma del quale non si parlava prima. Si fa bene ad aumentare la consapevolezza dell’intero corpo sociale ma non bisogna eccedere nel senso contrario. È molto facile, ed è già avvenuto che si tendesse a generalizzare e a cadere nella futilità del politicamente corretto. Peraltro come abbiamo già spiegato, il patriarcato ha poco o nulla a che vedere con i femminicidi. Sempre nell’ultimo anno si è parlato tanto anche degli stupri. Ebbene anche questo è un problema che richiede senz’altro una soluzione di matrice culturale. Probabilmente i giovani di oggi sono esposti a un flusso mediatico più robusto di quello al quale erano sottoposti i giovani degli anni Novanta, Ottanta, Settanta e Sessanta, sono fortemente convinti che tutto si possa risolvere a proprio vantaggio. Il ruolo della famiglia è cambiato. Nei decenni scorsi se un ragazzo era protagonista di insubordinazione a scuola o con le forze dell’ordine sarebbe stato redarguito in primis dalla famiglia, per non considerare poi conseguenze più serie. Quella era probabilmente una delle poche caratteristiche del patriarcato che avrebbero dovuto sopravvivere a quel modello sociale. Attualmente non si fa questo, se un ragazzo subisce un rimprovero da parte dell’insegnante o delle forze dell’ordine la colpa non è attribuita a lui, ma a mancanze dell’insegnante o delle forze dell’ordine. Almeno questa è l’indicazione generalizzata della famiglia che convince erroneamente i giovani che tanto tutto può risolversi a proprio vantaggio.

femminicidi e stupri, i giovani si illudono di poter controllare ogni cosa

L’assenza del rispetto dell’autorità dell’insegnante, delle forze dell’ordine, della legge, trasmette ai giovani l’idea che tutto sia possibile e che tutto sia nelle proprie disponibilità, anche l’altro. L’altro è l’amico, il compagno di banco, il poliziotto o il carabiniere, il professore, un’amica o la fidanzata o semplicemente una donna che piace. Si materializza un concetto malato secondo il quale “mi hanno abituato a possedere tutto, posso tutto, io sono tutto gli altri nessuno”. In più, spesso il legislatore stesso non fa la sua parte. I dodicenni di oggi non sono quelli di 40 anni fa, il fenomeno baby gang è in crescita, e potrebbe essere utile riconsiderare la soglia di punibilità, perché non è questione di destra o sinistra, è civiltà.
Questo tipo di piaga sociale trova la propria espressione perversa anche nello stupro, nella violenza di genere e, in parte, nei femminicidi.

il delitto d’onore

Ma dal punto di vista legislativo tanto è stato fatto, basti pensare agli articoli 377 del Codice Zanardelli, 587 del Codice Rocco e 559 del Codice Penale in materia di delitto d’onore. Per la verità in queste raccolte si cercava di attenuare l’uxoricidio commesso da uno qualsiasi dei coniugi. A livellare il tutto ci hanno pensato poi la Corte Costituzionale nel 1968 e il Parlamento con la legge 442 nel 1981 con la quale è stato definitivamente abolito il delitto d’onore.

le donne hanno bisogno di uguaglianza in famiglia e di rispetto dalle altre donne

