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Parlando di psichiatria, cervello e mente con il professor Antonino Tamburello

Il professor Antonino Tamburello
Il professor Antonino Tamburello

Abbiamo intervistato il professor Antonino Tamburello, fondatore dell’istituto Skinner, psichiatra, psicoterapeuta e personalità attiva sui social. Con lui abbiamo parlato della salute della mente e del cervello e di come la ricerca aiuta e può aiutare il cervello a restare in salute anche in età avanzata.

Nelle sue dirette parla spesso della passione generata dalla disciplina della nostra volontà. Attraverso la passione per il suo lavoro, lei riesce a smuovere chi la ascolta a fare quello che senza il suo aiuto, forse non riuscirebbe a fare. In che modo noi possiamo smuovere chi abbiamo difronte, senza commettere l’errore di avere l’effetto contrario?

Nessuno mi aveva mai posto una domanda del genere che è molto tecnica e particolare. È vero che una buona parte della mia influenza, della mia incisività e della capacità di portare aiuto viene prodotta perché io conosco, usando un’analogia, il “linguaggio di programmazione” del cervello. Il computer lavora solo con il codice binario con una successione di zero e di uno. Gli informatici hanno inventato il linguaggio assembly e poi i linguaggi di programmazione. Questo è per dire che, per dialogare bene, occorre conoscere il linguaggio macchina del cervello, per entrare nel substrato della vita mentale. Avendo una buona conoscenza della procedura interna, naturale, del cervello riesco in qualche modo, a far sì che le persone quando mi ascoltino si approprino, temporaneamente, di questo modo di rivolgersi a sé stessi e di influenzare la loro esperienza producendo degli effetti. In un certo senso è come se io guidassi la sequenza con le mie parole e loro, che sono recettivi, si approprino della capacità di guidare sé stessi. In alternativa si può usare una forza suggestiva, ma io preferisco le vie naturali e legittime, senza pressioni e influenze che ricorrano alla forza.

Complimenti per il paragone con i computer.

Direi che gli informatici hanno immaginato un modo di elaborare le informazioni, con l’hardware e i linguaggi di programmazione raggiungendo, in entrambi i casi, una qualità davvero eccellente. Il cervello umano è un hardware che per ora è ineguagliabile. Può scegliere, istante per istante, una sola soluzione, una sola alternativa tra 100 milioni di miliardi di alternative. Il cervello riesce a esprimere questa potenza se è nel rispetto del suo “manuale d’uso”. Deve avere un grado di libertà molto elevato perché se ci fosse una pressione che influenza l’elaborazione, cioè un interesse prioritario, che in teoria dovrebbe essere solo naturale, può fare bene, ma la nostra società non conosce in profondità la natura umana è spesso va in contrasto con le inclinazioni naturali impedendo a noi stessi e al nostro cervello di esprimere il meglio.

Lei ha detto che vorrebbe creare un istituto nel quale la medicina e la psicologia possano lavorare insieme. In che modo potrebbe avvenire?

Potrà avvenire quando la psicologia si metterà all’altezza della medicina. La medicina ha potuto avvalersi dei contributi della matematica, della fisica, della microbiologia e della biologia. Inoltre è supportata dall’industria. La psicologia è indietro perché ha dovuto saltare delle tappe e l’ha fatto male. Il dialogo tra la medicina e la psicologia attualmente è come un dialogo tra sordi e ciechi perché la psicologia è rimasta un po’ scollata ma potrebbe sempre riorganizzarsi con altrettanti contributi. Faccio un esempio. Il concetto di “interesse proprietario” non esiste nella psicologia. Immaginate i magazzini di Amazon, c’è una predisposizione per certi generi in modo da fare sì che alcuni prodotti possono essere più vicini ai sistemi di impacchettamento e di spedizione questo perché la priorità è stabilita dall’esperienza. Il cervello pressappoco lavora allo stesso modo. Occorre aumentare le ricerche in tal senso, sulla scienza del comportamento e sulle scienze cognitive.

