Se dovesse consigliare alle future atlete cosa imparare da Sofia Goggia cosa consiglierebbe?
Ognuno ha il proprio stile, si possono studiare gli atteggiamenti. L’importante è avere dentro di sé la voglia e la costanza di progredire giorno dopo giorno, obiettivo dopo obiettivo.
Cosa teme di più dei Giochi Olimpici del 2026? E cosa ha temuto dei mondiali di Saalbach e alle finali Cdm di sci alpino negli USA?
Non c’è nulla da temere nel partecipare ad una gara olimpica su una pista italiana. La considero invece una grande opportunità e una fortuna prendervi parte, cercherò di godermela nel modo migliore, visto che sarà il mio ultimo appuntamento a cinque cerchi della carriera. Sulla pista dei Mondiali che l’anno scorso non avevo potuto sperimentare nel corso delle finali di Coppa del mondo perché ero infortunata, ho capito dai primi giorni che su quel tipo di tracciato non avrei avuto grosse chance per le caratteristiche del tracciato. Eppure mi sono giocata la medaglia in supergigante, dove sono rimasta fuori dal podio per pochi centesimi.
Dopo i numerosi incidenti avvenuti sulle piste da sci, si è discusso molto sulle nuove misure di sicurezza da adottare in pista. Oltre alla prudenza, concentrazione, rispetto e consapevolezza del proprio livello di preparazione atletica, crede che potrebbe essere utile, limitare la velocità soprattutto ai minori di 18 anni? E cosa altro potrebbe servire per avere meno incidenti infortunistici e/o fatali?
Credo si stia facendo molto a livello di sicurezza e molto altro può essere fatto in futuro. Il nostro è uno sport dove purtroppo esistono delle componenti di rischio che non possiamo eliminare completamente, ma cercare di limitarli al minimo si. Ed è quello che si sta cercando di fare.
Dopo Alberto Tomba e Deborah Compagnoni crede che esista un atleta di pari o superiore livello?
Sono rimasti due icone non solo dello sci, ma dello sport in generale. Credo che la mia generazione comprendente la sottoscritta, Federica Brignone, Marta Bassino e anche altre compagne abbia dato il suo importante contributo.
Con Federica Brignone sta riscrivendo la storia dello sci italiano, avversaria in pista ma non nella vita di tutti i giorni. Come ha vissuto l’infortunio di Federica Brignone e quale è la sua opinione sul suo percorso di recupero?
Mi ha molto colpito, le ho espresso il mio dispiacere e la mia solidarietà. Le ho ribadito che, se ne avrà bisogno, ci sarò. E’ un infortunio importante e sarà importante la fase rieducativa, ma ha la volontà per tornare al top.
L’anno scorso anche lei ha subito un infortunio che le ha impedito di continuare la stagione agonistica. Come è riuscita a gestire il dolore e la frustrazione che hanno accompagnato l’infortunio e in che modo un infortunio può diventare motivo di forza per un’atleta?
Spesso ho sognato l’inforcata con cui mi sono fatta male. Ero in Val Senales lo scorso ottobre quando ho ricominciato a sciare e ho rivissuto nella testa il momento dell’infortunio, dopo tre porte mi si è sganciato uno sci. Era come se il mio corpo fosse arrugginito, ma devi ritrovare la confidenza per fartela passare
Ogni atleta ha un rituale o un’abitudine scaramantica. Mi chiedevo quale fosse il suo e se il samba a fine gara è uno di questi?
Il gesto di quel ballo è venuto spontaneo, lo avevo visto in televisione qualche tempo prima a Pinheiro Braathen. A parte quello non ho particolari scaramanzie.
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