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Fino all’ultimo respiro: un libro frutto di speranza e cooperazione tra ospedale, personale sanitario e pazienti

A destra la copertina del libro Fino all'ultimo respiro
A destra la copertina del libro Fino all'ultimo respiro

Abbiamo scelto di raccontare ai nostri lettori la storia di un libro edito da Basilisco che è stato scritto da due autrici, la dottoressa Raffaella Manzo dirigente psicologo dell’Unità Ospedaliera Complessa di Fisiopatologia e Riabilitazione Respiratoria dell’Ospedale Monaldi di Napoli e una sua paziente Adelaide Corrado. Quest’ultima si è occupata di realizzare il desiderio quello di raccontare la sua storia. La dottoressa ha ascoltato, trascritto e riassumendo i tratti salienti della sua storia coordinando le varie parti del testo curando, infine, la parte di saggistica psicologica che conferisce al libro una visione innovativa.

Grazie alla collaborazione dell’editore Basilisco, una parte del ricavato sarà destinato al progetto di accoglienza presso l’UOC di Fisiopatologia e Riabilitazione Respiratoria dell’A.O. dei Colli attraverso l’associazione Araba Fenice.

Dottoressa Manzo, Ci può raccontare qualcosa in merito alla genesi del libro? Come vi è venuta l’idea, cosa ne pensavate all’inizio, quale è stata l’accoglienza dell’editore?

Fino all’ultimo respiro è nato dall’incontro con Adelaide, una donna straordinaria che ha vissuto un percorso di malattia estremamente complesso, affrontandolo con una forza interiore che meritava di essere raccontata. L’idea iniziale è venuta proprio da lei: durante uno dei nostri colloqui, mi disse che avrebbe voluto raccontare la sua storia per aiutare chi, come lei, si trovava ad affrontare una diagnosi difficile. All’inizio, il progetto sembrava una sfida: non volevamo limitarci a una semplice testimonianza, ma trasformare la sua esperienza in uno strumento di riflessione per pazienti, familiari e operatori sanitari. Man mano che il lavoro prendeva forma, ci siamo rese conto che il libro aveva un valore non solo narrativo, ma anche clinico e formativo.

Quale è stata l’accoglienza dell’editore data l’originalità del progetto?

Quando abbiamo presentato il progetto all’editore Basilisco, la reazione è stata molto positiva. Il libro unisce due elementi fondamentali: il vissuto di Adelaide, con la sua carica emotiva e il suo percorso terapeutico, e una riflessione clinica sulla malattia, il trapianto e la psiconcologia. Questo approccio interdisciplinare ha reso il testo interessante per un pubblico ampio e ha trovato immediata accoglienza nel panorama editoriale.

Vi rivolgente a un pubblico in particolare?

Il libro è rivolto a più categorie di lettori

•         Ai pazienti che si trovano ad affrontare un percorso simile e che possono ritrovare nelle parole di Adelaide un sostegno emotivo e un senso di condivisione.

•         Ai familiari e caregiver, perché la malattia non riguarda solo il paziente, ma tutto il suo sistema relazionale.

•         Agli operatori sanitari, in particolare medici, infermieri e psicologi, che potranno trovare nel libro spunti di riflessione sulla gestione della relazione di cura.

Quale messaggio vorrebbe dare a chi leggerà il libro e quali caratteristiche spera di stimolare nella personalità dei lettori?

Il messaggio principale è quello della resilienza e della condivisione. Adelaide ci insegna che, anche nelle situazioni più difficili, è possibile trovare dentro di sé le risorse per affrontarle. Ma non si è mai soli: il supporto emotivo, sia da parte dei familiari che dei professionisti sanitari, è un elemento essenziale nel percorso di malattia. Spero che il libro possa stimolare nei lettori una maggiore sensibilità verso il vissuto emotivo del paziente e una riflessione sulla centralità della comunicazione nella relazione di cura. Per i pazienti, invece, mi auguro che possa rappresentare una fonte di speranza e un incoraggiamento a non sentirsi soli nella loro battaglia.

Sono anni che lei si occupa di psicologia ospedaliera e del ruolo dello psicologo in ospedale. Purtroppo si tratta di una disciplina che si sta affermando ma che ha ancora bisogno di sostegno. Cosa ci può dire in proposito?

La psicologia in ospedale oggi è una disciplina in crescita, ma ancora poco sostenuta. Da anni mi occupo di psicologia ospedaliera e, sebbene ci siano stati molti passi avanti nel riconoscere il valore del supporto psicologico nei percorsi oncologici, resta ancora molto da fare.