Recentemente, a marzo 2024, in occasione della settimana mondiale del cervello, la Società Italiana di Neurologia – SIN, ha organizzato l’evento “One Brain, One Health”. La Strategia Italiana per la Salute del Cervello 2024-2031. Obiettivo che si pone è quello di implementare in Italia il Piano Globale di Azione per l’epilessia e le altre malattie neurologiche dell’OMS ribadendo l’importanza di adottare soluzioni per valorizzare, promuovere e proteggere il cervello lungo l’intero arco della vita. Ecco secondo lei, come crede sia possibile aiutare il nostro cervello ad adottare uno stile di vita sano, considerati i fattori esterni?

Posso aiutare il cervello se creo condizioni che non siano ostative, ostili e nocive per il suo funzionamento. Pensi allo stile di vita che riguarda l’alimentazione, il digiuno intermittente, la quantità di sostanze vegetali, di carboidrati e il riposo. Si può proteggere il cervello esponendolo a meno traumi e a meno carichi genericamente tossici. La tossicità proviene da uno stress sporco, perché c’è anche lo stress sano che al cervello non può che piacere. Lui è pronto a lanciarsi a dare il meglio di sé come un falco pellegrino che riesce a catturare i pesci sott’acqua. È anche pronto a chiederci di fare una pausa ovviamente senza imporcelo. Ci sono varie azioni che il cervello compie per proteggersi. Il conflitto che si instaura tra noi e il nostro cervello è un conflitto che non può avere un vincitore né un vinto. Epilessia, lipotimia, depressione e in qualche modo anche il coma sono dei segnali che il cervello ci dà per cercare di stabilire un ordine a eccezione di quando questi disturbi proseguono nel tempo.

L’amore come strumento per apportare benessere alla psiche, mi ricorda il mito di amore e psiche, dove Diotina spiega a Socrate gli stadi dell’amore

Il mito non lo ricordavo, ma sono contenuti perfetti, di altissima ispirazione, profondamente veri.

Nel Fedro, Platone racconta l’anima umana tramite l’allegoria della biga alata, affermando che l’anima è una coppia di cavalli alati guidati da un auriga che ha lo scopo di condurla verso il mondo iperuriano. Abbiamo la parte razionale rappresentata dal cavallo bianco e la parte irrazionale quindi degli aspetti negativi rappresentata dal cavallo nero. Solo l’anima che ha visto più a lungo l’iperuriano domando meglio il suo cavallo si incarnerà in un uomo dedito all’amore e alla sapienza. Come possiamo trovare un equilibrio tra la parte irrazionale e razionale?

La parte irrazionale non esiste perché la parte biologica, istintiva ha una profonda razionalità. Pensi al falco di cui avevamo parlato prima, pesca in profondità a diversi metri, questo è istinto, vita biologica. Non vedo dove ci sia la parte irrazionale ciò che sembra irrazionale ma non so se a Platone sosteneva che il corpo era una prigione per l’anima. Questo non è vero, il corpo è una miscela di potenza ed energia vitale per l’anima. Non c’è nulla di così elevato e di altrettanto applicabile come la razionalità necessaria a far funzionare, in maniera ottimale, una potenza lavorativa come quella del cervello.

Si parla tanto di sbalzi d’umore, quali sono, se esistono i campanelli di allarme?

Gli sbalzi d’umore ci saranno e saranno bruschi per ragioni anche elementari e sane. Lo sbalzo d’umore è sano. Il cambiamento di umore serve a indicare luci e ombre, lacune e aree di forza e di pienezza, ma se lo guardiamo con una mentalità solo di carattere diagnostico la patologia è fisiologica cioè serve a segnalare e proteggere. Tutte le patologie sono convenienti all’uomo ma l’uomo non le deve trattare male, non deve solo sopprimerle, ridurle al silenzio, cancellarle e raderle al suolo. In un mio filmano parlo di quello stato in cui non si prova più nulla, nel quale non c’è nemmeno più la curiosità e si chiama anedonia. Pochi sanno che l’anedonia è un’esperienza che scoraggia la nascita del senso dell’interesse, del valore, scoraggia l’iniziativa ad agire con uno scopo superiore che è quello di restaurare l’omeostasi cioè l’equilibrio ottimale dell’organismo.

Oggi viviamo in un momento storico nel quale essere genitore è diventato complicato, colpa anche del fatto che viviamo in un mondo caotico e veloce. Come possiamo rallentare e come possiamo insegnare ai nostri figli a fare un uso corretto del tempo.

