Il 17 gennaio la Chiesa Cattolica venera Sant’Antonio Abate, fondatore del monachesimo Cristiano, abate ed eremita di origine egiziana, della città di Coma nella quale nacque il 12 gennaio del 251. Sant’Antonio Abate parlò il copto per tutta la vita e visse per molti decenni da eremita nel deserto della tebaide fino alla morte avvenuta a 105 anni il 17 gennaio del 356.
Si tratta di un santo che unisce le tradizioni di tutta l’Italia, da nord a sud senza risparmiare tradizioni, culture e usanze folkloristiche di tutta la penisola. In numerose città del sud Italia – ma anche in qualcuna del nord – si usa festeggiare con un fuoco, allestito in piazza oppure nei cortili, che vede la partecipazione, nel pubblico o nel privato, di decine o centinaia di persone. Non è escluso che in alcuni comuni nei quali le amministrazioni municipali hanno vietato i fuochi in piazza, ci siano stati in passato, incidenti con facinorosi che strumentalizzavano l’usanza.
Sant’Antonio Abate: le reliquie e l’iconografia
Ma cosa rende questo santo così venerato e conosciuto? Innanzitutto in vita è stato il fondatore del monachesimo cristiano. In secondo luogo le sue reliquie sono state traslate in numerose città prima di giungere in occidente. Fu prima rinvenuta la sua tomba nel deserto della tebaide, successivamente le reliquie furono traslate ad Alessandria, poi a Costantinopoli e, successivamente, nella diocesi di Vienne nel villaggio di La Motte aux Bois che prese il nome di Sant’Antoine l’Abbaye, in Francia. Durante il Rinascimento e, più In generale durante tutta l’epoca moderna Sant’Antonio Abate è stato raffigurato da numerosissimi artisti in altrettante opere e dipinti.
Patrono degli animali ma anche dei macellai e contadini
Attualmente vi sono molte città italiane e numerose categorie professionali che sono state affidate al suo culto in qualità di patrono. Sant’Antonio Abate è infatti invocato come patrono dei macellai, dei contadini, dei salumieri, degli allevatori e degli animali domestici. Inoltre gli furono tributate delle qualità come potente taumaturgo nella guarigione dalle malattie. Un capitolo a parte meritano gli animali domestici affidati alla sua protezione. Il 17 gennaio la chiesa tradizionalmente benedice gli animali e le stalle raccomandando il tutto alla protezione di Sant’Antonio Abate. Ciò ha origine dal fatto che nell’attuale Germania, a partire dal Medioevo vi era l’usanza che ogni villaggio allevasse un maiale in più da destinare agli ospedali che erano gestiti dai monaci di Sant’Antonio. A mano a mano il numero dei suini aumentò, li si poteva incontrare per strada. Gli abitanti iniziarono a essere infastiditi dalla loro presenza quindi i comuni ne vietarono la libera circolazione, ma era comunque sconsigliato commettere il sacrilegio di rubare o uccidere un maiale che serviva a sfamare coloro che erano assistiti dagli Antoniani ma anche al sostentamento economico delle stesse comunità.
Le usanze lungo la penisola
In Veneto vi è la tradizionale credenza secondo la quale la notte del 17 gennaio gli animali acquisiscono la possibilità di parlare ma non è di buon auspicio ascoltare le loro conversazioni.
Anche altre zone della penisola hanno delle tradizioni legate a Sant’Antonio Abate. Uno fra tutti è il comune di Teora in Irpinia nei quali si pronuncia un proverbio in dialetto napoletano per poter ritrovare qualcosa che si è perduto. Analoga usanza, ma con un dialetto diverso è in voga a Varese. Anche in Piemonte vi sono comuni con usanze simili.
Nel foggiano a Serracapriola e a Manfredonia vi sono altre usanze rispettivamente che riguardano il prolungamento del giorno di un’ora rispetto al giorno di Santa Lucia che, nel Medioevo, Era considerato il giorno più corto dell’anno, e al carnevale che inizia proprio a essere sentito il 17 gennaio. Lo stesso si può dire per Anzano di Puglia. Ma anche in Veneto si usa un proverbio per evidenziare che nel giorno di Sant’Antonio Abate le giornate sono più lunghe rispetto al periodo precedente. Altri comuni come ad esempio Montorio Romano e Vico Equense hanno altre usanze legate al Santo. In modo particolare a Massaquano, frazione del comune Campano, si usa un proverbio per i bambini che perdono i denti da latte.
Sant’Antonio Abate e il fuoco
In molti comuni, non solo il già citato Teora, vi è l’usanza di organizzare il fuoco di Sant’Antonio Noto in alcune parti d’Italia come falò o cippo. Un comune importante da questo punto di vista è quello di Novoli in provincia di Lecce. Tuttavia la figura di Sant’Antonio Abate è associata al fuoco in quanto si narra che degli agricoltori recatisi a trovare il santo nella grotta dove viveva gli avevano chiesto un po’ di fuoco per riscaldarsi e lui per poterli aiutare, insieme al suo inseparabile amico maialino, era sceso fino all’inferno per prendere un po’ di fuoco. Esiste una fiaba scritta da Italo Calvino in Fiabe Italiane che narra molto bene questa circostanza.
Leggi anche I vigili del fuoco onorano la protettrice Santa Barbara
Ancora nessun commento.