Skip to content

Cop28 e clima: dove siamo e dove possiamo arrivare

cop28
DECEMBER 1: World Heads of State pose for a group photo at Al Wasl during the UN Climate Change Conference COP28 at Expo City Dubai on December 1, 2023, in Dubai, United Arab Emirates. (Photo by COP28 / Mahmoud Khaled)

È in corso a Dubai la XXVIII conferenza delle parti, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico nota brevemente come Cop28.

Cop28, la situazione di partenza

Lo scenario nel quale le delegazioni si apprestano a dialogare e prendere eventuali decisioni, di fatto non vincolanti, è molto articolato e complesso. Innanzitutto si giunge a questa conferenza con i risultati, mancati, delle conferenze precedenti e il gap rispetto alla road map che dovrebbe portare a concretizzare gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015. Tra gli obiettivi principali vi è la riduzione delle emissioni dei combustibili fossili in modo da contenere l’aumento della temperatura media del pianeta a 2 gradi centigradi, con l’impegno di cercare di raggiungere la soglia di 1,5 gradi centigradi, rispetto all’epoca preindustriale.

Cop28, obiettivi ambizioni ma necessari

Che l’obiettivo fosse ambizioso e di non facile realizzazione lo si era capito fin dal principio, ma la situazione attuale, con uno sguardo alla roadmap che gli stati si erano proposti, è più complessa e preoccupante di quanto ci si potesse aspettare. In molti casi non si tratta soltanto di non essere al passo con la tabella di marcia, cosa già di per sé grave, ma si sono fatti passi indietro in confronto al punto di partenza. Per farsi un’idea in merito si può confrontare la concentrazione media dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Nel 1995, anno della prima conferenza delle nazioni unite sul clima, la concentrazione media era di 360 ppm, ovvero 360 parti per milione. Attualmente siamo a 417 ppm, con un aumento medio di circa 2 ppm per anno. I dati non sono confortanti tanto più se si considera che la soglia massima raccomandata per evitare danni all’ambiente e anche alla salute umano sarebbe di 350 ppm. L’obiettivo è quindi ambizioso, ma necessario.
In questo scenario occorre considerare che poco è stato fatto di quanto previsto all’ultima Cop27 dell’anno scorso in Egitto. Lo stallo sui negoziati tra i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati da un lato e la trattativa tra gli stati che vorrebbero una transizione energetica e quelli cha invece vorrebbero un mero affiancamento delle fonti rinnovabili a quelle fossili dall’altro, rischia di compromettere persino i pochi risultati conseguiti negli ultimi anni, se non altro in termini di sensibilizzazione degli attori decisionali.

Cop28, tra buoni propositi e potenziali conflitti d’interesse

La Cop28 si tiene quest’anno a Dubai, negli Emirati Arabi. Si tratta del settimo produttore mondiale di petrolio che è il combustibile fossile per eccellenza. Uno degli obiettivi dei quali stanno discutendo i grandi del mondo è quello di ridurre le emissioni di combustibili fossili e di cercare delle fonti alternative. La Conferenza di quest’anno dovrebbe indicare, con precisione, una data entro la quale petrolio e carbone saranno definitivamente messi al bando. Il principe, capo di stato degli emirati, Sultan al-Jaber, si trova nella doppia condizione di essere presidente di una conferenza dell’ONU che si propone di abbattere consumi di petrolio e al tempo stesso, amministratore delegato di Adnoc, azienda statale che fonda il suo fatturato sull’estrazione e l’esportazione di petrolio. C’è chi, pensando che i due ruoli siano incompatibili, vede un conflitto che dovrebbe favorire la sopravvivenza della produzione petrolifera piuttosto che la transizione. Al Jaber stesso ha precisato che non si deve interpretare il suo ruolo come conflittuale in quanto è vero, lui è l’amministratore delegato di Adnoc, ma anche di Masnar. Quest’ultima un’altra azienda di stato che investe molti capitali in energia green.
Al di là del confronto dei bilanci delle due aziende e della inclinazione culturale del popolo degli emirati, sicuramente dedito maggiormente all’estrazione di petrolio, gli stessi piani di Adnoc, secondo quanto riporta Global Witness, farebbero aumentare le emissioni del 40% tra il 2023 e il 2030. Del resto i sostenitori della causa climatica ritengono che l’esistenza di aziende come Masnar, così come la volontà di numerosi stati di costruire e incrementare il numero delle centrali nucleari, sia sinonimo di affiancamento di una energia pulita a una fossile e non il segno di una transizione. Purtroppo la questione è spinosa soprattutto perché intorno ai combustibili fossili, alla loro estrazione, lavorazione e commercializzazione, ruotano interessi diretti e indiretti di multinazionali e governi, che muovono parecchie migliaia di miliardi di dollari.

