Sabato 21 dicembre presso il teatro Nadur di Cicciano mi è capitato di assistere alla messa in scena di Miseria e Nobiltà, celeberrima opera di Eduardo Scarpetta che ha visto varie interpretazioni, ciascuna a suo modo, sia a teatro che nel cinema. La più celebre è forse quella del grande Totò nei panni di Felice Sciosciammocca che nell’atto di una “cooperante concorrenza” con i membri della sua stessa famiglia afferra gli spaghetti senza brandire le posate.
I “Giovani all’Opera”
La compagnia Teatrale Giovani all’Opera ha preparato una interpretazione divertente e stimolante per il pubblico di Cicciano e dintorni. Eduardo Scarpetta – del quale ricorrerà il centenario della morte l’anno prossimo – era un grande commediografo, ma la sua grandezza stava anche nella precisione e nella dedizione che richiedeva ai suoi interpreti. Anche oggi, a quasi un secolo dalla sua morte, è possibile discostarsi, a grandi linee, dal tracciato che lui ha designato, conferendo a ogni commedia qualcosa di chi la adatta alla propria regia e interpretazione ma non si può prendere Eduardo alla leggera.
È esattamente quello che hanno fanno i ragazzi di Giovani all’Opera, dedicando mesi alla preparazione della prima. L’esibizione è stata senza dubbio degna delle attese e del blasone Scarpettiano. Le risate in una commedia devono arrivare – che commedia sarebbe altrimenti? – ma dagli interpreti traspariva l’amore e il divertimento. L’amore per quello che stavano portando in scena, il divertimento nel farlo e nel divertire il pubblico. Tecnicamente si potrebbe aggiungere che non è facile stare in scena per un’ora intera, ricordare le battute, aggiungere dei colpi per stimolare il sorriso del pubblico e riuscire, a propria volta, a non ridere ma al contempo trovare il modo giusto per divertirsi. Inoltre non bisogna dimenticare che questo va ripetuto per 3 atti. In definitiva quello che gli attori di Giovani all’Opera hanno messo in scena non è stato il teatro di Scarpetta ma l’amore e la passione con i quali loro stessi riescono a fare propria l’opera e a mostrarla agli altri. Se ne potrebbe fare volentieri fatto il bis, non sarebbe noioso e data la spontaneità degli interpreti, sarebbe possibile ridere di nuovo alle stesse battute e con la stessa spontaneità.
Miseria e Nobiltà, la commedia di fine XIX secolo nuova ancora oggi
Non è possibile però prescindere da osservazioni circa la genuinità dell’opera e il confronto con temi sociali che oggi, più che mai, lo studio di una commedia, può rendere estremamente seri. Del resto la commedia è divertimento e leggerezza non banalità.
Scarpetta aveva immaginato 2 nuclei familiari poveri che prendono in fitto una stessa casa. Da un lato Pasquale e Concetta a la loro figlia Pupella, dall’altra Felice con la sua compagna – e non moglie dato che si rivelerà non essere vedovo – Luisella che interpreta l’antagonista, con il figlio di lui e della sua “defunta” moglie Peppeniello. Di Pupella è innamorato Luigino, figlio di Gaetano Semmolone ex cuoco che ha ereditato una grande fortuna dal suo ex datore di lavoro. A Pasquale e alla sua famiglia si rivolge il marchesino Eugenio Favetti, erede di una famiglia di nobili, innamorato di Gemma, ballerina e altra figlia di Gaetano Semmolone. Eugenio vuole che i tre, insieme a Felice, fingano di essere la sua famiglia dato che Gaetano pretende di concedere la mano della figlia a Eugenio solo quando questi si sarà presentato con la sua famiglia. Famiglia che inizialmente non vuole imparentarsi con dei non nobili, seppure Bebe, il padre di Eugenio, si è finto spasimante di Gemma per poterla conoscere e verificare se è adatta a sposare un nobile. Le vicissitudini portano a un lieto fine con la famiglia di Eugenio che accetta il matrimonio con Gemma, Luigino, fratello di Gemma, si fidanza con Pupella e Felice che ritrova la moglie Bettina e va a vivere insieme a lei e al loro figlio Peppeniello.
Si può riflettere sul fatto che la commedia mettesse in evidenza una società diversa da quella di oggi, per certi versi simile ai Malavoglia di Giovanni Verga con una visione dell’autore profondamente diversa. Innanzitutto la famiglia descritta era una famiglia patriarcale, erano gli uomini, i padri di famiglia a dover procurare soldi per mantenere la famiglia. Non solo, erano loro a dover approvare le relazioni dei figli. Luigino fa di tutto per parlare con Pasquale il padre di Pupella e cercare di ottenere il suo benestare al fidanzamento. Era un tempo nel quale l’ascensore sociale esisteva – come è sempre esistito per fortuna – ma i ricchi non nobili erano visti ancora come qualcosa da evitare quando possibile. Vi è uno spazio anche per la borghesia, con un ruolo attivo della servitù a casa di don Gaetano.
Il “ping pong”
È stato bello poter trovare spunti di riflessione accanto al divertimento grazie alla compagnia Giovani all’Opera. Si potrebbe dire che la commedia è come il ping pong, è più divertente se chi ti sta difronte sa rilanciare ed è questo che diverte il lettore. L’opera Scarpettiana non sarà mai una minestra riscaldata perché Eduardo ci ha messo i giusti ingredienti in ricetta ma la preparazione fatta con cura e amore da parte dei Giovani all’Opera che hanno condito il tutto, ha reso la commedia gradevole e divertente.
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