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Intervista a Chiara Vinci: Cortina e Venezia festival dello stesso percorso. il film che più mi rappresenta? Il primo!

Chiara Vinci - Foto Chiara Vinci elaborazione Il Radar
Chiara Vinci - Foto Chiara Vinci elaborazione Il Radar

Colpisce molto la tua preparazione e il fatto che tu abbia avuto 2 percorsi accademici, il primo presso il Centro Sperimentale di Cinematografia e il secondo con la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo. Durante il tuo secondo percorso hai scritto una tesi dal titolo “L’opera prima nel cinema italiano degli anni Sessanta: il caso ‘I pugni in tasca’”. Si tratta di un film di Marco Bellocchio. Questa scelta mi ha profondamente colpito quindi vorrei chiederti il motivo di questa scelta e se quando hai affrontato l’argomento ti sei documentata su delle fonti o hai provato a chiedere direttamente al regista.

Bellissima domanda. Ti ringrazio è una domanda che non mi aveva mai fatto nessuno perché di solito si interessano alla mia vita e mai alla mia tesi di laurea della quale io invece vado molto fiera. Mi sono interessata a questo tema perché il mio primo film è stato appunto un’opera prima di in giovane regista che ha fatto molta fatica a livello produttivo ma soprattutto distributivo. In un corso di cinema ho visto che il professore ci raccontava che il primo film di Marco Bellocchio, quando fu prodotto negli anni Sessanta, ebbe tantissime difficoltà e lo stesso regista lo dovette autoprodurre con una piccola somma di denaro ereditata dal padre. Quindi ho notato che negli anni Sessanta, come oggi, i giovani registi hanno difficoltà ad affermare le loro opere prime soprattutto quando non sono figli d’arti. Quindi ho deciso di fare un parallelo su come di producevano le opere prime negli anni Sessanta e come, invece, lo si fa oggi. Ho scoperto che anche negli anni Sessanta il governo aveva messo a disposizione dei finanziamenti ma, oggi come allora, le difficoltà restano. Mi sono documentata andando a studiare alla biblioteca del centro sperimentale di cinematografia “Luigi Chiarini”. Qui ho trovato un po’ di testi nei quali Marco Bellocchio raccontava questa esperienza. Gli mandai anche una mail per poterlo intervistare ma non siamo riusciti a coordinarci con i tempi perché lui stava girando la serie “Esterno notte” sulla vicenda di Aldo Moro. Per questo motivo sono riuscita a intervistare soltanto il direttore della fotografia Giuseppe Ranci.

Chi era il regista del tuo primo film da protagonista?

Andrea Biglione, figlio di Luca Biglione a sua volta regista. Il film si intitola NEET che è l’acronimo di Not in Education, Employment or Training e indica tutti i giovani dai 18 ai 30 anni che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione. Purtroppo in Europa siamo il paese con il tasso più alto per quanto riguarda questo disagio sociale. Il film era un’opera prima attualmente in giro per i festival. I protagonisti, a causa di una decisione del governo, si ritrovano a partire per la leva militare obbligatoria reintrodotta dall’esecutivo solo per i Neet.

Chiara Vinci con scorci di Roma, Venezia e Cortina. Foto Chiara Vinci elaborazione Il Radar

Parlando di governo e cinema, pensi che sia necessario qualche intervento normativo a sostegno dell’opera prima o bastano gli strumenti che già esistono?

Con la nuova legge cinema, rispetto al passato, esistono vari finanziamenti per le opere prime e le opere seconde. Certo sarebbe meglio prediligere i giovani che realizzano le opere prime perché ci sono anche sessantenni che realizzano la loro opera prima. L’anno scorso, ad esempio, ai David di Donatello l’età media era davvero altissima. Sarebbe bello concedere i benefici per l’opera prima ai registi che non hanno più di 35 anni.

Sei originaria di Marsala e sei andata a vivere a Roma. Hai fatto lo stesso percorso che fanno tante persone del sud per andare a lavorare al nord. Anche una persona a me molto cara, circa venti anni fa ha lasciato una regione del sud ed è andata a vivere a Roma. Nel tuo caso cosa ti ha spinta a lasciare la tua terra e cosa pensi di chi migra in cerca di lavoro e di futuro?

