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È davvero possibile un reddito di base incondizionato, RBI?

Il Manifesto di Red sul RBI
Il Manifesto di Red sul RBI

Il reddito di base incondizionato è una realtà attuabile in Italia? Abbiamo cercato di rispondere a questa domande seguendo l’evento alla camera dei Deputati il 20 settembre alle 11:30 insieme a i promotori del progetto e fondatori dell’associazione RED, Michele Gianella e Mariella Vitale. Abbiamo parlato di una nostra perplessità con alcuni dei protagonisti.

Tra gli interventi quello dei deputati del Movimento 5 Stelle gli onorevoli Antonio Ferrara e Carotenuto e le esposizioni, tra gli altri, di Sandro Gobetti, Michele Gianella, Mariella Vitale e Alessandra Bianchi. A moderare la discussione il giornalista Antonio Averaimo.

Il Manifesto dell’associazione RED

La vicepresidente di Red ha presentato in dettaglio l’iniziativa spiegando anche come sia possibile realizzarla, dal punto di vista della codifica normativa, attraverso gli ICE. Gli fa eco Michele Gianella che ha illustrato in dettaglio il meccanismo attraverso il quale è possibile presentare una ICE e trasformarla in uno strumento giuridico-normativo codificato dall’Unione Europea e dai singoli stati. Infine si è messa in evidenza l’importanza degli istituti di democrazia diretta e partecipativa

Il Radar ha seguito l’iniziativa che si propone di contrastare la povertà assoluta e relativa in Italia e in tutti gli Stati membri dell’Ue che dovessero adottare la misura. Nel suo intervento, la vicepresidente Mariella Vitale ha messo in guardia anche su come sia possibile che il sistema contributivo, già in crisi, possa andare in default nei prossimi decenni in assenza di interventi strutturali seppur adottati gradualmente. Sandro Gobetti e Alessandra Bianchi hanno invece illustrato esempi di esperimenti di reddito di base incondizionato quali ad esempio quelli svoltisi in Namibia ma anche in numerosi comuni degli Stati Uniti e del Regno Unito.

Come realizzare il RBI, Reddito di Base Incondizionato secondo RED

Per quanto ci piaccia l’iniziativa e abbiamo avuto una perfetta conoscenza del manifesto di RED, abbiamo comunque sollevato qualche perplessità a proposito della proposta e delle modalità di realizzazione ipotizzate nello stesso manfesto dell’associazione. Tra le altre cose vi è un chiaro invito allo Stato a attuare alcuni punti:

  • Aumentare la qualità e la quantità dei servizi pubblici, in particolare dei trasporti
  • Mantenere le scuole aperte per più mesi durante l’anno seppur non estendendo le lezioni a tutto il periodo di apertura
  • Ridurre l’orario lavorativo e la durata della settimana lavorativa attuando quando previsto dell’articolo 36 della Costituzione
  • Finanziare il Reddito di Base Incondizionato attraverso la lotta a vari sprechi, tra i quali la riduzione di sgravi alle imprese che attualmente realizzano il trickle-down che ha già dimostrato di non avvantaggiare le classi sociali alla base della piramide

Il fallimento neoliberista del Trickle-down

Il Trickle-down è la cosiddetta caratteristica del gocciolamento. Si era ipotizzato, soprattutto negli anni Ottanta con l’avvento del neoliberismo in America e in Europa, che arricchendo le classi all’apice della piramide, cioè quelle più ricche, automaticamente, con il passare di un certo tempo, si sarebbero arricchite anche le classi alla base della piramide, cioè quelle con un potere economico ridotto. Purtroppo si è dimostrato che le classi al vertice trattengono per sé questo scivolamento verso il basso.

Rbi: le perplessità sul progetto

La proposta di Red di ridurre o eliminare gli sgravi alle imprese ha suscitato perplessità in quanto formulata in un sistema di fatto capitalista neoliberista all’interno del quale il centro di movimento della ricchezza e della fiscalità è rappresentato dalle aziende private che assumono lavoratori con il conseguente rischio che le imprese private degli sgravo fiscali si possano rifare sui lavoratori, magari con tagli all’occupazione e aumentando così i costi degli ammortizzatori sociali. A tal proposito però la vicepresidente Vitale dichiara:

Il ragionamento è questo: le imprese devono dare il lavoro effettivamente utile alla società e alla produzione. La Costituzione parla chiaro “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Quindi in punta di Costituzione non si possono tenere in piedi con incentivi dei posti di lavoro che non siano utili. Se sono utili non hanno bisogno di incentivi e in un regime neoliberista è giusto che le imprese facciano il loro mestiere coi loro soldi. I soldi dei contribuenti devono essere impiegati per offrire i servizi che uno Stato efficiente e moderno DEVE erogare: sanità, istruzione, infrastrutture e reddito ai non abbienti. Quest’ultimo costituisce una fonte di domanda aggregata che torna utile alle imprese. Alla fine, i soldi che tagli dalla porta alle imprese, sotto forma di incentivi, ritornano dalla finestra, sotto forma di domanda aggregata.

C’è quindi soltanto da attendere affinché il dibattito politico nazionale e comunitario diventi sufficientemente maturo per discutere di questa proposta.

Leggi anche Introdurre il Reddito di Base in Italia: RED presenta il proprio Manifesto

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