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Intervista a Luca Trapanese

Luca Trapanese
Luca Trapanese

Abbiamo intervistato Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, noto per il suo impegno nel sociale, per l’adozione di Alba e per aver scritto due libri su temi sociali. Abbiamo parlato con lui di welfare, di strumenti come il reddito di cittadinanza e di autonomia differenziata.

Si può dire che lei senta sulla sua pelle la necessità di interessarsi alle politiche sociali. In questi anni che si è occupato di politica cosa percepito dal Comune di Napoli, dalla gente e, soprattutto pensa che ci sia ancora bisogno di un maggiore attenzione sul tema delle politiche sociali sia a livello territoriale sia a livelli di governo più elevati?

Sono assessore alle politiche sociali da quasi 3 anni e, grazie alla visione di Gaetano Manfredi, abbiamo creato l’assessorato alle politiche sociali che prima era “spezzettato” e i temi non erano affrontati in maniera omogenea. Per la prima volta c’è un assessorato che comprende tutti, i bambini, disabili, anziani, senza dimora, cittadini rom. Abbiamo una visione a 360 gradi dei bisogni. Sicuramente è un assessorato complesso perché le risposte non sempre ci sono. Viviamo un momento di enorme povertà con un forte taglio riguardante molti temi legati alla disabilità, ad esempio con l’assegno di cura siamo sotto di 7 milioni di euro perché il governo ha tagliato questo assegno per i gravissimi. Viviamo in una città nella quale l’immigrazione, le persone senza dimora aumentano continuamente e non abbiamo spazi e risorse. Diamo pochissime risposte rispetto ai numeri che sono altissimi. Nell’anno 2023 abbiamo accolto 300 minori non accompagnati e il numero totale degli ultimi 3 anni è inferiore ai 300, quindi nel 2023 abbiamo avuto una crescita esponenziale. Abbiamo recuperato tutta la missione 5 del PNRR con la quale abbiamo attivato tutti i servizi programmati ad esempio l’assistenza per disabili, per gli anziani e per gli immigrati, ma c’è ancora tanto da fare e spesso mancano le risorse e i tempi. Abbiamo poco tempo e lavoriamo sempre e solo sulle emergenze.

Secondo lei la condizione della Città Metropolitana di Napoli è migliore, peggiore o in linea con quella delle altre grandi città ad esempio Roma e Milano?

Penso che sia assolutamente uguale. Conosco molto bene Milano, Roma e Bologna, ma anche Palermo e tutte le città metropolitane come ad esempio Bari. Noi assessori alle politiche sociali di queste città siamo in stretto contatto, abbiamo una chat comune nella quale condividiamo tanti temi. I problemi sono gli stessi: immigrazione, povertà e disabilità. Forse sono affrontati in maniera diversa e, probabilmente, c’è qualche città metropolitana un po’ più facoltosa, ma fondamentalmente i problemi che abbiamo sono uguali. Spesso condividiamo anche strategie.

C’è una cosa che vorrei chiederle di taglio un po’ più politico. È stato abolito il reddito di cittadinanza e si discute di autonomia differenziata, che dovrebbe avere altri due passaggi parlamentari prima di essere approvata. Crede che queste due misure incidano o possano incidere sulla qualità delle politiche sociali nelle varie città e a livello territoriale in generale?

Assolutamente sì. Se dovesse passare l’autonomia differenziata noi diventeremo ancora più sud e i fragili ne risentiranno. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, la sua abolizione è stata devastante perché è stato cancellato tutto il lavoro fatto negli ultimi anni che era sicuramente non un lavoro perfetto ma era utile. Adesso gli assistenti sociali di Napoli devono affrontare quasi 40 mila pratiche da capo. Ci sono persone e situazioni che già erano prese in carico attraverso il reddito di cittadinanza. Adesso occorre fare tutto da capo entro 120 giorni, termini che non è sempre possibile rispettare anche perché non è colpa dell’INPS, ma l’INPS ha caricato la procedura con 50 giorni di ritardo. Non sono ancora partiti i corsi di formazione e c’è gente che non può pagare il fitto, le bollette o mettere il piatto a tavola. Si tratta di uno scenario devastante. Tornando all’autonomia differenziata, ovviamente noi siamo assolutamente contrari perché questo ci farà diventare ancora più sud.

Di recente lei ha presentato il suo secondo libro a Erice. Ci può dire di cosa si tratta?

