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Esplorando la musica romana con Nadya Borzak e Zalib

Nadya Borzak e Gabriella Ferri - al centro il logo Zalib
Nadya Borzak e Gabriella Ferri - al centro il logo Zalib

Il Radar ha intervistato una giovane musicista, Nadya Borzak, interprete della vecchia e nuova cultura musicale romana, nipote di Gabriella Ferri e socia fondatrice del noto circolo culturale Libreria Zalib. Parlando con Nadya abbiamo colto il valore e la bellezza della cultura musicale del passato riscoperta nel presente, in particolare di Roma ma anche di altre realtà italiane. Infine abbiamo ascoltato le idee e i progetti di Nadya che, con umiltà e dedizione, ogni giorno, tiene acceso il ricordo di canzoni e sonetti popolari.

Vorrei che condividessimo con i lettori un tuo ricordo di tua nonna spiegando che effetto ti fa sapere che dagli anni Sessanta agli anni Ottanta lei ha attraversato, artisticamente, un po’ tutta la storia della televisione e, trasversalmente, quella d’Italia. Se pensi che ha collaborato con il Bagaglino, il Piper, con Pierfrancesco Pingitore, Antonello Falqui e Mike Bongiorno e che negli anni Sessanta, in pochissimo tempo sono stati venduti quasi due milioni di copie di un suo disco, che effetto ti fa pensare a una persona della tua famiglia che ha avuto questo successo è che è ingiustamente considerata un po’ sottotono dai media?

Un effetto particolare. Io ci ho messo un po’ di tempo a capire cosa volesse dire essere nipote di Gabriella Ferri, ma anche ad accettarlo perché, per molto tempo, soprattutto dopo la sua scomparsa, sono stata molto gelosa di lei. Anche da piccola quando lei era ancora viva. Ho impiegato un po’ a realizzare quanto lei fosse di tutti e quanto tutti gli altri non volessero rubarmela. La sua figura mi riempie di orgoglio, non tanto come sua nipote quanto come romana. Perché grazie a lei che c’è stata una romana che ha portato la città di Roma, e tutta la tradizione romana, musicale e culturale, a Milano in un periodo storico durante il quale Roma era considerata estremo Sud. Far arrivare Roma che ai miei occhi è la culla di quella che è tutta la cultura occidentale, se non mondiale, a Milano è motivo di estremo orgoglio. Questo è stato possibile attraverso le parole, la canzone, la voce di una ragazza diciottenne di Testaccio, figlia di un ambulante e di una casalinga. Ne sari orgogliosa già così ma mi riempie ancora più di orgoglio sapere che questa cosa l’ha fatta la mamma del mio papà, mia nonna e che condivido il patrimonio genetico con questa persona. Questo mi emoziona tantissimo. Ancora oggi, come accennavo prima, vent’anni dopo la sua morte, non riesco a realizzare questo particolare. È un caso che fosse una cantante affermata, ma per me è sempre stata mia nonna. Ogni tanto mi viene da interpretare che gli altri la vivevano molto di più rispetto a me. Ho sempre visto che gli altri avessero una visione molto più concreta di lei, come cantante e donna che ha stravolto, in generale, la figura della donna nella musica dell’epoca. È stata sicuramente ispirazione per tantissime ragazze di quel periodo. A suo modo ha fatto anche parte della rivoluzione femminista di quel tempo. Dico tutte queste cose, ma se devo fare un dialogo con me stessa direi che per me è la nonna che mi cantava le ninna nanna e mi portava a Villa Borghese sui pony.

Recentemente, il 3 aprile, è stato il ventennale della sua scomparsa. Molti media hanno “dimenticato” di celebrare questo ventennale. Che effetto ti ha fatto?

Tendenzialmente cerco di guardare le cose positive. Ho fatto più caso ai media che si sono ricordati anziché a quelli che lo hanno dimenticato, magari per disinteresse o perché, a livello mediatico, convenga poco. I media locali, romani, laziali sono stati un po’ più impegnati nel ricordarla non solo quel giorno, ma già dall’inizio dell’anno. Ho sicuramente apprezzato la scelta di Zoro che a Propaganda Live ha indossato, il 4 aprile, una maglia bellissima con una foto di nonna. Me ne sono accorta proprio perché stavo guardando il programma e questo mi ha molto emozionato.
Ci fu anche un articolo su il post “Perché non ci ricordiamo più Gabriella Ferri” scritto da Gaia Cenciarelli nel quale l’autrice parla proprio del suo ricordo personale. Questo tipo di ricordi mi riempiono il cuore. Ho apprezzato anche la scelta di Mara Venier che ha invitato mio padre a Domenica In. Probabilmente alcuni media se ne “dimenticano” perché non c’è più così tanto interesse verso la musica romana, ma quello che mi dispiace è che non si dà fiducia al fatto che anche i giovani conoscano Gabriella Ferri come De André, Luigi Tenco, Lucio Dalla e altri i grandi personaggi del panorama musicale di quel periodo.

