Che sia cotta o cruda, grigliata o arrostita, l’importante è che venga apprezzata e consumata adeguatamente. E per farlo è bene che la si conosca! Per questo rispondiamo a una semplice domanda: Cos’è la carne?
Ci sarebbe tanto da dire ma andiamo per punti.
Cos’è e come si classifica la carne?
Con il termine carne secondo l’Enciclopedia Treccani si indica la “Parte muscolare del corpo dell’uomo e degli animali” e che include anche tutte le parti molli edibili (frattaglie incluse), quasi esclusivamente di mammiferi (escludendo le “carni” di pesci e molluschi).
Risalendo alla semantica, la parola carne deriva dal latino caro-carnis che a sua volta è di derivazione greca kείρω, la cui radice indoeuropea “ker” identifica l’azione del “tagliare”.
Il termine, a livello normativo, può differire da quello di uso comune o specialistico. Oltre al concetto religioso, espressioni come “carne umana”; riferita all’antropofagia, o quando la parola è riferita a specie non commestibili, assume connotati diversi da quelli merceologici. Poiché l’uso delle parole è importante anche in relazione alla loro applicazione, il Consiglio Europeo ha dato una definizione nel 2004 di come, allo scopo alimentare, si debbano indicare le parti commestibili (incluso anche il sangue), suddivisi nelle seguenti categorie:
- ungulati domestici: bovini, bufali, bisonti, suini, ovini, caprini ed equini domestici
- pollame: volatili d’allevamento, anche non domestici, con l’eccezione dei ratiti (struzzi e simili)
- lagomorfi: conigli, lepri e roditori
- selvaggina, suddivisa in 5 tipologie comprensiva dei ratiti e simile “selvaggina da allevamento”.
È interessante considerare come una stessa tipologia di animale possa avere caratteristiche differenti sia in base allo stadio di crescita sia in base al genere. È quindi possibile fare una prima suddivisione delle caratteristiche:
- 75% di acqua;
- 19% di proteine;
- 2,5% di grasso intramuscolare;
- 1,2% di carboidrati;
- 2,3% di sostanze solubili non proteiche (composti azotati, creatinina, inosina monofosfato, amminoacidi e composti minerali inorganici), oltre a vitamine lipo- e idrosolubili, trascurabili in termini quantitativi.
Come misurare la qualità della carne?
Per misurare la qualità delle carni si valutano differenti parametri, tutti riscontrabili sia visivamente sia chimicamente: colore, genere, età e (dulcis in fundo) l’alimentazione dell’animale. Tutti questi parametri influenzano e si influenzano.
Colore – Il colore dipende sia dal genere (se è maschio tende ad essere più ricca di emoglobina e quindi avere un rosso più acceso) sia dalla struttura delle fibre muscolari e come queste si presentano proporzionalmente a grasso e marezzatura.
Genere – Il sesso dell’animale influisce sulla qualità delle carni. Ad esempio, le carni di animali maschi sono più ricche di testosterone e tendono ad avere sapori più forti rispetto ad omologhe femmine (nel mondo del bovino si preferisce la scottona ad un vitellone ad esempio). Questo influisce per esempio sull’odore.
Età – Più è giovane più la carne tende a essere tenera. Anche le proprietà chimiche saranno differenti, in quanto carni di animali giovani (da latte o ancora in una fase ormonale non sviluppata) tendono a essere più magre.
Alimentazione – È vero che siamo ciò che mangiamo e questo principio ovviamente vale anche per gli stessi animali che sono alla base della nostra catena alimentare. Una sana alimentazione, ricca di fibre, meglio se mangiata durante il pascolo, è chiaramente meglio di una alimentazione da mangimi industriali. Come per il vino, anche il territorio influisce sul sapore.
Quale specie è più buona?
Sulla bontà di una specie influiscono parametri culturali e di educazione oltre che soggettivi. Ma è innegabile che ciascuna specie abbia delle caratteristiche intrinseche, riscontrabili in ciascuna di esse. Possiamo certamente dire che il settore è particolarmente regolamentato, per cui sia per sicurezza alimentare sia per valorizzazione, possiamo guardare al territorio.
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