Il libro si chiama “Non chiedermi chi sono” Edizioni Einaudi, Scrivo di disagio mentale. È un tema molto attuale e parte da una storia vera, di circa 30 anni fa, nella quale si racconta di un disagio mentale e della solitudine della famiglia, ma anche del disagio della persona stessa, che non riesce, poi a trovare inserimento nella società. È un tema di cui ho voluto trattare perché il disagio mentale è ancora affrontato male. Abbiamo chiuso i manicomi con la legge Basaglia, e per fortuna lo abbiamo fatto, ma la legge prevedeva tante altre azioni che sono rimaste a metà non sono mai state attivate. Questo ha fatto sì che i manicomi li abbiamo trasferiti nelle case delle persone. C’è solitudine e disperazione, la società è impreparata e non si prende cura e carico del disagio mentale. Si trovano molto spesso persone sole che incontriamo normalmente per strada e le loro famiglie sono abbandonate senza le giuste risposte.

“Nata per te” è un film tratto dal suo primo libro che racconta la storia dell’incontro che ha avuto con Alba nel 2017 e la pratica d’adozione che è durata un anno. Qual è il messaggio che il film vuole trasmettere?

Si tratta di un film che non vuole fare politica anche se tratta di tanti temi politici. Si parte dalla storia mia e di Alba, ma non è la nostra storia perché potrebbe essere la storia di chiunque. Si parla di genitorialità, di adozione. La legge di adozione è ferma al 1983 e siamo l’unico paese in tutta Europa che non consente ai single di adottare. Si parla di disabilità che è vista nel nostro paese ancora come un problema ed è affrontata solo da un punto di vista socio sanitario e mai culturale. Le persone fanno ancora fatica a distinguere disabilità e malattia. SI affronta anche il tema della genitorialità. Siamo ancora legati alla paternità e alla maternità mentre il genitore è quello che si prende cura di un bambino e può essere un uomo o una donna. Ecco, Nata per te è un film che vuole affrontare una serie di temi sociali, cercando di far capire, che noi oggi siamo alle 67° posto nel mondo per quanto riguarda i diritti. Gli esperti dicono che impiegheremo 137 anni per colmare il gap quindi siamo molto indietro.

Nel 2007 ha iniziato a collaborare con organizzazioni sociali, A ruota libera, Raggio di sole e poi collabora anche con Cannavaro e Ferrara in un’altra associazione. Quale è stato il primo evento che l’ha portata a scegliere di dedicarsi al sociale?

La cooperativa ora si chiama In contatto. L’evento è stato un evento personale. Mi sono preso cura del mio migliore amico, quando avevo 15 anni, che si è ammalato di melanoma. Lo accompagnai in tutto il percorso della malattia fino alla sua morte. Questo mi ha dato la possibilità di conoscere le malattie, fin da bambino. Stiamo parlando del 1990 non c’erano i social o internet. Ho iniziato a fare volontariato in India, in Africa e con il treno bianco a Lourdes. Ho conosciuto anche la disabilità e fondamentalmente questi temi li ho portati dietro per tutta la vita.

Raiplay ha girato una serie TV dedicata chiamata Listen to Me che significa Ascoltami. Quanto è difficile oggi ascoltare per i giovani?

È molto difficile. Posso dire, dai servizi sociali, che i nostri giovani sono devastati, soli, non riescono a instaurare rapporti fra di loro e hanno una visione distorta della sessualità, della vita e del vivere il proprio corpo insieme all’altro. Vi sono anche giovani che hanno una serie di problemi determinati dalle famiglie, perché le famiglie sono fragili, stanche, devono superare problemi enormi fitto, lavoro che manca, bollette da pagare. Abbiamo una società che ha rinunciato a prendersi cura di sé stessa e degli altri, siamo diventati tante isole sole e non riusciamo più a creare delle connessioni. Trovo utile comunicare e dialogare ad esempio nelle scuole. Noi stessi stiamo facendo, come assessorato al welfare, i poli per le famiglie, le azioni territoriali, le educative territoriali e i centri diurni. Metteremo tanti soldi proprio per il sostegno alla genitorialità. Questo significa fortificare e cercare di trovare gli strumenti.

Pensa che lo Stato debba essere competitivo nelle politiche di welfare in un’ottica a lungo termine per eradicare la criminalità organizzata?

Assolutamente sì. È chiaro che se non lavoriamo bene con i giovani questi diventano manovalanza per la criminalità, e se non cerchiamo di trovare delle strategie di inserimento sociale, lavorativo, economico la procedura più semplice è quella di rivolgersi a chi ti offre, su un piatto d’argento, una serie di risposte veloci. L’assegno di inclusione era stato utile in tal senso. Tante persone adesso sono diventate sicuramente oggetto di lavoro nero e sottopagato e di organizzazioni criminali. 

Ringraziamo Luca Trapanese per averci aperto le porte del suo ufficio e per averci permesso di realizzare e condividere questa intervista.

Leggi anche Intervista ad Angelo Caruso, presidente della provincia dell’Aquila

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