La redazione del Radar prosegue nei suoi approfondimenti. Questa settimana abbiamo intervistato Giovanna Giolitti, pronipote di uno dei massimi protagonisti indiscussi della stagione politica post unitaria, Giovanni Giolitti. L’avvocato Giolitti è attualmente candidata alle elezioni europee nella lista di Fratelli d’Italia. Di seguito la nostra intervista
Nonostante il suo sia un cognome estremamente significativo in politica, vorrei che ci raccontasse la sua esperienza personale, per quale motivo si è avvicinata alla politica e come mai proprio nel partito di Fratelli d’Italia?
Vivo la politica fin dalla mia infanzia, ho avuto la fortuna di incontrare personaggi politici come Spadolini, Golia, Zanone, Andreotti. Avere la possibilità di leggere i carteggi, i discorsi preparati dal mio bisnonno, le lettere e i telegrammi tra lo stesso e i politici dell’epoca ha fatto sì che in me ci sia sempre stato un forte interesse. Non si può prescindere dalla politica, fa parte del quotidiano, impatta sulla nostra vita, per questo faccio fatica ad accettare di sentire chi si allontana da essa senza prendere una posizione, poiché lo vivo come un’abdicazione al proprio essere, una passività dannosa. Fratelli d’Italia, il partito che ha presentato la mia candidatura, mi permette di esprimere il mio lato liberale moderato di destra, mi accomuna il forte senso delle istituzioni, il valore di far parte di una comunità, la consapevolezza del valore di Noi Italiani e la condivisione dei precetti cattolici che fanno parte della nostra tradizione.
Come candidata e probabilmente futura europarlamentare, pensa che sia possibile “convincere” l’Europa a rivedere il modo in cui impartisce le sue direttive e approva i suoi regolamenti? Non pensa che occorrerebbe modificare la Costituzione quando parla di obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea?
Io credo che l’Europa debba migliorare soprattutto sotto l’aspetto normativo. È il grande problema: in questa campagna elettorale ho stretto contatto con le persone, mi sono resa conto che ciò che si percepisce dell’Europa è la sua farraginosità. La parola d’ordine ora è semplificazione. Occorre ragionare in questi termini: normative più semplici, lineari che non siano suscettibili di interpretazioni ambigue, a volte incomprensibili. Inoltre il sentire comune si scontra con la concreta difficoltà a comprendere e ad accedere ai bandi per l’erogazione dei fondi europei. In sintesi occorre un’Europa meno ideologica e maggiormente rispecchiante le necessità dei cittadini.
Sì, credo che si possa portare un cambiamento significativo, ma occorre ragionare sul lungo termine affrontando le problematiche passo dopo passo. Non vi è necessità di modificare la costituzione poiché l’Italia secondo l’articolo 117della Costituzione introduce il vincolo costituzionale rivolto al legislatore statale e regionale del rispetto degli obblighi internazionali.
Alcuni dei punti del suo programma vertono sulla valorizzazione e tutela del made in Italy, sulla tutela dell’agricoltura e delle piccole e medie imprese nonché sullo sviluppo sostenibile. Ci può raccontare come pensa sarebbe possibile realizzare, a livello europeo ma anche nazionale, uno sviluppo che non leda gli interessi di alcuno stakeholder?
Il tutto ruota sulle modalità di risoluzione dei problemi e, a mio modo di vedere, il cercare una concertazione con le varie parti interessate è il fulcro al fine di veder convergere le proposte, in modo da puntare su obiettivi comuni e non in contrapposizione. Molto spesso la prospezione delle problematiche solo apparentemente può sembrare altamente divisiva, ma con un approccio atto a voler risolvere il problema chiedendo alle parti interessate di aiutare i politici nelle scelte pratiche non può che esserci un esito proficuo. In effetti, molto spesso i politici perdono il contatto con la concretezza e sapersi rivolgere con umiltà agli addetti ai lavori non può che essere foriero di soluzioni efficienti ed efficaci.
Pensa che questa tornata elettorale sarà sufficiente per modificare gli assetti del Parlamento europeo in modo che questo sostenga una commissione meno rigorosa che dia vita a politiche che pur nel rispetto dello spirito comunitario, tengano conto delle necessità del territorio?
Occorre ragionare sul lungo periodo, non bisogna porre paletti o creare false illusioni ma bisogna iniziare a invertire l’ordine di tendenza. Il lavoro da fare è tanto, pensare che vi sia un cambiamento radicale in breve tempo è un’utopia. Però occorre iniziare risolvendo, man mano, le problematiche e dando approcci nuovi.
Vorrei chiederle che effetto le fa essere omonima del suo bisnonno e se questa omonimia, o il suo cognome hanno mai suscitato curiosità o qualche pregiudizio da parte di chi ne veniva a conoscenza.
Per me è del tutto naturale portare questo nome. Nella mia famiglia i nomi si sono ripetuti nel tempo, mio padre a sua volta era Giovanni Giolitti. Alla fine è una questione di affetti e tradizione. Io ho compiuto la scelta di spezzare la tradizione dei nomi di famiglia però ho provveduto, nel 2014 anno di nascita di mia figlia Carlotta, a formulare istanza al prefetto per l’aggiunta del cognome materno. Sicuramente il mio nome ha suscitato, e suscita ancora, curiosità e anche pregiudizio. Il leitmotiv è il pensiero di una vita in discesa e patinata, in linea di massima ricevo sia lusinghe per l’apprezzamento del periodo storico che ha visto il mio bisnonno protagonista, sia le negatività di chi, invece, esprime un giudizio aspramente critico, ma credo sia del tutto normale.
