Cosa sono le Banche? E perché alcune sono centrali? Cerchiamo di spiegarlo semplicemente e con poche parole.
Oggigiorno il concetto di “banca” potrebbe apparire astratto agli occhi della Generazione Z grazie alla smaterializzazione dei processi di gestione del credito e alla digitalizzazione delle attività creditizie. È intatti possibile aprire un conto bancario online in pochi minuti, anche utilizzando banche straniere, senza particolari problemi e, spesso, con la presenza di poche e semplici app sul proprio smartphone. Molti parlano delle banche definendole ancora una “espressione dei poteri forti”, specialmente in momenti di ispirato complottismo. Ma per secoli le banche sono state fondamentali nello sviluppo delle economie locali, nazionali ed internazionali.
Le funzioni delle banche
Tecnicamente una “banca” può essere definita come “istituto di credito” in quanto essa è un istituto che può essere di natura pubblica o privata, avente:
I) la funzione di raccolta del “risparmio” tra il pubblico
II) di esercizio del “credito” – la vera e propria attività bancaria – verso i propri clienti, siano essi imprese e privati cittadini.
Le attività di base sono rimaste sostanzialmente invariate nell’arco dei millenni eppure oggi le banche svolgono prevalentemente un’attività di intermediazione finanziaria.
Banche, dall’antichità all’epoca moderna
Le forme più antiche di attività bancaria risalgono a civiltà come quella babilonese, dove i templi e le case private fungevano da primi centri di deposito e prestito. In Mesopotamia, circa 2000 anni prima di Cristo, le persone depositavano grano o metalli preziosi in templi o palazzi, che fungevano da enti protettivi e di fiducia. Anche in Grecia e Roma esistevano istituzioni simili: i banchieri greci (trapeziti) e i romani (argentarii) svolgevano attività di cambio valuta e prestito, sebbene il sistema fosse piuttosto rudimentale rispetto alle banche moderne. Le banche moderne iniziano a formarsi nel tardo Medioevo, quando le esigenze del commercio e del credito cominciarono a crescere nelle città europee. Tra il XII e il XIII secolo, ed ancor più nel Rinascimento, in città come Firenze, Venezia e Genova, nascono le prime attività bancarie organizzate, in cui le famiglie di mercanti e finanzieri, come i Medici a Firenze, erano protagoniste delle prime operazioni bancarie strutturate, che includevano depositi, prestiti e trasferimenti di fondi tra regioni diverse. Fu allora che iniziò a nascere la prima sostanziale divisione tra le banche commerciali e le banche centrali.
Banche Centrali e Banche Commerciali
Ancora oggi, le banche commerciali si occupano di servizi per i privati e le aziende, mentre le Banche Centrali gestiscono la moneta e la stabilità economica di un paese o di una regione attraverso la gestione della politica monetaria di un Paese o di una o più aree economiche che condividono la medesima moneta come forma di pagamento. L’attività delle banche commerciali è dipesa delle attività delle banche centrali, senza le quali non sarebbe possibile l’emissione di valuta e la determinazione del valore corrispondente. Generalmente, la nascita di una Banca Centrale è la conseguenza dalle esigenze di Stati ed Enti governativi di un paese di finanziare le proprie attività, specialmente quelle in deficit non coperte da imposizione fiscale, mediante l’emissione di titoli per dedicarsi successivamente all’emissione e alla gestione di moneta. Questo sistema di credito e scambio è sempre stato fondamentale per il commercio internazionale, che stava crescendo rapidamente in Europa.