ambiente e denaro

Proprio il tema del denaro costituisce un altro aspetto materiale, ma anche formale, del mancato rispetto degli accordi presi negli anni precedenti. La maggior parte degli Stati che hanno aderito alla costituzione del fondo Loss and damage, lo scorso anno, non hanno ancora versato denaro nel fondo. Inoltre alla Cop26 si era stabilito che gli stati avrebbero destinato fondi alla mitigazione e all’adattamento, questo in un’ottica di riparazione del danno e preparazione alla transizione. Tuttavia i maggiori attori dell’inquinamento mondiale, primi fra tutti gli Stati Uniti, non solo hanno disatteso le loro promesse versando decine di miliardi di dollari in meno di quanto necessario, ma stanno anche incentivando investimenti nel senso opposto.
Veniamo quindi alle sfide della Cop28 attuale.

La Cop28 di Dubai

Innanzitutto si dovrà dare attuazione al fondo Loss e damage e specificare cosa si intende per perdite e danni in modo da poter quantificare con precisione l’importo totale del fondo. In secondo luogo occorre recuperare il gap sui fondi per mitigazione e adattamento. Infine occorre tenere conto che molti paesi in via di sviluppo, storicamente, non sono favorevoli a una limitazione delle emissioni. Intanto la conferenza di quest’anno si è aperta con il segretario di stato Vaticano, il cardinale Parolin che ha letto il messaggio di papa Francesco, fermato da una infiammazione polmonare poco prima della partenza per Dubai. Il pontefice chiede maggiori investimenti per il clima piuttosto che per le attività belliche:

Quante energie sta disperdendo l’umanità nelle tante guerre in corso, come in Israele e in Palestina, in Ucraina e in molte regioni del mondo: conflitti non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno. Quante risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune.  Rilancio una proposta: ‘con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame’ e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilanciato affermando che la transizione deve essere ecologica e non ideologica e comunque non deve compromettere lo sviluppo dell’economia e della società. Proprio da questo punto di vista, e sulla stessa linea di quanto affermato dal pontefice in merito allo sviluppo sostenibile, la presidente del consiglio si è detta disponibile a finanziare il fondo Loss and damage con 100 milioni di euro. Infine, probabilmente consapevole che un maggiore sviluppo corrisponde a minori migrazioni verso i paesi europei, un pensiero per l’Africa: “non serve l’elemosina ma competere ad armi pari”.

Attendendo gli sviluppi della conferenza che si chiuderà il 12 dicembre occorre considerare che si tratta di un confronto che coinvolge partecipanti, governi e imprese, provenienti da culture ed economie diverse. Ad esempio i paesi in va di sviluppo chiedono di inserire nel conteggio dei danni ambientali anche quelli prodotti nella fase di crescita dei paesi sviluppati. È sempre difficile conciliare gli interessi di più soggetti che a loro volta rappresentano in primis i propri popoli, gli stakeholder principali delle loro economie e quindi i loro lavoratori, cittadini ed elettori.

Leggi anche: Caso Cospito, perché il sottosegretatio Del Mastro è stato rinviato a giudizio

Articoli correlati

Seguici sui social

ADVERTISMENT

Recent Posts

ADVERTISMENT