I giovani italiani sono sempre più violenti e distaccati dalla vita e dalle cose belle che può offrire. Solo nell’ultima settimana vi sono stati numerosi episodi di violenza con protagonisti minorenni, talvolta minori di 14 anni che, ai sensi dell’articolo 98 del codice penale, risultano impunibili. Appena 3 settimane fa a Napoli ha perso la vita il quindicenne Emanuele Tufano nel corso di quello che sembra essere uno scontro tra giovani criminali. Meno di una settimana fa a San Sebastiano al Vesuvio in provincia di Napoli, un diciassettenne appena uscito dal carcere minorile ha sparato e ucciso, per futili motivi, un diciannovenne. Sempre nel corso di questa settimana una bambina dodicenne, in provincia di Roma, ha accoltellato un coetaneo compagno di classe reo, a suo dire, di aver fatto la spia con la docente circa la copia di un compito in classe, salvo poi, in questo ultimo caso, pentirsi immediatamente e chiamare lei stessa i soccorsi.
Secondo Giuseppe Lavenia, presidente dell’associazione Di.Te. che dal 2002 si occupa di dipendenze patologiche e cyberbullismo occorre insistere sul sistema rieducativo ma anche, al contempo, sulla certezza della pena al fine non solo di correggere ma anche di trasmettere ai minori il senso del limite:
Un ragazzo di 17 anni ha già un grado di coscienza sufficiente per comprendere il peso delle proprie azioni, e qui non parliamo di severità fine a sé stessa, ma di un segnale educativo. Il vero intervento rieducativo non può limitarsi a cercare di “correggere” comportamenti dopo che sono stati compiuti: deve insegnare il senso del limite e della responsabilità. Certamente le pene devono essere certe, perché un atto di violenza non può essere privo di conseguenze, ma dobbiamo fare di più, e questo riguarda noi adulti. Cosa stiamo insegnando? Se la nostra risposta è sempre giustificare o alleggerire, trasmettiamo ai giovani che tutto può essere fatto senza mai rispondere delle proprie azioni. La rieducazione vera dovrebbe essere un percorso in cui il ragazzo, pur vedendo la concretezza delle conseguenze, impari a rispettare l’altro come essere umano, come limite che non va oltrepassato. Se non educhiamo al rispetto profondo per gli altri, non facciamo che rimandare l’inevitabile.
Ma si sa che i minori, dal punto di vista penale, sono suddivisi in fasce di età. Quelli dai 14 ai 18 anni possono essere puniti, pur essendo tutelati, talvolta eccessivamente date le loro responsabilità, mentre i minori di 14 anni sono, come già anticipato, non punibili. Senza entrare nel merito delle vicende penali che vedono “imputati” colpevoli di meno di 14 anni, potrebbe essere una garanzia per tutti i genitori se chi fa del male ai loro figli, infra o ultra quattordicenne che sia, fosse certo della punizione. Sarebbe un deterrente che potrebbe rendere i genitori più tranquilli e i ragazzi più sicuri. Il dottor Lavenia prosegue:
È vero che la soglia di impunibilità esiste per tutelare i minori, ma dobbiamo chiederci: cosa accade quando si cresce pensando di poter fare qualsiasi cosa senza conseguenze?
soffermandosi poi sul ruolo dei genitori e sul significato vero dell’educare:
Educare non significa solo “perdonare” in nome dell’età, ma anche insegnare il valore dell’altro, del rispetto per la sua vita e per la sua dignità. La rieducazione non può fermarsi al concetto di impunità; deve far capire ai ragazzi che vivere in società significa assumersi responsabilità, comprendere che ogni azione ha delle ripercussioni sugli altri e su sé stessi. Altrimenti, rischiamo di formare giovani convinti che l’altro sia uno strumento da usare o una barriera da abbattere.
Ma siamo pronti, dal punto di vista del diritto a questo cambiamento? Anche in questo caso il dottor Lavenia afferma:
Il vero cambiamento è culturale: la tutela dei minori non deve mai cancellare la responsabilità di educare al rispetto.
Molti giovani delinquenti sono poi certi della loro impunità perché conoscono la legge e sanno di essere tutelati. Altri invece pensano che “tanto tutto si risolve” oppure “a noi non succede niente”. Ma senza intervenire sul quadro normativo che regola la responsabilità dei minori si corre il rischio di formare giovani che non hanno altra cultura se non quella della prevaricazione. Lo vediamo giorno per giorno con il problema del bullismo, piaga che da anni affligge le scuole. Per una risposta efficace occorre educare, ma anche dare la certezza che chi sbaglia paga. Occorre insegnarlo ai ragazzi fin da piccoli ed è necessario che per la prevenzione, ciascuno faccia la sua parte, famiglie, scuola, magistratura e politica. Giuseppe Lavenia sull’argomento ha le idee chiare:
Educare significa trasmettere il senso del limite. Quando lasciamo che i ragazzi agiscano senza alcuna conseguenza, stiamo costruendo una cultura di arroganza e sopraffazione. Il bullismo non è solo un problema di comportamento: è il risultato di una cultura che ha smesso di educare al rispetto dell’altro, di insegnare che non siamo soli al mondo, che l’altro non è un oggetto da maltrattare o ignorare. Serve una politica che mostri chiaramente cosa significa violare la dignità di un’altra persona, ma serve soprattutto che noi adulti iniziamo a dare l’esempio. La prevenzione non è solo questione di leggi o pene, ma di valori: è responsabilità, è rispetto, è limite. Se i giovani crescono senza comprendere questo, se l’unica cosa che sanno è che tutto si risolve sempre, li priviamo della loro umanità e del loro diritto a crescere come persone consapevoli e rispettose.
Intanto dopo l’omicidio un anno fa di Giovanbattista Cutolo a Napoli, il sottosegretario Andrea Ostellari ha annunciato che grazie ad alcuni emendamenti al decreto Caivano non sarà più possibile, per i delinquenti tra i 14 e i 18 anni, richiedere la messa alla prova per alcuni reati come ad esempio l’omicidio e lo stupro. Un passo avanti, ma non bisogna aspettare la prossima giovane vittima, la prossima vita spezzata, il prossimo minore ammazzato da un altro minore, per poter punire tutti – e non solo chi ha più di 14 anni – coloro che si macchiano di un reato. È un baluardo di civiltà che farebbe stare più tranquille le famiglie e renderebbe più facile l’educazione e la convivenza pacifica dei giovani.
Leggi anche Minori violenti e impuniti. A quando una legge per fermarli?
Ancora nessun commento.