Il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln fu vittima di un attentato il 14 aprile del 1865 esattamente 160 anni fa. Abraham Lincoln è stato una figura fondamentale nella storia degli Stati Uniti, noto per aver guidato il paese durante la guerra di secessione e per aver abolito la schiavitù. La sua presidenza e il suo assassinio hanno segnato profondamente la storia americana, lasciando un’eredità duratura nella politica e nella società statunitense.
Origini e formazione
Nato il 12 febbraio 1809 a Hodgensville, nel Kentucky, Abraham Lincoln proveniva da una famiglia modesta di coloni quaccheri. La sua infanzia e giovinezza furono caratterizzate da difficoltà economiche e lavori manuali. Durante i suoi primi anni lavorò come mozzo sulle zattere per il trasporto del legname a New Orleans, poi come carpentiere e garzone di negozio nell’Illinois, dove si trasferì nel 1831. Nel 1832 partecipò con il grado di capitano alla guerra contro la tribù indiana di Black Hawk, mostrando coraggio e capacità di leadership che gli avrebbero giovato in seguito nella sua carriera politica. Questa esperienza rappresentò un punto di svolta nella sua vita, poiché contribuì a farsi conoscere presso la comunità locale e a costruire una reputazione che gli sarebbe tornata utile nella sua futura carriera politica. Una caratteristica straordinaria di Lincoln fu la sua formazione completamente autodidatta. Non frequentò mai scuole regolari per diventare avvocato, ma studiò autonomamente, preparandosi da solo per superare gli esami di abilitazione alla pratica forense. Iniziò a esercitare l’avvocatura nel 1837, ottenendo un notevole successo professionale che gli permise di affermarsi non solo economicamente ma anche socialmente. La sua preparazione legale, nonostante l’assenza di un’istruzione formale, gli consentì di sviluppare un’eloquenza e una capacità argomentativa che lo resero un oratore persuasivo e un politico efficace. La professione legale divenne per Lincoln non solo una fonte di sostentamento, ma anche una piattaforma per tessere relazioni politiche e sociali che avrebbero sostenuto la sua futura carriera politica.
Abraham Lincoln: l’ascesa politica
Lincoln iniziò la sua carriera politica come deputato whig all’assemblea legislativa dell’Illinois, ruolo che ricoprì dal 1834 al 1842. Già in questo periodo si distinse per le sue coraggiose prese di posizione contro lo schiavismo, tema che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera politica. Dal 1846 al 1849 servì al Congresso federale, dove si oppose alla guerra contro il Messico e presentò uno schema di legge per impedire l’introduzione della schiavitù in nuovi territori. Nel 1856, dopo lo scioglimento del partito whig, aderì al neonato partito repubblicano, di cui divenne presto una figura centrale. La sua posizione antischiavista, unita alla sua eloquenza e alla capacità di parlare alle masse, lo resero una figura politica di primo piano, preparando il terreno per la sua candidatura presidenziale.
Presidenza, Guerra Civile e lotta alla schiavitù
L’elezione di Lincoln alla presidenza nel 1860 rappresentò un punto di svolta nella storia americana. Immediatamente dopo la sua vittoria, gli stati del Sud minacciarono la secessione, temendo che la sua posizione antischiavista avrebbe portato all’abolizione della schiavitù. Questi timori si concretizzarono con la formazione degli Stati Confederati d’America e lo scoppio della guerra di secessione. Durante il conflitto, Lincoln si rivelò un leader determinato, gestendo la crisi con una combinazione di fermezza e moderazione. Il suo obiettivo primario era preservare l’Unione, ma col progredire della guerra, l’abolizione della schiavitù divenne sempre più centrale nella sua agenda politica. Lincoln dovette affrontare non solo l’opposizione dei confederati, ma anche critiche all’interno del suo stesso partito e difficoltà militari che caratterizzarono i primi anni del conflitto. Nel 1863, Lincoln emanò il Proclama di Emancipazione, che aboliva la schiavitù negli stati confederati, sebbene limitatamente ai territori ribelli. Questo atto trasformò il significato della guerra: non si combatteva più solo per l’unità della nazione, ma anche per la libertà degli schiavi. Rieletto nel 1864 nonostante le difficoltà della guerra, Lincoln continuò a perseguire la sua agenda abolizionista. Nel 1865, poco prima della sua morte, fece approvare dal Congresso il Tredicesimo Emendamento, che aboliva definitivamente la schiavitù in tutti gli Stati Uniti. Questo rappresenta uno dei suoi più grandi successi e una pietra miliare nella storia americana. La sua visione per la ricostruzione post-bellica, nota come “con malevolenza verso nessuno, con carità per tutti”, prevedeva un processo di riconciliazione nazionale piuttosto che di punizione per gli stati del Sud.
L’assassinio
Il 14 aprile 1865, appena cinque giorni dopo la resa delle truppe confederate guidate dal generale Robert E. Lee, Lincoln fu assassinato mentre assisteva allo spettacolo “Our American Cousin” al Ford’s Theatre di Washington. L’attentatore, John Wilkes Booth, era un attore e simpatizzante confederato che agì come parte di una cospirazione più ampia per decimare i vertici del governo federale. Oltre a Lincoln, erano previsti attentati contro il Segretario di Stato William H. Seward e il vicepresidente Andrew Johnson. Booth sparò a Lincoln alla testa e poi fuggì dal teatro. Il presidente morì la mattina seguente, il 15 aprile, diventando il primo presidente degli Stati Uniti a essere assassinato. Gli altri attentati pianificati fallirono: Seward fu solo ferito e l’attacco a Johnson non fu nemmeno tentato.
Il complotto di Baltimora: una minaccia precedente Un aspetto meno noto della vita di Lincoln è il cosiddetto “complotto di Baltimora”, un presunto tentativo di assassinio pianificato per febbraio 1861, quando Lincoln era presidente eletto ma non ancora insediato. Secondo questa teoria, un gruppo di cospiratori sudisti intendeva uccidere Lincoln durante il suo passaggio in treno per Baltimora, in viaggio verso Washington per la cerimonia d’insediamento. Allan Pinkerton, fondatore della celebre agenzia di detective, gestì la sicurezza di Lincoln e lo convinse a cambiare itinerario e ad attraversare Baltimora in segreto e sotto mentite spoglie. Sebbene gli storici dibattano ancora sull’effettiva consistenza di questa minaccia, Lincoln e i suoi collaboratori la presero seriamente. Questo episodio fu in seguito utilizzato dai critici di Lincoln per accusarlo di codardia, danneggiando temporaneamente la sua immagine pubblica. Tuttavia, la minaccia si inseriva in un contesto di grande tensione politica che precedette lo scoppio della guerra civile. La figura di Abraham Lincoln rimane una delle più complesse e influenti nella storia americana. Da umili origini e senza un’istruzione formale, ascese alla massima carica della nazione e guidò il paese attraverso la sua crisi più profonda. Il suo assassinio, avvenuto nel momento della vittoria, trasformò Lincoln in un martire della causa unionista e abolizionista. Nonostante le controversie come il complotto di Baltimora, la sua eredità di unità nazionale e uguaglianza umana continua a ispirare le generazioni successive. Lincoln dimostrò come la determinazione personale, unita a principi morali saldi, possa portare a cambiamenti storici duraturi, facendone un simbolo eterno di leadership in tempi di crisi.
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