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Perché non dobbiamo temere il rapporto The Economist sulla democrazia

Democrazia - La copertina The Economist, Le Polis, l'aula del Senato
Democrazia - La copertina The Economist, Le Polis, l'aula del Senato

Qualche giorno fa è stata ripubblicata e rilanciata una ricerca di The Economist relativa allo stato di salute della democrazia nel mondo. Il settimanale britannico fondato nel 1843 ha definito 60 indicatori per saggiare il livello di democrazia percepita. A tal fine gli stati sono stati suddivisi in varie categorie, un po’ come quando si dividono le squadre del campionato di calcio. Se volessimo usare un paragone calcistico, potremmo dire che l’Italia non è una testa di serie. A pesare su questa valutazione è anche la disaffezione alla cabina elettorale, il forte astensionismo manifestato dai consociati alle ultime elezioni politiche del 2022 che hanno visto la vittoria della coalizione di centro destra guidata da Giorgia Meloni.

democrazia, il rapporto The Economist del 24 febbraio, perché ci occupiamo di una notizia “vecchia”

In questo quotidiano però si fa approfondimento e non si riciclano le notizie. Chi vuole leggere le ultim’ora può farlo comodamente sui grandi giornali, o meglio, sulle agenzie di stampa. Noi puntiamo alla precisione quindi se scriviamo un articolo oltre una settimana dopo – il rapporto di The Economist è stato pubblicato in lingua inglese il 9 febbraio 2024 – lo facciamo con la consapevolezza di poter aggiungere precisione al tiro. Il settimanale britannico dichiara che il rating dell’Italia si sta abbassando in merito alla democrazia. Effettivamente è quello che soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo percepito anche noi. Però non è vero come è stato detto da certa stampa impreparata e priva di politologi che potessero analizzare i fatti, che sono stati presi in considerazione anche i recenti fatti di Pisa. Si tratta di discussioni in corso, indagherà la procura ed è nell’interesse del governo e delle forze dell’ordine fare chiarezza, ma non c’entrano nella valutazione di The Economist per un semplice motivo, quando i valori degli indicatori usati da The Economist sono stati acquisiti dei colleghi britannici, i fatti di Pisa non erano ancora accaduti. Il rapporto Democracy Index, è relativo ai fatti dell’anno 2023, ecco perché non dovrebbero essere considerate, almeno in maniera diretta, neppure le elezioni dell’anno 2022.

Molti colleghi della stampa italiana, talvolta riassumendo senza andare alla ricerca di informazioni di prima fonte, hanno la pessima abitudine di prendere come oro colato tutto quello che viene dalla stampa estera o comunque da un nome autorevole come è la rivista fondata da James Wilson, dimenticando spesso, che queste riviste hanno comunque la necessità di rispondere a una linea editoriale.

democrazia, confronto istituzionale tra Italia e Stati Uniti

Ma prima di parlare del contenitore parliamo del contenuto. Va detto che questo rapporto è stilato annualmente dal secondo dopoguerra dalla redazione di The Economist ed è estremamente popolare e autorevole, oltre che piacevole da leggere, ma come tutti i rapporti numerici è opinabile su metodi e misurazioni. Del resto poter dissentire è indice della democrazia. La democrazia è stata valutata con vari indicatori, che dovrebbero anche rendere l’idea di quanto sia influente la libertà di espressione e la partecipazione del popolo alla vita politica. Pensiamo anche alla capacità di vedersi riconosciute alcune libertà e garanzie costituzionali. Nel caso italiano, ad esempio, abbiamo una Corte Costituzionale e non una Corte Suprema come invece avviene nella più grande – solo numericamente – democrazia del mondo, gli Stati Uniti. Proprio per rendere meglio l’idea ai lettori e rassicurarli sul fatto che sicuramente si può fare di meglio ma non siamo nella repubblica delle banane e che comunque, a nostro parere impropriamente abbiamo un punteggio di 7.69 contro i 7,85 degli Usa, abbiamo fatto un raffronto tra la Corte Suprema Usa e la nostra Corte Costituzionale.

La differenza è presto detta. Entrambe sono codificate in Costituzione ma vediamo le caratteristiche salienti

 Corte Suprema Usa Corte Costituzionale Italiana
Composizione 9 membri nominati dal Presidente con l’approvazione del SenatoComposizione 15 giudici nominati per un terzo dal Parlamento in seduta comune, un terzo dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle magistrature, ordinaria, contabile e amministrativa
Durata a vitaDurata 9 anni
Qualifica richiesta nessunaQualifica richiesta, codificata in Costituzione, giuristi, giudici, avvocati o professori universitari di discipline giuridiche, anche a riposo con almeno 15 anni di servizio.
La corte fa il vaglio di costituzionalità delle leggi ordinaria, famoso il caso di Marbury vs Madison, ma non era stato inizialmente attribuito in costituzioneLa corte di occupa di: vaglio di costituzionalità, risoluzione conflitti tra poteri dello stato e tra regioni, ammissibilità del quesito dei referendum abrogativi. Infine, la corte giudica anche sui procedimenti di messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica ma in questo caso è assistita da un collegio di 16 persone estratte a sorte da una lista di 45 persone compilata dal Parlamento ogni 9 anni. Quest’ultima opzione è necessaria per dare a un eventuale giudizio contro il Presidente della Repubblica, un taglio ancora più popolare con la partecipazione di 16 elementi del popolo contro 15 togati.
L’accesso alla corte avviene a discrezione della corte stessa. Le giurisdizioni inferiori possono adire la corte ma non saranno sicure di avere la sua attenzione.La corte può essere adita ad accesso indiretto e diffuso. Il ricorso per via incidentale può essere chiesto anche su istanza di parte. Questo significa che un avvocato che ritiene che in qualche modo non sia rispettata la costituzione può chiedere al giudice di sospendere il processo e inviare l’incartamento alla Corte. Ovviamente non si deve ravvisare manifesta infondatezza del ricorso
Il numero dei componenti della corte è stabilito da una legge federale ordinaria.  Il numero dei componenti della corte è codificato in maniera rigida in Costituzione.