Dal punto di vista storico-politico l’Italia post-unitaria passa da 5 grandi nomi, Cavour, Giolitti, De Gasperi, Moro e Andreotti. Per longevità politica si potrebbe aggiungere anche Silvio Berlusconi. Vorrei un suo parere sull’evoluzione politica del Paese e, se in qualche modo, a suo giudizio, questi statisti avrebbero potuto fare meglio o più di quanto è stato possibile fare. Mi riferisco, tra le altre, anche a tematiche complesse come la questione meridionale, il finanziamento della cassa per il mezzogiorno e la tutela della produzione agricola meridionale e dell’industria settentrionale.
Si è passati dalla forma di governo monarchica a quella repubblicana, effettuare comparazioni di statisti in forme di governo così diverse è piuttosto difficile. Io credo che ognuno abbia dato un contributo all’evoluzione del paese, non mi sento di apportare critiche che sarebbero frutto di valutazioni squisitamente personali e non di disamina di archivi o documenti storici. L’impatto storico-preunitario ha fatto sì che vi fosse una grande differenziazione tra nord e sud Italia, che poi, col tempo, non è stato sanato vuoi anche per l’immigrazione dal sud al nord per l’industrializzazione. All’epoca del mio bisnonno posso dire che fu avveniristico il sorgere del Polo siderurgico a Bagnoli di Napoli, la bonifica del tavoliere delle puglie e la costruzione dell’Acquedotto pugliese.
In effetti, il problema è la mentalità. Occorre uno stato meno assistenzialista che si fa promotore di iniziative che facciano assumere un ruolo attivo alle persone, potenziando i punti a favore delle regioni meridionali, migliorando sicuramente le infrastrutture e favorendo il turismo. Occorre puntare sui punti di forza e implementare le possibilità di lavoro andando a migliorare in ambito agricolo, dagli allevamenti alla produzione dei vini, dall’enogastronomia alla cultura.
Nonostante il voto di fiducia al primo governo Mussolini il suo bisnonno fu un oppositore del fascismo. Suo zio Antonio è invece stato un esponente parlamentare del PCI e del PSI. Posso chiederle che effetto le fa ascoltare quei detrattori del suo bisnonno che lo accusano di aver sostenuto Mussolini, nonostante lui abbia chiarito la sua posizione già nei discorsi parlamentari dell’epoca?
Mi piacerebbe che vi fosse un approfondimento sulla base dei documenti. Vi è tutto un carteggio pubblicato che rispecchia in modo oggettivo ciò che è stato vissuto dal mio bisnonno. Io non credo vi sia mai stata altra persona così preparata, scrupolosa, competente e capace nelle relazioni diplomatiche come il mio bisnonno. Posso comprendere che non possa piacere a tutti indistintamente ma è un giudizio di pelle, diverso da reali dati di fatto. Ovviamente mi irrito nel sentire giudizi superficiali che non condivido principalmente perché si sta parlando di persone cui sono legata affettivamente e che difendo giocoforza.
Infine, se lei in famiglia ne è stata messa al corrente, vorrei che provasse a raccontarci qualcosa del suo bisnonno, ad esempio come si comportava con i figli, con la moglie, quale era il suo piatto preferito e se aveva qualche hobby in particolare. Sarebbe bello, da questo punto di vista, per una volta, descrivere l’uomo che c’è dietro allo statista.
Deve pensare che mio padre nacque nel 1918, per cui ebbe modo di conoscere il bisnonno e frequentarlo assiduamente. Mio padre viveva infatti in via Farini e il bisnonno in via Cavour a Roma erano dirimpettai su un lato. Il bisnonno era un uomo affettuoso, teneva moltissimo alla sua famiglia forse perché orfano di padre fin dalla tenera età, circostanza per cui volle per sé stesso una famiglia numerosa. Era solito chiamare la nonna Rosa a sua moglie Ginotta e le scriveva una lettera ogni giorno quando erano distanti. Furono molto uniti anche nel superare la morte del loro bambino Lorenzo avvenuta per un fatale sinistro. Era un uomo all’apparenza imperturbabile, ma con vividi valori, di quelli sani, genuini fatti di cose semplici come una partita a biliardo o tirare di scherma. Era solito giocare coi suoi amici al caffè sociale, bar che si trovava all’angolo della casa di via plochiu dove ora abito io. Conservo ancora con grande affetto la stecca da biliardo del bisnonno. Amava leggere e aveva una sua religiosità, amava fare lunghissime passeggiate e stare a contatto con la natura. Non era un uomo che necessitava di mostrare il suo potere: il suo carisma e la presenza fisica facevano già il loro compito. Era una buona forchetta, fa sorridere di leggere i menù dei banchetti elettorali, fa commuovere l’amore che la popolazione provava per lui creando doni per il compleanno o date importanti da ricordare come quella del discorso del 12 ottobre 1919 a Dronero.
Era un uomo giusto, che rispettava, enfatizzava le capacità delle donne, un uomo dall’animo gentile con la mente aperta.
Ringraziamo l’avvocato Giovanna Giolitti per la sua disponibilità e la cortesia e per essere riuscita a trovare del tempo per concederci questa intervista nonostante l’incombenza dei suoi impegni.
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