Io sono stata spinta dal fatto di voler intraprendere questa carriera e l’unico modo era studiare e formarmi a Roma. Era l’unico modo per entrare nel Centro Sperimentale di Cinematografia. Forse è giusto fare un’esperienza fuori casa perché ti forma e ti fa crescere più velocemente, ma sicuramente ti dà tanto ma ti toglie tanto. Ho tanti amici che sono andati a studiare fuori ma sono ritornati. Conosco molte persone che stanno tornando al sud. È bello prendere tutto ciò che il nord ti può offrire e investire tutta questa conoscenza a sud per cercare di colmare questo storico divario. Se potessi ritornerei anch’io.

Chiara Vinci – Foto Chiara Vinci elaborazione Il Radar

Hai un quartiere di Roma preferito?

Certo, il mio, il Pigneto. È un piccolo paesello, ci conosciamo tutti e questo è molto bello.

Nel 2014 hai partecipato a Miss Italia. Pensi che la bellezza possa essere sinonimo di felicità e, se si, se la felicità giunge e la si percepisce attraverso gli occhi di chi guarda o di chi, quella bellezza, effettivamente la possiede?

Non penso che la bellezza sia sinonimo di felicità. Assolutamente no. Anche perché la bellezza è negli occhi di chi guarda non di chi la possiede. Tante persone, oggettivamente belle per chi le guarda, non si rendono conto di essere così belle. Nemmeno Sophia Loren riusciva a capire perché tutti le dicessero della sua bellezza, non se ne rendeva conto nemmeno lei. La bellezza vera, in fin dei conti, è quella interiore anche se appare erroneamente un concetto scontato. La bellezza interiore se espressa all’esterno fa risultare una persona ancora più bella.

Ti è mai capitato di subire discriminazioni nel tuo lavoro sia in quanto donna sia in quanto meridionale?

Ad oggi no.

Attualmente ti si vede in Storia di una famiglia per bene ma hai partecipato anche a diverse putate di Don Matteo, diversi corti e film. Quale di queste partecipazioni ti appartiene di più dal punto di vista professionale e che differenza c’è tra cinema e corto e tra Cortina e Venezia.?

Il film che mi appartiene di più è sicuramente il mio battesimo sul set con Daniele Luchetti nel film “Momenti di trascurabile felicità”. Me lo porto nel cuore perché fu il primo film. Lo realizzammo in Sicilia e questa fu un’emozione enorme per me. Tra un film e un corto a livello produttivo non c’è molta differenza. Certo come tempistiche realizzative i corti si fanno quasi sempre in minor tempo. Infine la sceneggiatura è più breve ma i set sono praticamente identici.
Cortina e Venezia, sono due festival diversi. A Cortina ci sono i giovani che attraverso il corto, magari, arrivano a Venezia con i lunghi. Un po’ come da Castrocaro a Sanremo.

Chiara Vinci – Foto Chiara Vinci elaborazione Il Radar

Hai partecipato al progetto School Love. Ti chiedo di dirci di questo progetto e di spiegarci l’importanza dell’educazione sentimentale.

È fondamentale soprattutto per il nostro periodo contemporaneo ma deve essere fatta da professionisti e non da insegnanti ordinari. Penso che il governo potrebbe valutare di inserire delle ore di educazione sentimentale a scuola perché oggi, questa caratteristica viene proprio a mancare. È come se i ragazzi si fossero disabituati a rapportarsi con gli altri. Magari sanno farlo attraverso lo smartphone ma non di persona. Con le mie colleghe attrici Liliana Fiorelli e Federica Pagliaroli abbiamo tenuto questo evento al cinema Troisi a Roma per sensibilizzare il tema.

Hai progetti futuri in cantiere?

Uno di cui non posso ancora parlare, ma come prossima uscita c’è il film Neet di Andrea Biglione che uscirà nelle sale.

Ringraziamo Chiara Vinci per la disponibilità e la cortesia ma anche per la chiarezza e la competenza con la quale ha risposto alle nostre domande mettendo a nostra disposizione e dei nostri lettori la sua preparazione e la descrizione artistica di momenti della sua carriera.

Leggi anche Intervista a Sara Croce: Maurizio Costanzo mi ha dato consigli che non scorderò. La felicità? È fatta di relazioni autentiche non di bellezza estetica

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