democrazia, le asimmetrie e le anomalie degli Stati Uniti

I giudici costituzionali, quelli che compongono l’organo di livellamento, in Italia sono nominati per 2/3 da chi deriva, direttamente o indirettamente, dal popolo. I giudici di nomina parlamentare sono eletti dal Parlamento in seduca comune, non da uno solo dei 2 rami. Quelli di nomina presidenziale sono a loro volta espressione di una carica eletta dal parlamento che è eletto dal popolo. Solo il ramo tecnico è in qualche modo slegato dalla partecipazione popolare. Negli Usa il meccanismo pesi e contrappesi fa sì che la proposta venga dal presidente eletto dal popolo, ma la ratifica avvenga da parte del Senato escludendo il Congresso. Gli Usa hanno infatti un bicameralismo imperfetto. Anche in questo quindi abbiamo un assetto istituzionale più vicino alla gente, chiedendo a entrambe le camere di scegliere i giudici della corte di livellamento. Infine i titoli richiesti in campo giuridico garantiscono che chiunque acceda alla carica di giudice costituzionale debba essere in possesso di numerosi requisiti. Strano che nel paese nel quale il Presidente non può essere eletto per più di 2 volte un esiguo numero di giudici possa sindacare a vita su questioni di legittimità costituzionale. Ma è il bello della democrazia.

democrazia italiana, la maggiore affidabilità della nostra Costituzione

Infine possiamo aggiungere tante differenze tra le nostre Costituzioni che renderebbero più rigida e affidabile la Costituzione italiana. In altre parole il cittadino italiano ha una garanzia dalla propria costituzione, che in line di principio è molto più robusta di quanto non lo siano le garanzie della tanto blasonata costituzione degli Stati Uniti. A tal proposito va detto che la Costituzione Usa è implicitamente rigida. Nel senso che non è previsto un quorum di una delle due camere ma una ratifica dei parlamenti dei ¾ degli stati dell’unione affinché entri in vigore un emendamento. Nel nostro caso, l’articolo 138 prevede la possibilità di una riforma costituzionale attraverso un procedimento rigido.

rapporto Economist, contenitore e contenuto

Andiamo infine parlare del contenitore. Guardiamo prima la sostanza poi la forma. Verrebbe da spiegare ai lettori il concetto di buono e giusto interpretato da Hans Kelsen, tuttavia questo sarebbe in parte indipendente da quello che dobbiamo trattare in questo articolo. Il contenitore è una autorevole rivista mensile britannica fondata nel 1843 a Londra da James Wilson. Tra i direttori vi è stato anche Herbert Spencer, illustre filosofo britannico e non è il solo grande nome ad aver collaborato alla rivista. Attualmente la società che controlla il settimanale è detenuta per oltre il 40% da Exor, holding della famiglia Agnelli, mentre alcuni dei soci sono anche la famiglia Rothschild e altre società britanniche operanti nei settori della finanza e delle costruzioni. Possiamo quindi aspettarci che la linea editoriale sia una sintesi a guida perlopiù italiana.

democrazia e The Economist, non c’entrano i fatti di Pisa

La democrazia è certamente la migliore forma di gestione della cosa pubblica attualmente disponibile ma non è detto che sia la migliore in assoluto. Certo, tornando ai fatti di fine 2023, in Italia nessun rettore o presidente di università – tra l’altro nel Bel Paese si accede all’università con poche tasse o no tax area, senza avere necessità di essere ricchi per essere istruiti. Indicatore che tende sicuramente a favore del nostro Paese a prescindere dalla qualità dei servizi universitari che pure sono migliorabili – è stato rimosso o costretto a dimettersi per aver espresso un pensiero a una domanda peraltro posta con lo scopo di generare una asserzione, una risposta binaria stimolata probabilmente a quello scopo. Qualcuno dice che in Italia il fascismo ha fatto anche cose buone. Forse se una cosa buona ha fatto è stata quella di farci capire quanto si importante esplicitare la libertà. Con lo spauracchio della dittatura fascista abbiamo codificato in Costituzione anche le cose che altrimenti avremmo dato per scontate, ad esempio il giusto processo e la libertà di stampa, ma anche la libertà di insegnamento. A Roma c’è, a Washington chissà.

la democrazia tutela le critiche a se stessa

Ma la democrazia è l’unica forma di pensiero, l’unica forma procedurale di approvare le leggi, che tutela la critica di sé stessa. Se possiamo dire che il nostro governo non ci piace, senza che i servizi segreti ci vengano dietro, è perché siamo in uno stato democratico. Se possiamo dire che non tolleriamo abusi – da verificare, si badi bene – da parte delle forze dell’ordine, è perché viviamo in democrazia. Lo siamo un po’ meno se scriviamo la parola genocidio su un social e quel post viene bannato. I social sono soggetti alle leggi degli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo. In senso numerico ovviamente. Ma se posso criticare The Economist e posso dire che il governo italiano lascia a desiderare su tante cose, se posso parlare con alcuni rappresentanti dell’opposizione e dire la mia, è perché la democrazia per tutelare il mio pensiero tutela in primis il dissenso. In Italia possiamo ancora dire che la pensiamo diversamente e tuteleremo sempre questo diritto perché con l’alternanza non sappiamo mai se e quando saremo maggioranza o opposizione, ma sappiamo che potremo sempre dire la nostra.

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