L’uso corretto del tempo è possibile se si ha presente il rapporto tra comportamento, pensiero, corpo e cervello. Se mettiamo tutto questo esclusivamente al servizio della performance, che deve essere sempre in crescita, allora non facciamo un bene per il cervello. L’uso corretto del tempo, invece, potrebbe essere tutt’altro. Se sapessimo utilizzare bene il tempo non ci sarebbero più patologie perché c’è il tempo della notte, del riposo, del ristoro. Sapete quanto dura il mio pranzo? Dura 2 ore perché, dopo un denso impegno mattutino, con il massimo dell’energia devo poi trovare un momento per l’amicizia, per Il ristoro, attraverso l’alimento, le bevande e il riposo. Aristotele è stato un maestro nell’insegnare lo studio delle cause, l’eziologia. Le quattro cause aristoteliche hanno ancora un interesse enorme. La causa finale spinge la nostra azione. Se una causa è davvero buona, se un fine è davvero buono andremo a investire le risorse sia chimico biologiche sia mentali e spirituali.

Cosa pensa del tempo dedicato allo smartphone?

Se la gente passa molte ore sui social e sul web è perché li trova più interessanti della realtà che li circonda. Ci sono persone adulte che passano ore, per ragioni professionali, sul web, poi ci sono ragazzi che passano ore perché si ritraggono troppo dall’interazione sociale. Ma l’interazione sociale è selvaggia e tossica, a schemi peggiorativi rispetto a quelli del passato. Ad esempio gli uomini di Neanderthal, erano organizzati in gruppi di 25-30 persone, uniti dalla necessità di sopravvivere. Sono stati capaci di sopravvivere all’epoca glaciale. Avevano un’interazione sociale nella quale nessuno era indebolito umiliato o offeso, al contrario tutti avevano uno scopo e una utilità. Dovremo ritrovare queste caratteristiche anche oggi.

Dopo l’ondata di femminicidi dell’anno scorso si fa un abuso del termine “narcisista” o “narcisista patologico”. Spesso basta che non ci piaccia un corteggiatore o una corteggiatrice e lo additiamo con questi termini con un meccanismo sommario che, se fosse usato parimenti nel diritto, saremmo in pieno regime dittatoriale. Le posso chiedere come è possibile evitare che persone senza la minima competenza si avventurino in diagnosi così impegnative e che dovrebbero essere appannaggio esclusivo dei professionisti?

Bellissima domanda. È profondamente vero e dimostra che lei è stato toccato da uno stile che è largamente diffuso nella società che è quello dell’etichettamento. Non ci sono solo i cosiddetti narcisisti a sfruttare il prossimo, c’è anche il melanconico manipolativo lamentoso, che fa meno impressione perché sembra la vittima, ma anche quella è una forma di adattamento, di sottomissione e di controllo delle persone con le quali intrattiene dei rapporti. Forse chi etichetta impropriamente gli altri come narcisisti vuole manipolarli. Io non sono d’accordo con le ‘etichette. Potreste guardare il mio filmato sul narcisismo nel quale ho parlato anche delle qualità dello stile narcisistico che da una grande dotazione perché il narcisista intuisce la sua qualità, la sua potenza. Il difetto che ha è che è pronto a usare questa potenza per sottomettere, per trarre giovamento a scapito di altri. C’è comunque un abuso dell’utilizzo di questi termini, come c’è abuso nell’uso delle etichette diagnostiche. Sembra che siano tutti malati, tutti hanno imparato a definirsi attraverso il nome della malattia, ad esempio io sono un bipolare, io sono un doc, disturbo ossessivo compulsivo. Questo non va bene. Dobbiamo lavorare solo sul terreno dei processi naturali che essendo stati influenzati e deformati portano a una deriva, che descrive effettivamente dei fenomeni che esistono e che alcuni hanno imparato a chiudere come forme solo di patologia precludendo possibilità di recupero. 

Ringraziamo il professor Antonino Tamburello per l’intervista, per la sua gentilezza e disponibilità.

Leggi anche Parlando di colazione e alimentazione con il professor Luca Piretta

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