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Intervista a Noemi Gherrero e Marco Peluso autori di Tempi Dipinti

Noemi Gherrero e Marco Peluso con al centro la copertina del libro Tempi Dipinti
Noemi Gherrero e Marco Peluso con al centro la copertina del libro Tempi Dipinti

Dal 10 gennaio è in vendita in tutta Italia il libro Tempi Dipinti scritto dai nostri amici Noemi Gherrero e Marco Peluso ed edito da Antonio Dellisanti Editore. Grazie alla disponibilità di entrambi, abbiamo intervistato gli autori per capire di più del libro e di loro stessi. Abbiamo formulato 10 domande, le prime 5 rivolte a Noemi Gherrero, che come i lettori ricorderanno è anche una della nostre validissime penne, e le restanti 5 a Marco Peluso,

Noemi, quanto c’è degli autori, e in particolare di te, nel personaggio di Miriam?

Mjriam è la spina dorsale del romanzo. Incarna tutti i vizi, gli ideali e le virtù degli altri personaggi, un po’ come il segno dell’ariete, che essendo il primo dello zodiaco, racchiude in sé tutte le caratteristiche degli altri. O almeno così si dice. E io sono una ariete. Con questo intendo dire che Mjriam è Fortemente ispirata da me , dalla mia storia, dalle mie battaglie, dalle mie fragilità. Molto di questo romanzo si richiama alla autobiografia, e anche quando non lo è, in un certo senso gli appartiene.

Mjriam è un’artista che vive un doppio trauma, e ne rischia anche un terzo. Senza svelare segreti del racconto, ci puoi dire se, alla luce dell’enorme dibattito pubblico sul ruolo sociale della donna, Miriam sia una vittima del patriarcato o del capitalismo?

L’importante è che Mjriam non resti vittima di sé stessa, il che sarebbe peggio. Ma sì, di fondo anche questa è una denuncia “pacifista” di ciò che oggi del maschile non funziona più. Ma Mjriam non è più buona di Max, l’arrogante “capitalista”, Mjriam semplicemente non si lascia vincere dalle sue paure e sveglie. Decide che il successo non sarà la chiave della sua vita se successo è abnegazione, oltraggio, compromesso. È semplicemente più forte di quello che nel romanzo sarà identificato come il carnefice.

Adesso raccontiamo ai nostri lettori qualcosa di te. Ti conosciamo come conduttrice televisiva, attrice e modella, ma come e in che modo ti sei avvicinata alla scrittura?

L’ho voluto da sempre e solo quando è arrivato veramente lo sprone e il momento, è accaduto ed è accaduto nella maniera più bella, non voluta. Con un amico, che è stato poi anche nemico e poi è tornato ad essere quasi un fratello. Le cose quando stanno dentro con sincerità prima o poi trovano forma.

Tu e Marco avete ambientato la storia a Napoli intitolando il libro Tempi Dipinti. Vorrei chiederti se per scegliere questo titolo avete tratto spunto dall’osservazione di qualche tela, qualche immagine o avete semplicemente usato la vostra immaginazione?

Abbiamo giocato sulle parole, nella forma e nei significati. La memoria, il concetto di tempo, è molto presente e condizionante nel ns romanzo. Che il tempo si dipinga, si possa imprimere su tela è quello che accade tutte le volte che mettiamo “nero su bianco”. In questo caso il valore è ancora più contingente perché, senza spoilerare, un quadro, un dipinto in particolare, assume un valore prezioso nella trama del libro, e dunque è un “tempo dipinto”.

Infine, ci puoi dire se hai intenzione o magari stai già pianificando un altro libro? E se invece non lo stai facendo, pensi che esista la possibilità che firmerai altri volumi in futuro?

Si ho già cominciato a scrivere una nuova storia diverso tempo fa. Ma io non sono una scrittrice, ho spazi e tempi dilatati nella scrittura. Ma credo che entro i prossimi due anni potrei farcela.

Marco, ci puoi dire come nasce l’idea di questo libro e quanto ci sia di te nei personaggi?

Potremmo dire che la nascita stessa di questo romanzo è un romanzo. Io e Noemi ci siamo conosciuti più o meno sei anni fa, ritrovandoci di colpo a essere vicini di casa, divisi solo da un muro, proprio come la protagonista e il coprotagonista di questo libro: Miriam e Milan. Insomma, una bellissima e socievole attrice e uno sciatto e misantropo scrittore: all’apparenza due persone che non hanno nulla in comune. Invece ci siamo “trovati subito”, come se ci fossimo fiutati e riconosciuti. Già durante la prima cena assieme, parlando dei rispettivi progetti, abbiamo pensato di fare qualcosa assieme: da qui l’idea di scrivere una storia. Ovviamente io ero già avvezzo alla scrittura creativa, tuttavia Noemi, grazie a una formazione accademica di tutto rispetto e al suo scrivere quotidianamente pensieri e desideri, si è mostrata subito abilissima quando le ho chiesto di iniziare a compiere esercizi di libera scrittura, così da poter modellare i nostri personaggi. Dunque in Miriam e in Milan ci sta molto di me e Noemi, così come nei loro affetti e persino nei luoghi che attraversano.

