Proseguono le interviste del Radar. Questa settimana grazie alla squisita disponibilità di Arianna Mortelliti posso condividere con i nostri lettori questa lunga intervista.
Recentemente è stato pubblicato un tuo libro “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” edito da Mondadori. Io ho la pecca di non averlo ancora letto ma rimedierò acquistando la copia alla prossima presentazione. Vorrei chiederti come è nata la tua passione per la scrittura e, senza spoilerare, se puoi anticipare a grandi linee qualcosa del libro.
Tengo un diario da quando sono bambina. La scrittura è sempre stata un valido supporto per superare momenti più o meno difficili della mia vita. Lo stesso è stato con la lettura, stimolo indispensabile per l’immaginazione. È stata proprio l’esigenza di tirare fuori la fantasia a spingermi a scrivere il mio primo romanzo. Nel 2019 ho passato un periodo complicato: una persona a me molto cara è finita in coma. Oltre al grande dolore nel rendermi conto, giorno dopo giorno, che la stessi perdendo e che dunque quelli fossero i nostri ultimi momenti insieme, in me c’era una fortissima curiosità di sapere che cosa potesse percepire delle ultime parole che ascoltava, dei pianti silenziosi dei suoi cari, delle carezze di una famiglia spezzata dal dolore. Esattamente un anno dopo questa esperienza ho deciso di rispondere attraverso l’immaginazione e così mi sono messa nei panni di un uomo anziano, Arturo, che in seguito a una caduta a casa, scivola in un coma profondo. La mia risposta è stata ottimistica, perché la coscienza del mio protagonista rimane sempre vigile. Arturo può ascoltare tutto ciò che gli viene detto dai familiari che lo vanno a trovare in ospedale e può ricordare. Attraverso questo susseguirsi di confessioni e ricordi, possiamo ricostruire la storia non solo di Arturo, dall’infanzia fino alla vecchiaia, ma di tutta la sua famiglia. Famiglia che sembra apparentemente serena e unita ma che in realtà cela un grande dolore, un segreto che riesce a svelare solo ora, quando forse è più semplice parlare con un uomo che certamente non può rispondere e chissà se può ancora ascoltare.
Tu sei romana, ma hai dichiarato di andare spesso in Sicilia. Quanto è influente il rapporto con la Sicilia per te e per la tua produzione letteraria?
Sono nata e cresciuta a Roma, lo stesso è stato per mia madre. Eppure c’è qualcosa nel nostro DNA, che quando i nostri piedi toccano la Sicilia, ci fa sentire a casa. Ho trascorso tutte le mie estati a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, è lì che sono custoditi i più bei ricordi della mia infanzia. È una terra accogliente e materna e tornare a trovarla, almeno una volta l’anno, è una necessità per la mia anima. In pochi mesi con il romanzo ho fatto tre tour siculi e ogni volta è stata una grande emozione. A marzo ci tornerò, non vedo l’ora.
Sei la nipote di un grandissimo scrittore del Novecento, il vero padre del Commissario Montalbano, Andrea Camilleri. Se non sbaglio lui era nato nel 1925, quindi tu essendo giovanissima lo hai conosciuto già ultrasessantenne, ma puoi in qualche modo descriverci il tuo rapporto con tuo nonno?
Ho avuto la fortuna di averlo accanto per 32 anni. Nonno è stato sempre presente nella mia vita, amava trascorrere il tempo con tutti i suoi nipoti. Quando ero bambina giocavamo spesso, amava inventare favole per me. Quando sono cresciuta il nostro rapporto è rimasto splendido. Era un uomo estremamente moderno con cui si poteva parlare degli argomenti più disparati. Amava chiacchierare, ascoltare, dare consigli. Cresciuto in mezzo alle donne, aveva sviluppato, suo malgrado, un cervello prettamente femminile. Parlare con lui era come confidarsi con un’amica saggia.
Tuo nonno sapeva della tua passione per la scrittura? E ti incoraggiava o dava consigli a riguardo?