La psicologia ospedaliera non è solo un sostegno emotivo, ma un vero e proprio intervento terapeutico che migliora l’adesione alle cure, la qualità della vita e persino gli esiti clinici. Tuttavia, nella pratica quotidiana, la presenza dello psicologo in ambito ospedaliera e oncologico non è ancora garantita ovunque, e spesso i pazienti non ricevono il supporto di cui avrebbero bisogno. È fondamentale che questa disciplina venga maggiormente integrata nei percorsi di cura e che il ruolo dello psicologo sia riconosciuto come parte essenziale dell’équipe sanitaria. Attraverso il libro e le occasioni di formazione che stiamo portando avanti, vogliamo contribuire a diffondere questa consapevolezza e a far comprendere quanto il supporto psicologico possa fare la differenza nella vita di chi affronta una malattia.

Adelaide, quando e come ha percepito la necessità di voler raccontare la sua storia?

Ho sentito il bisogno di raccontare la mia storia in un momento preciso: quando ho capito che la malattia mi aveva cambiata, ma non mi aveva tolto la voglia di vivere. Durante il percorso di cura ho incontrato molte persone che condividevano le mie stesse paure, le stesse incertezze, ma anche lo stesso desiderio di speranza. È stato proprio in quei momenti, parlando con altri pazienti e con gli operatori sanitari, che ho capito quanto fosse importante mettere nero su bianco la mia esperienza. In realtà, all’inizio avevo paura. Poi, durante un colloquio con la mia psicologa, mi sono resa conto che raccontare la mia storia poteva essere un dono: un modo per dare voce a chi si sente solo, per dire a chi sta affrontando un percorso simile che non è l’unico a provare certe emozioni. È nata così l’idea del libro, un po’ come una lettera aperta a chiunque stia attraversando una tempesta e abbia bisogno di sapere che, anche dopo il buio, c’è ancora luce.

Che effetto le fa raccontare e poi rileggere le pagine che narrano di lei?

È un’emozione molto intensa. A volte mi sembra di rivivere ogni istante, di sentire ancora le stesse paure e speranze. Raccontarsi è un po’ come specchiarsi: ti costringe a guardarti con sincerità, a riconoscere la tua fragilità ma anche la tua forza. Vedere la mia esperienza trasformata in parole mi ha aiutata a dare un senso a ciò che ho vissuto, a capire che anche il dolore può avere un significato se serve a dare speranza agli altri.

Perché è importante trasmettere speranza? E che ruolo ha avuto la psicologia nel suo percorso?

La speranza è tutto. Quando affronti una malattia grave, il rischio più grande non è solo quello di perdere la salute, ma di perdere la voglia di lottare. La paura ti immobilizza, ti fa sentire in balia di qualcosa di più grande di te. La speranza, invece, ti dà la forza di andare avanti, di credere che ogni respiro sia una vittoria, che ogni giorno sia un passo in più. Nel mio caso, è stata fondamentale. All’inizio pensavo che lo psicologo fosse una figura “accessoria”, qualcosa di utile ma non essenziale. Poi ho capito che senza quel supporto emotivo sarebbe stato molto più difficile affrontare tutto. La mia psicologa mi ha aiutata a dare un nome alle mie emozioni, a non vergognarmi della paura, a trasformare il dolore in qualcosa di comunicabile. Non mi ha mai dato risposte pronte, ma mi ha insegnato a trovare dentro di me le risorse per affrontare la malattia. E poi… mi ha fatto realizzare il sogno di raccontare in un libro la mia storia.

Chiediamo ad entrambe, perché avete scelto come titolo Fino all’ultimo respiro?

Perché racchiude il significato più profondo della mia vita e il messaggio che il libro vuole trasmettere. Ogni respiro è per me una vittoria. Ogni respiro dopo la diagnosi, dopo il trapianto, dopo la malattia oncologica è stato una piccola grande vittoria contro la paura, contro la sofferenza e contro la sensazione di essere sopraffatti dalla malattia. Inoltre il titolo richiama l’idea che non si tratta solo di sopravvivere, ma di vivere con consapevolezza e pienezza, valorizzando ogni momento, ogni battito, ogni respiro. È un inno alla speranza, alla forza interiore e alla capacità di trasformare la fragilità in determinazione. Crediamo che questo messaggio possa risuonare profondamente sia nei pazienti che affrontano una malattia, sia nei loro familiari e negli operatori sanitari, ricordando loro l’importanza del supporto emotivo e della cura non solo del corpo, ma anche della mente e del cuore.

Per chi volesse acquistare il libro segnaliamo che è possibile farlo cliccando qui

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