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Il 24 marzo 1944 la strage delle Fosse Ardeatine

Fosse Ardeatine

Il 24 marzo 1944, esattamente 80 anni fa i nazisti compirono l’eccidio delle fosse ardeatine, che per le proporzioni è la più grande strage di civili della Seconda Guerra Mondiale.

Fosse Ardeatine, l’attentato di via Rasella

Il 23 marzo, il giorno precedente alla strage, i membri del GAP, i Gruppi Armati Partigiani, avevano sfruttato la ciclicità delle azioni di una compagnia di soldati del Polizeiregiment tedeschi. Tale compagnia passava tutti i giorni, pressappoco alla stessa ora, da Via Rasella, nel centro di Roma. Il 23 marzo 1944 i partigiani sfruttando le informazioni di Mario Fiorentini e del futuro membro del Parlamento Giorgio Amendola, riuscirono a far cadere i tedeschi in un’imboscata a via Rasella grazie a un attentato con 18 kg di esplosivo. Contemporaneamente furono lanciate numerose granate dai tetti dei palazzi. Nell’azione dei partigiani morirono 28 soldati tedeschi e altri 5 entro le 24 ore successive.

la rappresaglia tedesca

Quando i vertici tedeschi a Roma seppero dell’accaduto si decise di organizzare una rappresaglia cercando di coinvolgere i Todeskandidaten cioè i prigionieri che erano già stati condannati a morte o in attesa di esecuzione. Il comando militare discusse per ore sulla proporzionalità della rappresaglia. Il colonello Beelitz telefonò a Rastenburg per ottenere istruzioni da Hitler in persona che aveva chiesto di sterminare almeno 50 italiani per ogni tedesco ucciso. In quella fase della guerra però non erano disponibili tanti prigionieri in attesa di esecuzione, inoltre si era deciso inizialmente di non uccidere le donne anche se nei fatti non si rispettò questa disposizione. Alla fine il generale Von Mackensen il generale Jodl concordarono di giustiziare 10 tedeschi per ogni italiano. Restava comunque il problema di trovare 280 prigionieri, numero salito a 290 dato che era morto un altro soldato tedesco. Per risolvere la carenza di prigionieri si decise di chiedere una lista anche al questore collaborazionista di Roma, Pietro Caruso. Nella notte del 24 marzo, il colonnello Kappler e il capitano Erich Priebke lavorarono alla lista. Si arrivò anche a un momento di tensione con il questore Caruso che non aveva preparato la lista nei tempi previsti. Il numero dei morti tedeschi era intanto salito a 32 e Kappler era deciso a rispettare la proporzione cercando quindi 320 prigionieri. I prigionieri furono tenuti a via Tasso a Roma e poi furono spostati sulla via ardeatina in prossimità di alcune cave che era facile occultare. Al momento di scegliere gli uomini che avrebbero dovuto materialmente sparare, gli ufficiali tedeschi ebbero delle difficoltà. Il generale Kurt Maltzer, comandante della piazza di Roma, affidò l’incarico di eseguire l’eccidio alla Polizeiregiment ma il comandante Dobbrick decise di non eseguire l’ordine spiegando che gli uomini del suo reparto non erano pronti a eseguire un ordine del genere in così poco tempo anche per motivi religiosi. Anche il colonnello Hauser si rifiutò di fornire degli uomini e l’incarico fu affidato e accettato dal colonnello Kappler.

Fosse Ardeatine, l’orrore delle esecuzioni

I tedeschi non disponevano di molti uomini quindi per evitare eventuali sollevazioni popolari decisero di eseguire tutto in segreto. Gli stessi condannati furono portati al luogo della fucilazione senza che fossero loro fornite informazioni anche perché Kappler poteva disporre di appena 74 uomini e sarebbe stato pericoloso fronteggiare una eventuale rivolta dei condannati. Furono eseguiti 67 turni di uccisioni e gli ufficiali tra i quali Kappler e Priebke parteciparono a 2 turni per dare l’esempio e invogliare i soldati. Le ultime vittime furono giustiziate adagiandole ancora vive sulla massa di cadaveri già presente e poi facendo fuoco attraverso il collo dall’alto verso il basso. Lo scopo era di procurare una morte immediata ma per alcuni fu necessario sparare più volte. Un sottotenente tedesco si rifiutò di sparare a causa dello scenario raccapricciante. Nel frattempo era morto il 33° soldato tedesco vittima dell’attentato a via Rasella e a causa delle varie liste di prigionieri che erano state redatte, gli italiani da uccidere condotti sulla via ardeatina erano 335. Fu ordine esplicito e deliberato di Kappler uccidere anche quelli che erano stati consegnati successivamente.

le responsabilità e il ricordo

Secondo le convenzioni dell’Aia del 1907 e di Ginevra del 1929 i tedeschi non avrebbero dovuto usare la popolazione civile per una rappresaglia. Inoltre tra le vittime dell’eccidio c’erano persone che non avevano nulla a che fare con l’attentato e persino un prigioniero assolto dal tribunale militare tedesco.
Tra i responsabili solo il questore Caruso fu condannato a morte con sentenza eseguita. Kesselring fu condannato a morte ma la pena fu commutata in carcere a vita salvo essere rilasciato per problemi di salute. Kappler fu condannato all’ergastolo ma evase e finì i suoi giorni in Germania. Priebke fu processato e condannato in Italia e morì a Roma nel 2013 La brutalità dell’eccidio unita all’elevato numero di persone che persero la vita fanno della strage delle Fosse Ardeatine l’episodio più cruento della Seconda Guerra Mondiale per la popolazione civile.

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