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L’affaire Gaza è una miniera d’oro per Trump e per la finanza occidentale e araba

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano Donald Trump e il genero, il finanziere immobiliarista Jared Kushner
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano Donald Trump e il genero, il finanziere immobiliarista Jared Kushner

È noto a tutti che Ivanka la bella figlia del presidente degli Stati Uniti Donald Trump è sposata con Jared Kushner immobiliarista ebreo, spregiudicato come richiesto per la personalità di chi fa affari in quel campo, ma con un tono di aggressività, probabilmente accentuato dall’essere il genero del presidente degli Stati Uniti.

Gaza: Trump è il “miglior amico di Israele” e della finanza neoliberista

Qualche giorno fa il presidente Trump ha ricevuto alla Casa Bianca il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quando Trump ha annunciato l’intenzione degli Stati Uniti di prendere il controllo di Gaza, il primo ministro israeliano lo ha definito il “miglio amico che Israele abbia mai avuto”. Ma perché tutto questo? Non ci sono stati forse altri presidenti americani a fare gli interessi di Israele? La risposta è sì ma chi vuole banalizzare il rapporto tra Usa e Israele riducendolo a quello di un padrone forte che ha un cane da guardia in un giardino pieno di tensioni, non ha ben compreso quale sia il rapporto tra gli Usa e il loro migliore alleato.

La compenetrazione della finanza israeliana nelle classi dirigenti occidentali

Certamente gli interessi nazionali di entrambi non coincidono sempre ma le economie e le classi dirigenti di entrambi i paesi sono intrecciate e ci compenetrano a vicenda soprattutto negli affari. Gli interessi lobbistici americani e mediorientali hanno un rapporto simbiotico accentuato non solo da identità comuni ma anche e soprattutto da interessi capitalistici. Il genero del presidente rappresenta l’emblema – e solo la punta dell’Iceberg – di questo sistema di connessioni politico-finanziarie che consente a Israele di beneficiare dell’appoggio di quello che è ancora l’alleato più forte del mondo nonostante l’ascesa di Cina, India e Russia. Si anche quest’ultima resta un concorrente nella politica mondiale per gli Stati Uniti.

L’esproprio forzato di Gaza per vendere villette sul lungomare

Il genero del presidente ha investito da tempo in una società israeliana, un fondo di investimento nel quale, lui stesso, ha incrementato la sua quota proprio il giorno del giuramento di Trump la Phoenix Financial Ltd. Un’altra azienda specializzata in immobili, la Harey Zahav, da tempo promette agli israeliani di vendere delle ville al mare che “non sono un sogno”. Kushner intervenendo ad Harvard in una conferenza ebbe a dire che “è brutto da il governo israeliano dovrebbe fare di tutto per spostare la gente da Gaza” e che sempre lo stesso governo “abbia fatto di tutto per proteggere i civili”. Due affermazioni che si contraddicono. La partita delle costruzioni vale circa 2 miliardi di dollari solo per quanto riguarda Kushner ma, dati i suoi legami con il principe dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman, che ha investito altrettanto, si prospetta un bottino immobiliare molto più ricco. Del resto non si può negare che ci sia un lungomare splendido con temperature che consentono la balneazione praticamente tutto l’anno.

Un milione e mezzo di profughi che nessuno vuole

Ma in nome del capitalismo anche il sovrano di un paese arabo non si impegna ad aiutare altri arabi cacciati dalle loro case. Arabi che anzi, quasi nessuno vuole. Benché Trump voglia cacciarli dalla loro terra per ammassarli in Egitto o altri paesi arabi, questi ultimi sono profondamente restii ad accettare oltre un milione e mezzo di profughi. Intanto sta scomparendo anche la Cisgiordania. Il nuovo ambasciatore Usa in Israele Mike Huckabee ha dichiarato che “non esiste una cosa chiamata Cisgiordania” mentre l’ambasciatrice all’ONU Elise Stefanik è andata addirittura oltre affermando diritti di origine biblica che Israele potrebbe vantare sulla Cisgiordania. Il capitalismo ha unito gli interessi degli occidentali e degli arabi a spese del popolo Palestinese. Qualche tempo fa il filosofo e storico Alexis de Tocqueville si interrogava su quale odio potesse provare un contadino francese sapendo che qualunque cosa avrebbe fatto avrebbe avuto sempre un nobile davanti a sé, davanti ai suoi prodotti, alla terra e alla sua stessa vita. In un certo modo voleva spiegare l’odio che esplose poi nella rivoluzione francese. Questo comportamento di scacciare tutti dalle loro case, non dovrebbe poi sorprendere se generasse sentimenti di odio.

Via i palestinesi per vendere case: possiamo dire no ma nessuno ha la forza per impedirlo

Nel 1948 le Nazioni Unite hanno creato il problema “dal fiume al mare”. Oggi gli Stati Uniti con il medesimo modus operandi, creano il problema opposto. Mentre allora non c’era una terra per i palestinesi e non si fu capaci di affermare il diritto di Israele a esistere in maniera pacifica, oggi non c’è una terra per i palestinesi ma è a loro che viene negato un qualsiasi posto. Se una cosa del genere l’avessero organizzata i totalitarismi del XX secolo si griderebbe allo scandalo. Chissà se si scandalizzerà allo stesso modo l’opinione pubblica internazionale. Verrebbe da pensare che il 7 ottobre sia stato un prodotto voluto dal paradigma neoliberista per avere un pretesto per la più grande operazione finanziaria della storia del real estate. Certo la guerra è sempre un affare. Lo spiega bene Charles Wright Mills nel suo libro Le Elite del Potere nel quale il sociologo racconta dell’incidenza delle lobby americane sulla scelta della guerra di Corea. Anche la guerra in Ucraina è un grande affare per oligarchi ucraini e fondi americani, europei ed ebraici. Un affare per le armi prima e per i mattoni poi. Bisognerebbe fare qualcosa per impedire che esseri umani civilizzati facciano questo ad altri esseri umani civilizzati. Abbiamo la forza per dirlo, ma chi ha la forza per farlo?

Leggi anche Israele e Gaza, l’appoggio degli Usa e il rapporto Biden-Netanyahu

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