La Giornata Mondiale delle malattie rare ricorre il 29 febbraio ma negli anni non bisestili questo evento è collocato il 28 febbraio. Le malattie rare sono spesso poco conosciute. Si tratta di patologie croniche, invalidanti e, in alcuni casi, potenzialmente mortali. Colpiscono circa una persona su 1.000-1.500 secondo l’OMS, ma nel complesso rappresentano un fenomeno significativo: sono oltre 8.000 le malattie rare identificate, con circa un milione di persone affette in Italia. Le difficoltà principali riguardano la diagnosi tardiva, la mancanza di protocolli terapeutici consolidati e, spesso, l’assenza di cure specifiche. Questo rende il percorso di malattia particolarmente complesso non solo dal punto di vista medico, ma anche psicologico e sociale.
A tal proposito abbiamo intervistato Raffaella Manzo, Dirigente Psicologo presso l’U.O.C. Fisiopatologia e Riabilitazione Respiratoria dell’Ospedale dei Colli – P.O. Monaldi di Napoli, per approfondire il ruolo dello psicologo nel supporto ai pazienti con malattie rare e alle loro famiglie.
Come impatta una diagnosi di malattia rara sulla vita del paziente e della sua famiglia? Ricevere una diagnosi di malattia rara è un evento che travolge non solo il paziente, ma anche la sua famiglia. L’80% di queste patologie ha origine genetica, il che significa che spesso più membri della famiglia possono esserne affetti. Questo comporta un carico emotivo aggiuntivo, poiché oltre alla gestione della malattia, ci si trova a dover affrontare preoccupazioni per i propri figli o parenti.
Inoltre, molte famiglie devono affrontare cambiamenti drastici quali ad esempio: Adattare la casa per eliminare barriere architettoniche, ridurre o lasciare il lavoro per prendersi cura del malato, gestire un forte senso di isolamento e difficoltà economiche.
Quali sono le reazioni psicologiche più comuni dopo la diagnosi? Il paziente e la sua famiglia attraversano diverse fasi emotive:
Incertezza e confusione, dovute ai lunghi tempi di diagnosi (che possono variare da 5 a 20 anni). Angoscia e isolamento, spesso con meccanismi di difesa come la negazione della malattia.
Rabbia, legata al senso di impotenza e ingiustizia.
Tristezza e ritiro sociale, nel tentativo di elaborare la nuova realtà.
Adattamento, quando si inizia ad affrontare la malattia accettandone i limiti ma valorizzando ciò che è ancora possibile.
L’importante è non rimanere soli e poter contare su un sostegno emotivo adeguato.
Quali sono le principali difficoltà per i pazienti con malattie rare dal punto di vista clinico? Una delle sfide maggiori è l’assenza di cure specifiche. Per molte malattie rare non esistono protocolli terapeutici né test diagnostici consolidati, e il 30% dei pazienti non ottiene mai una diagnosi definitiva. Questo genera frustrazione, ansia e senso di impotenza. Inoltre, i pazienti si sentono spesso poco compresi dalla società. La difficoltà di spiegare la propria condizione, la mancanza di consapevolezza da parte della comunità e il senso di diversità possono portare a ritiro sociale e depressione.
Qual è il ruolo dello psicologo nel percorso di cura? Lo psicologo è una figura chiave per supportare il paziente e la famiglia nel percorso di adattamento alla malattia. Il suo intervento aiuta in vari modi ad esempio permette di gestire l’angoscia e la paura legate alla diagnosi, migliora la qualità della vita, favorendo strategie di coping efficaci. Inoltre aiuta a prevenire l’isolamento sociale, lavorando sull’autostima e sulle relazioni e supporta i caregiver, che spesso subiscono un carico emotivo e pratico molto elevato. Infine facilita la comunicazione medico-paziente, rendendo il dialogo più chiaro e rassicurante. Il supporto psicologico è fondamentale per accompagnare il paziente e la sua famiglia in tutte le fasi della malattia, dal momento della diagnosi alla gestione della quotidianità.
Qual è la sfida più grande per il futuro della psicologia nelle malattie rare? L’integrazione del supporto psicologico nei percorsi di cura. Ancora oggi, molte persone con malattie rare non ricevono un sostegno adeguato perché lo psicologo non è sempre incluso nell’équipe multidisciplinare.
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