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Ecuador, i motivi del “narcogolpe”

Ecuador - foto Afp
Ecuador - foto Afp

L’Ecuador è nel caos da quando il giorno di Natale il re dei cartelli della droga, José Adolfo Marcias, detto Fito è evaso dal carcere nel quale si trovava. Un’evasione al quanto rocambolesca, in stile Arsenio Lupin. Nella cella infatti era presente un sosia del criminale.

Ecuador, la situazione politica

L’Ecuador è stato per decenni un paese relativamente tranquillo se si considera l’ambiente continentale del sud America. La posizione del piccolo paese che affaccia sull’oceano Pacifico è però scomoda, confina a Nord con la Colombia, a sud con il Perù, due dei massimi produttori mondiali di cocaina. Nei mesi scorsi il presidente Guillermo Lasso aveva indetto elezioni anticipate per cercare di evitare un processo di impeachment. Proprio dalle elezioni, funestate anche dall’omicidio di uno dei candidati, l’ex giornalista Fernando Villavicencio, uscì vincitore l’attuale presidente Daniel Noboa. Si tratta di un miliardario, imprenditore nel campo delle esportazioni e della logistica per il commercio delle banane. Noboa non potrà restare presidente per tutta la durata di 4 anni infatti, essendo stato eletto con elezioni anticipate, il suo mandato durerà fino alla scadenza del mandato di Lasso, ovvero il 2025.

Ecuador, l’attentato alla televisione di stato

Fatto sta che Noboa ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti al punto che qualcuno oggi parla di narcogolpe. Esistono numerosi video che mostrano esecuzioni sommarie da parte dei narcotrafficati che sparano a caso nelle strade della capitale Quito. Ieri un gruppo di malviventi è entrato negli studi della televisione di stato per sequestrare giornalisti e tecnici e permettere la diffusione di un proprio comunicato. Le forze di sicurezza sono riuscite a entrare preservando la vita degli ostaggi e arrestando i criminali.

Ecuador, il governo e l’opposizione insieme

Il presidente Noboa ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti. Vorrebbe cercare di spezzare il traffico di droga che transita in Ecuador. Parlando alla televisione ha affermato che si tratta di un conflitto interno e di una vera e propria guerra contro il narcotraffico. Già dal mese di ottobre, vale a dire quando è stato eletto, ha iniziato militarizzare confini e porti con lo scopo di intercettare e neutralizzare il commercio di droga. Il problema principale è il modo in cui lo si sta facendo. Tradizionalmente la politica è alleata dei narcos. Nei territori i narcos si sostituiscono alla democrazia decidendo amministratori locali e rimuovendoli, talvolta con la pistola, quando questi smettono di essere compiacenti. Il modo però è importante. Il presidente Noboa e le opposizioni si sono allineate sulla necessità comune di fermare i narcotrafficanti e riportare in carcere Fito. Per farlo sono disposti davvero a tutto, al punto che in Ecuador è stato dichiarato lo stato di emergenza per 2 mesi. Questo significa che per 2 mesi tutti i membri delle forze dell’ordine potranno godere dell’immunità, qualsiasi cosa faranno non sarà punibile. È quasi come se si desse loro la licenza di uccidere.

il sostegno internazionale

In questo clima alcuni stati, come il Perù e la Colombia la cui economia si basa principalmente sul commercio di cocaina, che non vedono bene la forte opposizione del governo ecuadoriano ai narcotrafficanti. I cartelli colombiani hanno subito una profonda trasformazione alleandosi o mettendosi alle dipendenze, di altri cartelli messicani. L’Ecuador stesso è diventato un luogo per stoccare e raffinare la droga. Gli Stati Uniti e i governi occidentali hanno espresso la loro solidarietà al governo ma gli scontri e le violenze proseguono.

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