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Cos’è l’indovinello veronese, il primo documento in lingua italiana

L'indovinello veronese - Foto Wikipedia
L'indovinello veronese - Foto Wikipedia

Nel 1924, durante una ricerca alla Biblioteca Capitolare di Verona, lo studioso Luigi Schiaparelli individuò un testo noto come l’indovinello veronese, trascritto ai margini di un manoscritto medievale. Redatto tra l’VIII e il IX secolo da un amanuense anonimo, il breve componimento in volgare italiano descriveva buoi che aravano un “campo bianco” seminando un “seme nero”. Schiaparelli, esperto di paleografia (lo studio delle scritture antiche) e diplomatica (analisi critica dei documenti storici), comprese immediatamente l’importanza del reperto: si trattava della prima testimonianza conosciuta di italiano volgare, antecedente al Placito Capuano (960 d.C.), fino ad allora ritenuto il testo più antico. 

Il documento, databile all’Alto Medioevo, presenta un’annotazione in latino (“Gratias tibi agimus…”) aggiunta successivamente da un altro scriba. La pergamena, proveniente da Toledo, viaggiò attraverso Cagliari e Pisa prima di giungere a Verona. Schiaparelli ne confermò l’autenticità, sottolineando come il testo rappresentasse una forma embrionale delle lingue romanze, più vicina all’italiano moderno rispetto al latino classico. L’indovinello, tuttavia, rimaneva enigmatico: perché unire immagini rurali a un contesto sacro? 

Indovinello veronese: cosa dice il documento

Nel 1926, il professore Vincenzo de Bartholomaeis presentò il testo agli studenti dell’Università di Bologna, trascrivendo i versi: 

Se pareba boves
alba pratalia araba
et albo versorio teneba
et negro semen seminaba

Che significa

Guidava avanti i buoi
arava bianchi prati
stringeva un bianco aratro
seminava seme nero.

Fu la studentessa Liana Calza a riconoscere nell’indovinello una filastrocca popolare della sua infanzia. La soluzione, proposta durante una lezione, rivelò una metafora della scrittura: i buoi simboleggiavano le dita, i “prati bianchi” la pergamena, l’aratro la penna d’oca e il seme nero l’inchiostro. 

Simbologia ed eredità culturale

L’indovinello veronese, oltre a segnare una tappa fondamentale nella storia linguistica, unisce tradizione contadina e pratica intellettuale. Il parallelo tra il lavoro dei campi e quello dello scriba sottolinea il ruolo sacrale della scrittura nel Medioevo, strumento di preservazione della conoscenza. Oggi il manoscritto è conservato nella Biblioteca Capitolare di Verona, istituzione attiva dal V secolo, dove testimonia il passaggio dal latino alle lingue volgari, ponte tra antichità e modernità.

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