La stampa ha dato grossa risonanza al fatto che, come accade per legge annualmente, i comuni italiani stanno aggiornando le liste di leva. Probabilmente per il bene dell’onda sensazionalistica si è fatto in modo di collegare questa situazione a un fantomatico e imminente scontro tra la Nato e la Russia. In realtà, al momento, niente è più lontano. Uno scontro militare tra l’ex blocco sovietico e quello occidentale è del tutto al di fuori dell’ordine del giorno e delle intenzioni di chiunque. Non solo. Spesso si cerca di cavalcare il clamore di qualcosa accaduto in Ucraina o in medi oriente per giustificare reazioni politiche ed economiche che avvengono in Europa. In realtà tutte le decisioni che le cancellerie europee prendono in questo periodo, in merito a questa decisione, non sono altro che metodi di comunicazione politica tra i capi di stato e di governo dell’Europa e della Russia.ÈÈ
L’aggiornamento delle liste di leva è periodico e precedente alla guerra in Ucraina
L’aggiornamento delle liste di leva è previsto dalla legge e avviene periodicamente per consentire alla Patria di avere la giusta difesa, sapendo già a chi rivolgersi, in caso di mobilitazione generale. Del resto il fatto che siamo in tempo di pace praticamente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non significa che non si debba avere cognizione di chi sono i riservisti e come mobilitarli in caso di bisogno. Una guerra mondiale è improbabile per diversi fattori e l’Italia, appartenendo a un’alleanza di tipo difensivo come la NATO, è decisamente al di fuori dell’ottica di aggressione da parte di qualsiasi paese estraneo all’alleanza ma sarebbe da sprovveduti non aggiornare periodicamente le liste di leva. Si tratta di una prassi del tutto scollegata e precedente all’inizio del conflitto in Ucraina.
Le liste di leva aggiornate sono prassi, niente a che vedere con una potenziale e improbabile guerra mondiale
Innanzitutto l’Italia, come già ricordato, ha aderito alla Nato il che dovrebbe metterla al riparo da aggressioni unilaterali provenienti da paesi che non ne fanno parte. Ma dal punto di vista globale una guerra di questo tipo è improbabile perché abbondano i precedenti storici nei quali sarebbe stato più facile fare la guerra e invece si è fatta la pace – vedi ad esempio la crisi dei missili di Cuba del 1962 o le trattative sullo scudo spaziale degli anni Ottanta – sia perché l’ordine mondiale costituitosi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ha praticamente implementato la teoria dei 4 sceriffi formulata dal presidente Roosevelt a Yalta. Si tratta di una teoria che limitava a 4 il numero delle potenze che potevano possedere “armi più efficaci di un fucile”, così come ebbe a dire il presidente americano. Secondo la teoria era necessario realizzare un organismo internazionale con i 4 sceriffi che detenevano il potere esecutivo e l’assemblea che poteva essere composta anche da tutti gli altri ma con solo scopo consultivo e propositivo. A un’attenta osservazione ci si rende conto che si tratta dell’ONU, organismo nel quale il potere di veto è dei soli membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, ovvero le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale più la Cina. Esattamente come voleva Roosevelt il potere decisionale è solo dei 5 grandi mentre tutti gli altri, in un modo o nell’altro, sono economicamente o politicamente legati ai 5 attori principali conservando un potere meramente consultivo come quello detenuto dall’attuale Assemblea Generale. Uno scontro tra due dei cinque membri permanenti potrebbe significare una guerra, mondiale o meno, che potrebbe portare a un riassetto degli equilibri con conseguente perdita di potere di alcuni di essi. Ecco perché, al di là della dialettica politica e del modo di comunicare, finanche attraverso operazioni belliche indirette, non c’è il rischio di una guerra mondiale alle condizioni attuali. Dopo la crisi di Cuba le potenze principali hanno imparato a parlarsi e a comunicare attraverso gesti e parole. Si potrebbe discutere sul fatto che gli Stati Uniti non abbiano voluto, fino in fondo, fermare la guerra in Ucraina. Ci sono due esempi a tal proposito. Il primo è la crisi di Suez del 1956 quando il presidente egiziano Nasser volle nazionalizzare il canale. Le principali compagnie petrolifere erano francesi (che avevano precedentemente scavato il canale) e inglesi. Gli eserciti di entrambi, insieme a forze speciali israeliane intervennero per riprendere il controllo del canale con la disapprovazione del presidente americano Eisenhover che chiedeva agli alleati europei di non continuare la campagna contro l’Egitto dal momento che l’Unione Sovietica aveva minacciato di entrare direttamente nel conflitto. La crisi si risolse in poco tempo con la vittoria politica di Nasser. Un altro precedente è la guerra sino-sovietica della fine degli anni Sessanta. A un certo punto, quando l’Unione Sovietica stava consolidando la sua minaccia nucleare nei confronti del vicino cinese, Nixon minacciò apertamente di rappresaglia più di 100 citta russe per scoraggiare un attacco nucleare comandato da Breznev.
La Nato è al capolinea? Tutt’altro
La Nato è la proiezione dell’influenza militare e politica della potenza americana sul vecchio continente. In altre parole è il prezzo che l’Europa deve, può e che probabilmente sceglierebbe liberamente di pagare, per aver beneficiato della liberazione dal nazifascismo durante la seconda guerra mondiale. La Nato è il prodotto americano di quel nuovo ordine mondiale concretizzatosi, nell’immagine globale, nel potere di vero dei membri del consiglio di sicurezza. Rinunciare alla Nato sarebbe per gli Usa un danno all’immagine, una perdita di potere che non possono permettersi perché significherebbe lasciare membri della propria sfera d’influenza liberi di andare altrove, dal nemico o verso un nuovo polo che potrebbe costituirsi se altri li imitassero.
Ad oggi non ci sono le premesse per un terzo conflitto mondiale, soprattutto non c’è spazio ne intenzione di un conflitto nucleare di tipo totale.
Leggi anche Televideo, il giornale televisivo che sostiene il confronto con i social
Ancora nessun commento.