Le prima banche e i banchieri
La Banca di San Giorgio a Genova, fondata nel 1407, è considerata una delle prime banche pubbliche moderne. Era gestita da un’istituzione statale e aveva il compito di amministrare il debito pubblico della città. Anche la Banca dei Medici a Firenze fu tra le più potenti banche dell’epoca, grazie alla sua rete di filiali internazionali e alla sua influenza politica. Dalla loro nascita nel XVII secolo fino alla loro influenza dominante nei mercati finanziari moderni, le banche centrali hanno svolto un ruolo cruciale nel plasmare le economie nazionali e globali. La Bank of England fondata nel 1694 è universalmente considerata la prima vera banca centrale secondo questa accezione in quanto fu la prima banca ad emettere banconote in modo costante per finanziare il debito pubblico ante littaram. Questa esigenza emerse per far fronte alla carenza di metalli per il conio di monete. Ma le banche centrali hanno attraversato un lungo processo di evoluzione, sviluppando progressivamente il loro ruolo e le loro funzioni per adattarsi ai cambiamenti economici e sociali. Con l’aprirsi di nuove rotte commerciali e l’espansione di quelle esistenti, il ruolo delle banche commerciali e di quelle centrali fu quello di supportare lo sviluppo dei primi strumenti finanziari moderni per facilitare il commercio internazionale, come le lettere di cambio, che permettevano ai mercanti di evitare il trasporto fisico di grandi quantità di moneta.
La moneta e l’oro: il Gold Standard
In epoche più recenti, a partire dal XIX secolo, durante la prima Ondata di Globalizzazione vide l’affermarsi del Gold Standard, il sistema monetario basato sull’oro, in cui le banche centrali acquisirono un nuovo compito: la gestione delle riserve auree e la stabilizzazione del valore della valuta. Il Gold Standard prevedeva infatti che le valute nazionali fossero convertibili in oro a un tasso fisso, e le banche centrali dovevano garantire che le riserve auree fossero sufficienti a coprire la quantità di moneta in circolazione.
Questo sistema aveva l’obiettivo di fornire stabilità e fiducia nei sistemi monetari nazionali. Tuttavia, legare la moneta a una risorsa limitata come l’oro limitava la capacità delle banche centrali di rispondere rapidamente a crisi economiche. Di conseguenza, quando si verificavano shock esterni o crisi bancarie, le economie potevano entrare in periodi di recessione prolungata, poiché la flessibilità monetaria era estremamente ridotta.
Fu poi durante la Grande Depressione degli anni ‘30 del XX secolo che le banche centrali delle Potenze dell’epoca furono messe in crisi dalla situazione internazionale dovuta agli effetti della gestione debitoria globale dovuta alla Grande Guerra. L’abbandono del Gold Standard negli anni ‘30 e il passaggio a sistemi di cambi flessibili diedero alle banche centrali maggiore autonomia nella gestione della politica monetaria.
Da Bretton Woods alla liquefazione del Pil
A seguito degli eventi bellici del Secondo conflitto mondiale, il Gold Standard mostrò i suoi limiti dovuti alla delicatissima politica internazionale, si giunse agli accordi di Bretton Woods nel 1944. Fu qui che si decise che il sistema di cambio internazionale sarebbe dovuto essere ancorato al dollaro statunitense così come era palese che si dovessero attuare globalmente politiche monetarie più flessibili ma pur sempre ancorate all’oro: nacque il Gold Exchange Standard. Questi accordi stabilirono un nuovo sistema di cambi fissi basato sul dollaro statunitense, che era ancorato all’oro, mentre le altre valute erano ancorate al dollaro. Questo sistema rimase solido per circa tre decenni. Il suo fisiologico collasso portò all’adozione di regimi di cambi flessibili, che permisero alle banche centrali di avere un maggiore controllo sulla politica monetaria. Le banche centrali vennero chiamate all’azione per riuscire a debellare fenomeni economici ma visti prima di allora: la spirale inflazionistica portò alla richiesta di stabilizzare i prezzi sugli scenari nazionali ed internazionali. Durante gli anni ‘70 e ’80 del XX secolo, molte economie occidentali affrontarono crisi inflazionistiche dovute a shock petroliferi e a politiche monetarie espansive. Questo portò a una ridefinizione delle priorità delle banche centrali, con un’enfasi crescente sulla necessità di mantenere la stabilità dei prezzi come obiettivo primario.
