Leggendo le notizie provenienti dagli Usa capita spesso di pensare che il sistema giudiziario italiano sia migliore, nonostante i suoi limiti e contraddizioni, di quello americano. Non fosse altro perché noi abbiamo la presunzione di innocenza codificata in costituzione con la necessità, medesima, di rieducare il condannato attraverso la pena. Qualche settimana fa è uscito il film “Giurato numero 2” diretto e coprodotto da Clint Eastwood. Un errore giudiziario è alla base del film. Un errore prima risolto e poi consolidato, con finale a sorpresa, da parte di uno stesso dei giurati. Il lavoro cinematografico tende a mettere in risalto inefficienze e inefficacie del sistema giuridico penale degli Stati Uniti. Talvolta, per migliorare possono servire interventi normativi, altre volte è più difficile perché le leggi e le procedure sono già efficaci ed efficienti ma serve buon senso. Tale seconda condizione è imprescindibile da un meccanismo di analisi culturale, occorre cioè la volontà di tutti di acquisire dimestichezza con quello che gli antichi chiamavano giusto mezzo e che oggi può essere identificato nel buon senso collettivo, ma anche individuale.
Presunzione di innocenza: differenza tra accusa e sentenza
Accusare una persona di un crimine significa che quella persona è accusata del crimine. Allo stesso modo, attribuire un fatto determinato a una persona, sporgere querela nei suoi confronti, significa che quella persona è stata accusata in modo circostanziato da qualcuno, ma non significa che per questo l’accusato sia colpevole.
Esistono delle differenze nette. Innanzitutto quando si attribuisce una colpa a qualcuno, seppur circostanziata, non significa di per sé che l’accusato sia colpevole, non fosse altro perché chi lo accusa potrebbe essere in malafede. Tuttavia, pur in assenza di malafede, talvolta le accuse si rivelano infondate. Abbiamo la fortuna di avere l’impianto costituzionale, da questo punto di vista, più illuminato e avanzato del mondo, finanche superiore alla tanto blasonata costituzione degli Stati Uniti.
La presunzione di innocenza nella Costituzione Italiana
La Costituzione Italiana all’articolo 27, comma 2 stabilisce che “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Si tratta di un principio talmente importante che i padri costituenti hanno ritenuto necessario scolpirlo nel marmo della storia e della Costituzione. Una persona accusata da altri o dallo Stato (quindi d’ufficio) di aver commesso un reato, non è considerata colpevole fino alla sentenza definitiva. Una sentenza diventa definitiva in due casi:
- Dopo la sentenza di primo grado o di appello, in assenza di ricorso di una delle parti.
- Dopo la sentenza del giudice di legittimità, il cosiddetto terzo grado di giudizio, che anziché prevedere annullamento o rinvio, conferma la sentenza di secondo grado.
In tutti gli altri casi, finanche dopo una condanna in primo o secondo grado, si parla sempre di imputato e non di colpevole, oppure, di colpevole con sentenza di 1° o 2° grado.
La Costituzione, la giurisdizione e il giusto processo
Quando una persona viene accusata tramite una querela, la querela è l’atto d’accusa, non è la prova che l’accusato sia colpevole. La Costituzione Italiana codificando il giusto processo all’articolo 111 stabilisce che “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”. La prova in base alla quale si può condannare qualcuno è quindi formata, nel corso del dibattimento, durante il processo, nel contradditorio tra le parti.
Perché prendere le distanze da persone accusate e quindi, anche per legge oltre che per buon senso, ancora potenzialmente innocenti? Su persone che esercitano alcuni ruoli pubblici potrebbe essere un fatto di opportunità. Ad esempio un insegnante accusato di pedofilia dovrebbe essere sospeso dall’insegnamento senza privazione dello stipendio perché vi è una opportunità di buon senso nel non lasciarlo a contatto con i bambini mentre le prove a suo carico si formano e si giunga a una verità processuale. D’altra parte, vi è lo stesso buon senso a tutela dell’insegnante che continua ad aver diritto alla paga integra, se non altro perché essendo innocente fino a sentenza definitiva (e non ad accusa contraria) nessuno può privarlo dei diritti riconosciuti ai cittadini. Analogo discorso vale anche per i rappresentanti delle forze dell’ordine, ad esempio se un poliziotto o carabiniere è accusato di aver abusato – a vario titolo – della sua posizione, sarebbe opportuno, magari per motivi di decoro, esentarlo dal servizio fino a che le circostanze non siano del tutto chiare. La sospensione operativa non deve però corrispondere alla sospensione dello stipendio che deve restare integro in attesa di quelle che saranno le decisioni definitive della magistratura. La sospensione operativa almeno in casi che potremmo definire sensibili, è solo un’opportunità, non ci dovrebbe essere niente di illecito se in assenza di condanna non si desse esecuzione nemmeno a quella.
Presunzione di innocenza: garanzia costituzionale per tutti
Si tratta di norme poste a garanzia, a garanzia di tutti, soprattutto dopo gli standard variegati del Ventennio fascista. Chi in nome di un buonismo riduttivo e ipocrita millanta punizioni esemplari a carico di accusati (concetto diverso, ribadiamolo, da quello di colpevole) corre il rischio del Terrore, quello giacobino di Robespierre, vittima egli stesso di condizioni incompatibili con la vita civile di una comunità organizzata di individui.
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