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Scoperta una tomba in Piazza San Marco a Venezia

Venezia
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Durante i lavori di restauro di Piazza San Marco a Venezia, è venuta alla luce una tomba medievale. All’interno della tomba sono stati ritrovati i corpi di 7 persone, vissute tutte tra il VII e l’VIII secolo: un bambino di 8 anni, una donna e 5 uomini di età superiore ai 50 anni. Dalla posizione della tomba si evince che era posizionata all’interno di una chiesa andata distrutta nel 1807, periodo durante il quale Napoleone arriva a Venezia e, con l’intento di dimostrare il suo potere sulla Serenissima, distrugge la chiesa di San Gemignano e innalza una nuova ala delle Procuratie in Piazza San Marco, trasformandola nel suo Palazzo Reale. Probabilmente i corpi rinvenuti appartengono a una famiglia di notabili. Tale supposizione è confermata dalla dott.ssa Sara Bini:

Era una pratica comune per l’epoca quella delle sepolture collettive, erano tombe che venivano riaperte: il defunto precendente, ormai scheletro, veniva spostato per far posto al nuovo arrivato. Inoltre, il fatto che non si tratti di una semplice fossa ma una tomba in muratura con una certa monumentalità per l’epoca, fa presagire che le persone sepolte all’interno facessero parte dell’aristocrazia dell’epoca.

Ora resta da capire se e quali altri segreti nasconde la pavimentazione, che verrà gradualmente “scoperchiata” integralmente nei prossimi mesi per consentirne il restauro. 

tomba in Piazza San Marco, la chiesa si San Geminiano

La chiesa di San Geminiano, sorgeva tra le procuratie Vecchie e quelle Nuove in Piazza San Marco. Capolavoro del Sansovino, tra le tante opere alle quali aveva lavorato a Venezia, questa gli era particolarmente cara al punto che la scelse per esservi sepolto insieme ai figli. La pala d’altare ‘Annunciazione del martirio di Santa Caterina di Alessandria’ fu eseguita da Jacopo Robusti detto il Tintoretto e vi rimase fino alla demolizione dell’edifico nel 1870. Facendo accurate ricerche si scopre che la prima chiesa di San Geminiano, fu costruita nel 522 da Narsete, comandante bizantino che sta combattendo contro i Goti, come “ringraziamento” ai veneziani che gli prestano le navi per spostare le truppe. Il primo distruttore fu il Doge Vitale Michiél che, nel 1155, chiede il permesso al Papa di “spostare” la Chiesa per allargare la piazza, ma il Papa gli negò il consenso.  Allora il Doge ricorse alla scappatoia, suggerita dalla stessa Santa Sede, e cioè che se si fa del male (demolire una Chiesa) si deve poi venir perdonati. La Chiesa viene demolita e spostata e, per essere perdonato, il Doge ogni anno vi si dovrà recare a far penitenza.

tomba in piazza San Marco, come fu realizzata la chiesa di San Geminiano

Nel 1505, sotto il grande doge Leonardo Loredan, la chiesa è fortemente deteriorata e viene incaricato Jacopo Sansovino di restaurarla. Non avendo soldi a disposizione si pensò di chiedere un’elemosina. Nel 1552 il medico ravennate Tommaso Rangone invita il Sansovino a progettare, a proprie spese, una facciata per San Geminiano, inserendovi, come in San Giuliano, la propria immagine. Il senato non accetta l’offerta del vanitoso medico ma, nel 1557, finanzia i lavori per rifare la facciata e gli interni della chiesa affidandoli al Sansovino. La facciata era divisa in due ordini, con colonne composite binate affiancate al rosone centrale e ai due disegnati nelle specchiature laterali. Si ripetono motivi già usati nella parrocchia di San Martino. Tanto era orgoglioso il Sansovino del risultato finale che chiese e ottenne di esservi sepolto. Con la demolizione napoleonica le sue spoglie vennero spostate a San Maurizio.

Venezia, Napoleone e la tomba di San Geminiano

La chiesa di San Gemignano, abbattuta da Napoleone aveva interni ricchissimi. Tutto fu venduto e disperso prima della “barbara distruzione”. La chiesa venne chiusa il 19 maggio 1807 e fu demolita immediatamente. Napoleone pare si sia preso gioco dell’architetto. Quando gli fu presentato l’imperatore francese si rivolse a lui dicendo: “Voi siete un architetto bravo per distruggere!”. Nel 1810 si iniziò la ricostruzione, affidata all’architetto Giuseppe Soli, il quale ebbe l’incarico dal governo austriaco di abbassare la copertura del tetto rendendola meno incombente e di sostituire le tegole con le lastre. Per arredare la nuova residenza regia si utilizzarono stoffe e tappeti provenienti dal Monastero di Santa Caterina e dal Monastero di San Domenico. Del broccatello verde e giallo fu prelevato da Santa Maria del Rosario delle Muneghette infine, e da San Martino della Giudecca vennero requisiti i tappeti turchi. Tavoli antichi, armadi, scrivanie vennero confiscati un po’ in tutta la città, ad esempio dalla chiesa di San Giorgio Maggiore, dal convento dei Carmini, da Santa Maria della Carità. Venezia era considerata dai Francesi uno scrigno da cui attingere a piene mani e senza farsi problemi di sorta.

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