Scrivi di canzoni e ti esibisci spesso alla libreria Zalib che, in qualche modo, fa parte della cronaca nazionale e del panorama culturale italiano. Vorrei che ci dicessi com’è nata la tua collaborazione con Zalib?

In verità non si tratta di una vera e propria collaborazione. Io sono una delle socie fondatrici di questa realtà culturale, Zalib, che oggi si trova a Trastevere. Zalib era una libreria scolastica che prima si trovava davanti al Liceo Visconti a Piazza Venezia. Qui io e i miei amici, con i quali poi abbiamo fondato questa associazione insieme al libraio Marco, andavamo per comprare libri, ma anche per conoscerci, per fare amicizia e, quando marinavamo scuola, ci rifugiavamo lì per studiare. Nel 2017 questa piccola libreria, di poco più di 50 metri quadri, chiuse. A noi questa cosa non andò bene. All’epoca vivevo a Dublino, appresi la notizia leggendo un post di Marco su Facebook nel quale scriveva “Grazie, Zalib chiude”. Fu angosciante. Telefonai a un’amica e tornai subito a Roma per 24 ore, per decidere il da farsi. Abbiamo cercato di fare più rumore possibile e siamo riusciti a far durare quella libreria per un paio di mesi, dopodiché dovette chiudere e sembrò la fine di una grande avventura. Nel giugno 2019 ci affidarono in gestione il centro giovani del primo municipio di Roma, dove ancora oggi siamo. Abbiamo creato una vera e propria comunità giovanile, artistica e culturale accessibile a tutti che è una cosa abbastanza rara al giorno d’oggi, soprattutto nel contesto storico e politico attuale. Zalib è diventato sicuramente un organo pulsante nel centro di Roma. Un’attività culturale, uno spazio dove studiare, aggregarsi ai giovani, dove venire per vedere concerti anche di artisti che poi hanno partecipato al Festival di Sanremo, ovviamente in maniera gratuita. Recentemente abbiamo ospitato il festival in collaborazione con la casa editrice Emons sul mondo del podcast. Zalib è importante per me e per la mia formazione personale sia per le relazioni con i miei amici sia con altre realtà. È anche il mio manifesto personale perché è quello in cui credo. In particolare negli spazi aperti e nella cultura accessibili a chiunque.

Veniamo alla tua musica, il tuo pubblico è targetizzato o composto anche da persone incuriosite?

Da un paio di anni mi sono presa una pausa dal far uscire cose mie. Continuo a esibirmi con la musica popolare romana perché, in un certo senso, porto avanti la tradizione familiare. Non è un tributo a nonna, ma amo la musica popolare, continua a studiarla, mi informo, ricerco sonetti che poi musico io stessa. Credo che il patrimonio musicale romano sia molto importante e mi fa piacere continuare a portarlo avanti. Per quanto riguarda il mio pubblico è molto variegato. Si parte da signori un po’ più adulti, ai quali fa piacere sentire la ragazzetta che canta la musica romana, fino a quelli un po’ più giovani, per quanto riguarda le mie canzoni, quelle scritte da me e prodotte in collaborazione con Andrea Allegretti. Questo è un pubblico certamente giovanile, abbastanza incuriosito. L’industria musicale di oggi è sicuramente diversa rispetto a quella di 50 anni fa e ha, a mio giudizio, ritmi molto più serrati, con esigenze priorità molto diverse rispetto a quel tempo. In questo sono molto simile a mia nonna, una persona e una musicista abbastanza fragile. Detesto tutto ciò che è mercificazione dell’arte. Per alcuni anni ho provato a stare al passo con questo ritmo frenetico, ma a un certo punto ho notato che non ci stavo molto bene e mi sono presa una pausa anche per ritrovare una centralità artistica mia. Mi sono chiesta se voglio fare musica perché è il medium di comunicazione migliore per me, oppure perché voglio arrivare a chissà quale obiettivo. In realtà la mia voglia è quella di trovare un mezzo di comunicazione.