Il Neoliberismo e l’indipendenze delle Banche Centrali dai Governi nazionali
In realtà, in questi anni si fece largo un nuovo filone del Liberismo economico occidentale, incentrato sul debito e sulla cartolarizzazione finanziaria, nello scenario dei così detti “Ruggenti Anni Ottanta” e (almeno in Italia) della «Milano da bere» ma con una visione di gestione ed erogazione di crediti di breve termine e del debito di medio-lungo periodo (ripresa poi negli anni più recenti delle crisi finanziarie del 2008). Negli anni ‘80 e ‘90, nel pieno del Reaganismo e del Tatcherismo, si affermò il concetto di indipendenza delle banche centrali. L’idea era che, per garantire una gestione efficace della politica monetaria, le banche centrali dovessero operare in modo indipendente dai governi. Questo avrebbe permesso loro di prendere decisioni a lungo termine senza la pressione delle esigenze politiche di breve termine. Nell’Unione Europea nel 1998 viene istituita la Banca Centrale Europea (BCE), indipendente per antonomasia. Il suo mandato principale è quello di mantenere la stabilità dei prezzi all’interno della zona euro, e la sua indipendenza è stata considerata fondamentale per il successo dell’unione monetaria europea. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha continuato a godere di un alto grado di indipendenza, soprattutto dopo le riforme degli anni ‘80 sotto la guida di Paul Volcker, che mise fine all’inflazione alta attraverso politiche monetarie restrittive.
Le politiche monetarie e le nuove sfide delle Banche Centrali
L’indipendenza però non ha protetto le banche centrali dall’interconnessione della globalizzazione, durante la crisi finanziaria del 2008. Per rispondere alla crisi, non potendo più stampare moneta per finanziare il proprio debito, molte banche centrali hanno adottato politiche monetarie non convenzionali, come il “quantitative easing (QE)”, che consiste nell’acquisto massiccio di titoli di Stato e altre attività finanziarie per immettere liquidità nei mercati e stimolare l’economia. Il quantitative easing è diventato una delle principali leve delle banche centrali per combattere la recessione e favorire la ripresa economica. Tuttavia, queste politiche hanno sollevato dibattiti sulla loro efficacia a lungo termine e sui rischi associati, come l’aumento del debito pubblico e la potenziale formazione di bolle speculative nei mercati finanziari.
Crisi, Pandemia e Criptovalute
Le banche centrali si trovano oggi ad affrontare nuove sfide. Dopo anni di bassa inflazione, l’economia globale sta sperimentando un aumento dell’inflazione, alimentato da fattori come la ripresa post-pandemica e le tensioni geopolitiche planetarie. Le banche centrali devono bilanciare il controllo dell’inflazione con la necessità di sostenere la crescita economica con le problematiche del XXI secolo (come il cambiamento climatico).
Inoltre, l’emergere nell’ultima decade delle criptovalute e della tecnologia blockchain pone nuove domande sul ruolo delle banche centrali nella regolamentazione e nel controllo del sistema monetario. Alcune banche centrali stanno già esplorando l’idea di valute digitali emesse dalla banca centrale (CBDC) per rispondere a queste sfide e mantenere il controllo sui flussi monetari. Le banche centrali sono state istituzioni chiave nello sviluppo economico mondiale, e il loro ruolo è cambiato significativamente nel corso dei secoli ma continua a rimanere immutato. Dalla gestione del debito pubblico e delle riserve auree, fino all’adozione di politiche monetarie non convenzionali, le banche centrali hanno continuamente adattato i loro strumenti per rispondere alle esigenze economiche del tempo. Oggi, affrontano sfide complesse il loro ruolo continuerà a evolversi per garantire la stabilità economica in un mondo sempre più interconnesso e dinamico.
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