Ilaria Salis, l’insegnante italiana accusata di aver aggredito due estremisti di destra, è stata condotta in aula in catene per il processo che si è aperto a Budapest il 29 gennaio 2024. La donna, 39 anni, è in carcere da quasi un anno e rischia 16 anni di reclusione.
Salis è accusata di lesioni aggravate ai danni di due neonazisti, che sarebbero stati aggrediti il 10 febbraio 2023 durante una manifestazione a Budapest. La donna si è dichiarata non colpevole e ha contestato l’impossibilità di vedere le immagini delle telecamere di sorveglianza su cui si basa l’accusa e la mancata traduzione degli atti, in inglese e in italiano, che le hanno impedito di conoscere appieno i reati di cui è chiamata a rispondere.
Il processo è stato rinviato al 24 maggio.
Ilaria Salis, le perplessità sui diritti dei detenuti in Ungheria
Le condizioni di detenzione di Salis hanno suscitato proteste da parte dell’Italia, che ha chiesto all’Ungheria di rispettarne i diritti. La Farnesina ha convocato l’ambasciatore ungherese a Roma e l’ambasciatore italiano in Ungheria ha effettuato un passo presso le autorità ungheresi.
La difesa di Salis ha contestato le condizioni di detenzione della donna, definendole una “grave violazione della normativa europea”. L’avvocato Eugenio Losco ha dichiarato che Salis è stata portata in aula in catene, tenuta per una catena e sorvegliata su una panca per tutta la durata dell’udienza da due agenti di un corpo speciale della polizia penitenziaria, che indossavano un giubbotto antiproiettile e il passamontagna per non essere riconoscibili.
Il padre di Salis, Roberto, ha dichiarato di essere “preoccupato” per la figlia e di ritenere “eccessiva” la richiesta di 11 anni avanzata dalla Procura.
La vicenda di Ilaria Salis ha suscitato un dibattito sulla libertà di manifestazione e sull’uso della violenza su coloro che sono in stato di detenzione.
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