Parlando di Zalib, avete spesso come ospiti intellettuali, membri della società civile, politici, scrittori, che partecipano a eventi organizzati da voi. Questo, contrapposto alla dimenticanza che ha portato alla precedente chiusura di Zalib, ti fa un po’ male o ti viene da pensare meglio così, infondo la chiusura è dovuta solo alla crisi dell’editoria e all’avvento di Amazon e dei libri digitali?

Considerando che lo spazio dove operiamo adesso è il centro giovanile del primo municipio, quindi uno spazio pubblico, è sicuramente anche grazie all’interesse della politica che abbiamo avuto la possibilità di portare avanti il nostro progetto. Però io ritengo che tutti noi possiamo “fare politica” ogni giorno con il nostro contributo, ad esempio offrendo a tutti uno spazio dove studiare e dialogare. Ovviamente Zalib è un’associazione apartitica quindi non sarebbe possibile organizzare comizi di tipo politico, ma è possibile per chiunque intervenire a eventi culturali. Sono stati chiusi diversi cinema come il cinema Palazzo, il cinema Europa, il cinema Mozart, questo dispiace molto ma sono contenta che, nel rione Trastevere, possiamo dare un’alternativa ai giovani e anche agli adulti.

Pensi che l’intelligenza artificiale possa fare un danno alla musica o potrebbe essere semplicemente un supporto?

Oltre a lavorare al progetto Zalib curo il marketing di un’azienda informatica quindi vengo spesso in contatto con la tematica dell’intelligenza artificiale. In generale mi interessa molto il progresso tecnologico anche se a livello etico sono un po’ combattuta. Una parte di me vorrebbe capire fin dove può spingersi la mente umana in tutti i campi. Un’altra parte teme che in certi casi si possano commettere errori e procurare danni.
Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale applicata alla musica, proprio la settimana scorsa, mi sono imbattuta in un sistema che si chiama Suno. Con istruzioni a prompt si può creare una canzone, musica e voce. Abbiamo fatto un po’ di prove anche con prompt divertenti ad esempio scrivendo canzoni sulla lasagna o su aglio olio e peperoncino. Il risultato è stato abbastanza scioccante considerando soprattutto che siamo agli albori dell’intelligenza artificiale. Già adesso il progresso che si vede è spaventoso. Se in ambito cinematografico fosse necessario comporre una musica per una scena, oppure per un breve spot, sicuramente questo potrà ridurre costi e tempi di produzione. Per quanto riguarda la musica e l’industria musicale, vedo un po’ più difficile l’affermarsi dell’intelligenza artificiale perché il pubblico è affezionato alla musica del personaggio. È vero che grazie a questi strumenti posso tranquillamente prendere la voce di un cantante e creare una canzone. L’essere umano può anche ascoltare una canzone con la voce di un cantante, ma se non è quel cantante che canta, andando a un concerto di quel cantante ascolto quella canzone, allora la percezione sarà diversa. Credo che nell’industria musicale questa tecnologia non faccia troppi danni. L’intelligenza artificiale può essere utile per generare playlist, per i servizi streaming, per dare spunti agli artisti. Il mio auspicio sarebbe che l’intelligenza artificiale permettesse una ridistribuzione economica per tutti, lasciando alle persone lo spazio e il tempo di stare con la famiglia e dedicarsi alle proprie passioni magari lavorando meno e producendo lo stesso.

Per il futuro hai dei progetti musicali o artistici in generale?

La risposta è sì. Vorrei tanto tornare a fare musica con regolarità, ci sto provando. Al momento non ho niente in lavorazione, sto ancora raccogliendo tutti i pensieri maturati negli ultimi 2 anni e poi ripartirò da questo. Continuerò a collaborare con i musicisti con cui collaboravo prima, lavorando a brani nuovi, ma in questo momento non c’è nulla di definito.

Noi del Radar ringraziamo Nadya per la disponibilità e per il tempo che ci ha concesso permettendoci di realizzare questa lunghissima intervista. In particolare la ringraziamo per aver condiviso con noi e con i lettori un ricordo personale di sua nonne Gabriella Ferri e per averci fatto scoprire aspetti della cultura musicale romana sui quali finora non avevamo conoscenza..

Leggi anche The Voice Generation, le emozioni di Gaia Gentile

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