Di te sappiamo che ti occupi di letteratura da tempo. Vuoi raccontarci qualcosa di più a proposito della tua formazione e di come hai deciso di avvicinarti alla scrittura?

Beh, letteratura e una parola grande, anche se oggi viene usata per definire qualsiasi libro. Diciamo che provo a essere uno scrittore decente. Che io ricordi, ho sempre scritto. Da ragazzino amavo creare dei fumetti. Ho cercato in molte cose il modo per comunicarmi: recitazione, pittura, scultura e scrittura; quest’ultima, solo alla soglia dei trent’anni. Ma ero acerbo, scrivevo tanto e male. Possedevo passione e ossessione, ma una vita non proprio “ordinaria” mi aveva privato degli strumenti giusti di cui necessita un narratore. L’incontro con la scrittrice Antonella Cilento nel 2016, a oggi ancora mia maestra, ha cambiato tutto. Avevo già pubblicato un romanzo con una piccola ma onesta casa editrice e mi credevo già arrivato. Per fortuna Antonella ha ridimensionato il mio ego per poi insegnarmi prima a essere un lettore vorace, poi uno scrittore minuzioso e coi piedi a terra. Infatti, reputo il mio vero esordio nel 2021 con il romanzo Piciul (Linea Edizioni), nato proprio durante il percorso di studi con Antonella. Se non fosse stato per lei, non avrei mai raggiunto nessuno dei piccoli successi conseguiti.

Nel vostro libro la protagonista si chiama Miriam. A tuo parere quante Miriam ci sono nelle ventinovenni di oggi?

Non è facile rispondere a questa domanda, si rischia di generalizzare. Posso parlare solo per la mia limitata esperienza. Partiamo dal fatto che, oggettivamente, a trent’anni sei una persona adulta, benché oggi “la società” invita a maturare lentamente: si dice che si cresce in fretta, ma semplicemente si bruciano le tappe, sfuggendo alle responsabilità. Fatta questa premessa, non è facile essere una come Miriam, nel bene e nel male. Oggi viviamo accecati dal culto del successo, purtroppo, e il valore di una persona spesso viene deciso da una platea di manichini lobotomizzati: gente che vive scorrendo un pollice sullo schermo di uno smartphone. Tuttavia, non c’è nulla di male nel volere il successo, purché non diventi il metro di misura per giudicare una vita oppure, come spesso accade, una banale corsa alla ricerca di follower. Per fortuna Miriam non è del tutto accecata né dal primo né dal secondo aspetto, anche grazie alla presenza del suo mentore, il professor Borrelli, un personaggio che amo. Dunque in Miriam la ricerca di successo è altalenante nel suo essere ora distruttiva, ora costruttiva. Se è facile distruggere relazioni e affetti nella ricerca del successo, come in parte ha fatto anche Miriam, non è altrettanto semplice avere la costanza di inseguire un sogno: in questo non molti sono capaci, trentenni, ventenni o cinquantenni che siano. Tralasciando le storture che ci portiamo tutti dentro, e gli errori che compiamo di certo di più rispetto alle scelte sane, Miriam è una donna che ha preso la propria vita tra le mani. Si è rimboccata le maniche e, nonostante la morte del padre, quando era ancora adolescente, ha fatto di tutto per laurearsi e perseguire il proprio sogno: essere una pittrice. Non è facile, ci vuole costanza, capacità di fare sacrifici, meticolosità e pazienza: tutte doti malviste in questo tempo del “tutto e subito”.

Avete scelto l’età di 29 anni per la protagonista. Magari è una coincidenza ma secondo la tradizione Buddha ebbe l’illuminazione proprio a quella età. Vorrei sapere se per Miriam avete scelto quella età a caso o ha influito qualche fattore del vostro vissuto o della vostra ispirazione?

Devo dire che non lo sapevo. Magari Noemi sì, visto che si è spesso avvicinata al buddismo. In ogni caso l’età è pressappoco quella che aveva Noemi quando ci siamo conosciuti, dunque quando abbiamo iniziato a progettare questo romanzo. Però mi piace questa cosa, una bellissima coincidenza che, a questo punto, potrebbe calzare tanto al personaggio quanto alla sua creatrice.

Vorrei chiedere anche a te, come a Noemi, se hai già in cantiere altri volumi.

Sì, questo romanzo si distacca, ovviamente, dal mio percorso individuale, dove vive solo la mia di voce autoriale. Ho già tre romanzi “nel cassetto”, di cui uno a cui tengo molto, e prima che una malattia e una operazione mi rallentasse ne stavo scrivendo un quarto, a cui spero di rimettere mano presto, impegni lavorativi permettendo. Con Noemi, invece, si pensava di tornare a lavorare a una drammaturgia che scrissi agli albori della nostra amicizia, proprio cucita su di lei: un progetto ambizioso che non ha mai trovato il regista giusto. Forse anche questo non è un caso. Io e Noemi crediamo molto nelle coincidenze, di come la vita parli. Magari, dopo questo suo esordio da narratrice, potremmo tornare a lavorarci assieme anche nella scrittura.

Ringraziamo Noemi e Marco per l’estrema disponibilità e speriamo di poter leggere al più presto le loro future opere.

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