L’imprenditore statunitense Elon Musk ha annunciato che Neuralink, la sua azienda che si occupa di ricerca e sviluppo di impianti cerebrali da collegare a un computer, ha impiantato per la prima volta un dispositivo in un essere umano.
L’operazione è stata effettuata domenica 28 gennaio 2024 su un paziente affetto da paralisi. L’impianto, di dimensioni simili a una moneta, è stato posizionato nel cranio del paziente tramite un’operazione chirurgica minimamente invasiva. Musk ha dichiarato che il paziente si sta riprendendo bene dall’intervento e che i primi dati sono promettenti. Tuttavia, saranno necessari mesi per avere risultati più approfonditi.
Neuralink non è la prima società a praticare impianti cerebrali, ma utilizza alcune nuove tecnologie che potrebbero rivoluzionare il settore. In particolare, gli elettrodi di Neuralink sono più flessibili e meno invasivi di quelli utilizzati da altre aziende. Ciò potrebbe ridurre il rischio di complicazioni e danni al cervello. Neuralink ha già condotto diversi test sugli animali e lo scorso maggio ha ricevuto l’autorizzazione dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per iniziare i test sugli esseri umani. L’obiettivo di Neuralink è sviluppare interfacce neurali che consentano alle persone con disabilità di recuperare le loro funzioni motorie e cognitive. In futuro, la tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per potenziare le capacità del cervello umano.
Neuralink, i risultati attesi
Se i test sugli esseri umani saranno positivi, Neuralink potrebbe iniziare a commercializzare i propri dispositivi entro pochi anni. Nel caso specifico del paziente affetto da paralisi, l’impianto dovrebbe consentirgli di controllare il cursore di un computer con la mente. Ciò gli permetterebbe di comunicare più facilmente con l’ambiente circostante e di svolgere attività quotidiane, come scrivere o utilizzare un computer. Neuralink ha obiettivi ancora più ambiziosi: oltre a trattare le paralisi, la società sta lavorando a sistemi che potrebbero potenziare le attività del cervello umano. In futuro, questi sistemi potrebbero consentire alle persone di accedere istantaneamente alle informazioni memorizzate su un computer e alle sue capacità di calcolo. Tuttavia, questi risultati sono ancora lontani e richiedono ulteriori ricerche e test.
Neuralink, i rischi connessi al progresso
Come in tutti i casi di forte sviluppo della ricerca scientifica, ciò che è nuovo può spaventare e suscitare non poche perplessità. L’intenzione dichiarata, quella di fungere da supporto al cervello umano quando è danneggiato, è qualcosa di sicuramente auspicabile. In questo modo si potrebbero risolvere tanti problemi che oggi non sono affrontabili con le conoscenze della scienza medica. Il problema sorge perché quasi sempre l’essere umano trova il modo di fare qualcosa di nuovo per un determinato scopo ma successivamente si rende conto che sono possibili anche altre applicazioni. Cosa accadrebbe ad esempio se un dispositivo simile – o anche di dimensioni minori, dati i progressi della micro-ingegneria – con la possibilità di essere connesso in rete o comunque di accedere a diversi terabyte di dati, dovesse essere impiantato a persone che potrebbero connettersi a internet e poi recarsi a fare un concorso pubblico? I risultati sarebbero poi sbilanciati? E cosa succederebbe se un medico inizia a fare un intervento chirurgico basandosi sulle informazioni che questo dispositivo può fornirgli e, durante l’intervento smette di funzionare e il chirurgo non ricorda correttamente come agire? Bisogna fare in modo che l’intelligenza umana sia preservata e la capacità di pensare resti sotto il controllo esclusivo del pensatore. Nessun totalitarismo è riuscito a ottenere il controllo delle coscienze e dei pensieri, sarebbe bello se non ci riuscisse nemmeno la tecnologia.
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