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Riarmo UE, cosa fa davvero l’Italia

La bandiera europea e sullo sfondo un carro armato
La bandiera europea e sullo sfondo un carro armato

Il governo italiano sta valutando un ampliamento delle Forze Armate, con l’obiettivo di reclutare tra i 30.000 e i 40.000 militari aggiuntivi, portando il totale a circa 135.000 unità (esclusi i riservisti). Questo progetto, promosso dal ministro della Difesa Guido Crosetto e sviluppato dallo Stato Maggiore, mira a colmare un “gap” accumulato negli anni a causa di scarse politiche di investimento. L’operazione, che richiederà tra i 5 e gli 8 anni, non riguarda solo l’addestramento del personale, ma anche il ripristino di filiere logistiche e produttive. Attualmente, l’Italia conta circa 160.000 militari tra Esercito, Marina e Aeronautica, oltre a 100.000 carabinieri. Tuttavia, come sottolineato dal capo della Marina Enrico Credendino, mancano 9.000 unità solo nella sua forza armata, segnale di una crisi sistemica.

Lo scenario europeo e la pressione sul riarmo

L’invasione russa dell’Ucraina e le incertezze sul ruolo degli Stati Uniti nella difesa europea hanno spinto i paesi dell’UE a rivedere le proprie strategie. Germania, Francia e Regno Unito stanno già aumentando i budget militari, mentre la Commissione Europea ha proposto il piano “Rearm Europe”, da 800 miliardi di euro, per sostenere gli investimenti in difesa. Per l’Italia, però, raggiungere l’obiettivo del 2% del PIL dedicato alla spesa militare (circa +10 miliardi l’anno) rappresenta una sfida complessa, dati il debito pubblico elevato e la pressione fiscale già alta. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso scetticismo: “Altri errori clamorosi fatti da caos e confusione, dobbiamo evitarli”, riferendosi a passate gestioni frettolose, come l’acquisto di vaccini o gas.

Riarmo UE: La svolta tedesca e le tensioni sulle regole fiscali

In un ribaltamento storico, la Germania – tradizionale paladina del rigore di bilancio – ha chiesto all’UE maggiore flessibilità per finanziare il riarmo. Durante i colloqui a Bruxelles, un rappresentante tedesco ha sollecitato modifiche permanenti ai parametri del 3% di deficit e del 60% di debito/PIL, per esentare le spese militari dai vincoli. Una posizione sorprendente, considerando che un anno fa Berlino si oppose a deroghe simili. Friedrich Merz, probabile futuro cancelliere, ha annunciato emendamenti alla Costituzione tedesca per escludere gli investimenti in difesa dai limiti di bilancio, oltre a un fondo infrastrutturale da 500 miliardi. “Quando si vuole, i soldi saltano fuori”, commentano fonti europee, con un velato riferimento all’austerità imposta alla Grecia nel 2015.

Riarmo UE in Italia: le criticità finanziarie italiane e la posizione di Giorgetti

Mentre Berlino accelera, Roma frena. Giorgetti insiste sulla necessità di “investimenti seri, importanti e consapevoli”, criticando approcci frettolosi: “Per comprare un drone o un missile supersonico, non si va al supermercato”. Il ministro teme che un aumento del debito per scopi militari, senza una pianificazione chiara, possa aggravare la già fragile situazione italiana. I rendimenti dei BTP hanno già registrato un balzo, segnale dei timori dei mercati. Giorgetti invoca pragmatismo: “L’Europa senza gli Usa diventa molto complicata”, sottolineando la dipendenza dall’alleato americano per la sicurezza continentale.

Il dibattito sulle priorità e gli errori del passato

Il confronto sul riarmo riapre ferite vecchie e nuove. Da un lato, c’è chi ricorda come l’UE abbia “messo da parte il rigore” solo durante la pandemia, mentre tagliava servizi essenziali in tempi di recessione. Dall’altro, emergono lezioni amare: Giorgetti cita il Pnrr, dove “sono state buttate dentro opere a caso, tanto per fare massa critica”, come esempio da non ripetere. La sfida è bilanciare urgenza strategica e sostenibilità: “Quando si fa debito, bisogna farlo a ragion veduta”, insiste il ministro, denunciando la “frenesia” di alcuni partner europei.

Prospettive future: tra difesa e coesione europea

Il riarmo continentale rischia di dividere l’UE. Paesi come l’Italia chiedono tempi lunghi e finanziamenti mirati, mentre la Germania spinge per un’accelerazione, anche a costo di riformare i trattati. Intanto, il piano “Rearm Europe” – con i suoi 150 miliardi di prestiti UE – resta in attesa di approvazione unanime. La posta in gioco è alta: creare una difesa comune credibile, senza destabilizzare economie già fragili. Come conclude Giorgetti, “serve sangue freddo”: un monito contro decisioni dettate dalla paura, che potrebbero compromettere sia la sicurezza che la stabilità finanziaria del Vecchio Continente.

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