Nonno mi ha lasciato insegnante di scienze, non avevo ancora iniziato a scrivere. Ma forse un sospetto ce l’aveva, del resto era un uomo lungimirante. Nell’ultimo anno della sua vita, nonostante la mia apparente estraneità al mondo della scrittura, mi ha chiesto di fargli da assistente. Era diventato quasi cieco e aveva bisogno di qualcuno che lo supportasse nella scrittura. È cominciato così il periodo più emozionante della mia vita, nel quale ho potuto conoscere mio nonno sotto un punto di vista per me fino a quel momento inedito. Essergli accanto mentre lavorava, sentire gli ingranaggi del suo cervello in movimento, ma anche ridere, scherzare, raccontarci. Per certe emozioni non esistono parole adatte. Forse aveva scoperto il mio sogno nel cassetto e ha voluto aiutarmi a modo suo, facendomi il regalo migliore che potessi ricevere. Il lavoro con lui mi ha insegnato tante cose, primo fra tutti l’utilizzo dell’immaginazione, la sola in grado di superare i confini della razionalità. E poi l’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri, che siano personaggi inventati o persone reali. Non giudicare, ma cercare sempre di capire. Credo che la capacità di provare empatia verso il prossimo elevi l’animo di ognuno di noi, è per questa ragione che un insegnamento così cercherò sempre di portarlo con me.
Il Commissario Montalbano è stato un successo letterario e cinematografico. Vorrei sapere se tuo nonno parlava mai in famiglia, con te, con tua zia o con tua mamma, di questo grande successo e se era entusiasta di questo.
Certamente era felice del successo del Commissario Montalbano, soprattutto perché prima l’Italia e poi tanti altri Paesi del mondo, hanno imparato cos’è la Sicilia e l’hanno amata davvero, proprio come faceva lui. È motivo d’orgoglio riuscire a trasmettere un legame così bene da suscitare il medesimo sentimento negli altri. Grazie a mio nonno la Sicilia è risorta sotto una nuova luce e finalmente è stata apprezzata per quello che realmente è.
A parte tuo nonno, quale è il tuo scrittore preferito? E quale opera della letteratura siciliana ritieni più valida a descrivere la letteratura dell’Isola?
Sono un’accanita lettrice di Maurizio De Giovanni, ma sono molti gli autori che mi hanno emozionato. Mi vengono in mente Bussi con Ninfee nere, McGrath con Follia, Nabokov con Lolita. Senza dimenticare la mia passione per la saga di Harry Potter. Per quanto riguarda la letteratura siciliana direi Simonetta Agnello Hornby, una donna e una scrittrice che stimo profondamente.
Sei figlia di un attore e regista, Rocco Mortelliti e nipote di uno scrittore, ma lavori come professoressa di Scienze. Hai mai pensato, da piccola o anche in tempi più recenti, di voler lavorare a tempo pieno nella letteratura o nel mondo dello spettacolo?
Per ora mi viene difficile pensare di abbandonare la mia parte razionale. Attraverso il mio romanzo “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” ho descritto in qualche modo anche questo. Il protagonista è un uomo pragmatico, fatto di ragione, eppure nel momento più difficile della sua vita richiama a sé la sua parte più legata all’immaginazione: il fratello Dado, un artista, l’esatto opposto di Arturo. E così ho fatto io: mi sono lasciata salvare dalla fantasia. Credo che in ognuno di noi coesistano Arturo e Dado, pronti a supportarsi l’un l’altro a seconda delle situazioni. Finché andranno d’accordo, penso che li terrò entrambi.
A proposito del tuo libro, hai mai pensato che potrebbe fungere da supporto alla sceneggiatura di un lavoro cinematografico?
Sarebbe bello. In tanti, dopo aver letto il romanzo, mi hanno detto che sembra una sceneggiatura quasi già confezionata. Probabilmente c’è lo zampino di mio padre, che mi ha aiutato moltissimo durante la stesura e deve avermi trasmesso qualcosa del suo lavoro da sceneggiatore. Durante alcune presentazioni gli organizzatori mi hanno sorpreso chiamando degli attori a recitare parti del romanzo, è stato davvero emozionante per me vedere i miei personaggi prendere vita.
L’anno prossimo sarà il centenario della nascita di Andrea Camilleri, se non sbaglio il fondo è presieduto da tua madre Andreina e da tua zia. Posso chiedere se avete in cantiere qualcosa per celebrare il secolo della nascita del grande scrittore?
Stiamo definendo il programma delle iniziative, è un ampio progetto che tratterà tutti gli aspetti del lavoro di nonno: narrativa, teatro, televisione e radio, rivolto al pubblico dei lettori, dei giovani e delle scuole, nonché degli studiosi che nelle università stanno portando avanti progetti di ricerca sulla sua opera.
Hai in cantiere altre opere o al momento non hai ancora deciso?
Dopo i peperoni ho infornato le melanzane. Sono quasi pronte per essere servite.
Un grazie sincero ad Arianna che ha risposto alle domande con grande entusiasmo e vitalità.
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