I problemi della donna oggi purtroppo non finiscono qui. Se da un lato tanto si sta facendo per concretizzare l’uguaglianza sul piano lavorativo e per attribuirle una funzione familiare meno usurante possibile, soprattutto per quanto riguarda il tempo da dedicare ai figli, esistono problemi meno noti, di carattere sociale, territoriale, familiare e popolare che difficilmente possono avere soluzioni a breve termine. Si tratta di problemi altrettanto incidenti sulla qualità della vita e sulla psiche femminile. Pensiamo ad esempio alla violenza domestica non solo come atto materiale di un uomo contro una donna, ma anche come violenza che le donne esercitano su altre donne in senso verbale e psicologico. Rifacendoci a un esempio tipico proprio del patriarcato, pensiamo ai Malavoglia di Giovanni Verga, romanzo nel quale lo scrittore Catanese mette in evidenza, tra le altre cose, un episodio. Il nipote di Padron ‘Ntoni è ‘Ntoni, più grande di sua sorella Mena. Ntoni vorrebbe sposare Barbara, una ragazza del paese, anch’ella più grande di Mena, che a questo punto, in quanto sorella minore di Ntoni diventerebbe la cognata di Barbara. Mena ha un pretendente Alfio Cipolla. Quando Ntoni dice a suo nonno “Io me la piglio” riferendosi al fatto che intende sposare Barbara, padron Ntoni dice “prima deve maritarsi la Mena”. Questo significa che si dà maggiore importanza al tempo di Mena e Alfio che di Barbara e Ntoni nonostante questi siano più attempati. Il tempo da non sprecare appare quindi fondamentale per una figlia o una sorella, meno per nuora o una cognata. Troppo spesso nella famiglia, le donne arrivate dopo, quindi nuore o cognate sono state, e a volta tuttora sono, maltrattate dal punto di vista di integrazione familiare. Prima deve maritarsi la figlia o le figlie femmine, solo dopo viene il tempo delle nuore anche se queste sono già anagraficamente più vecchie. Non solo, spesso una sorella può mettere lingua nelle scelte delle cognate acquisite, ma non è visto di buon occhio il contrario. Per non parlare poi del fatto che una donna che va a casa del fidanzato era, e in qualche caso lo è ancora, costretta a dare del voi alle cognate o suocere evidenziando una subordinazione anche nel linguaggio, mentre, queste possono rivolgersi a lei usando il pronome “tu“, manifestando così la propria superiorità anche verbale.

il superamento della dote

Si dice che la famiglia sia l’atomo della società, quindi quando cambiano gli atomi cambiano le molecole e l’intero corpo della materia. Ecco perché è necessario un cambio di vedute anche nella famiglia, soprattutto è necessario che le donne accettino l’uguaglianza delle altre donne a sé stesse e che ci sia, semmai, una solidarietà femminile concreta e collettiva, non intermittente, non lesa da interessi meramente personali. Del resto il superamento del male breadwinner ha senz’altro permesso, nella fattibilità ma non ancora nella mentalità, di ripartire su entrambi i sessi e non più solo sulla donna, come incivilmente è stato permesso per secoli, l’onere finanziario del matrimonio e della dote. Se l’amore è vero non ha certo bisogno di una dote.

le donne ai vertici della società

Anche nella società civile e nella politica possiamo vedere i progressi della mentalità dell’uguaglianza. Abbiamo numerose donne ai vertici, pensiamo ad esempio alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma anche alla controparte dell’opposizione Elly Schlein. In Germania già un ventennio fa il governo era guidato da Angela Merkel mentre negli Usa Madeleine Albright, Hillary Clinton e Kamala Harris hanno raggiunto gradini sempre più alti della vita politica. Esistono anche altri esempi, pensiamo in Italia a Elisabetta Alberti, presidente del Senato, ma anche prima a Nilde Iotti, alla Camera e Tina Anselmi come ministro. Ma in giro per il mondo vi sono altri esempi come Cristina Elisabet Fernández Wilhelm già presidente dell’Argentina, fino ai paesi scandinavi e baltici con Sanna Marin e Kaja Kallas. Esistono anche esempi ben più datati, si pensi a donne come Elisabetta I, Maria Tudor e Rosa Luxemburg.

la futile distrazione del politicamente corretto

Le istituzioni italiane, europee, occidentali, stanno facendo il possibile. Bisogna solo metterci l’impegno ciascuno nel suo piccolo, affinché ciò che è particolare oggi diventi normale evitando però di cadere nella tentazione del politicamente corretto che altro non è se non una battuta d’arresto che fa gli interessi di chi non vuole l’uguaglianza. Fermarsi a dire che dobbiamo cambiare i nomi dei dinosauri rendendoli femminili oppure chiedere di usare la @ al posto dell’ultima vocale per non rivolgersi al maschile o al femminile, sono condizioni che denotano che la volontà di affrontare e risolvere i problemi reali non c’è e che tale volontà manca perché si sceglie di occuparsi di problemi che non esistono, ma si creano, ad opera di pochi in malafede, per distrarre i più dall ricerca delle vere soluzioni.

Buona festa della donna a tutte e anche a tutti.

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